
Zi’ Binnu, facci sognare
Se mai ci faranno parlare, alla fine urleremo con tutta la voce che Cesare Previti era stato soltanto l’assaggio. Come uno sfizio, l’oliva verde nel cocktail delle 19, quello che apre lo stomaco alla grande abbuffata. Signore e signori, bentornati nel paese dei mozzorecchi, lasciate le impronte digitali voi che entrate. A non farvi più uscire ci penserà Tonino Di Pietro.
Mica uno scherzo. Andrà proprio così. Il bersaglio grosso manco a dirlo sarà Silvio Berlusconi. Messo sotto tortura, Previti farà scena muta e la galera non servirà a fargli inventare nefandezze contro il Cavaliere. Dunque arriveranno leggi speciali, si riapriranno antichi dossier dopo l’abbattimento delle poche leggi garantiste di centrodestra.
Parola magica e di passo: CORRUZIONE. Sarà una fioritura d’avvocati Mills e signorine Ariosto e giudici Squillante, sarà una vendemmia di All Iberian e Imi-Sir, di memoriali e confessioni da parte di turbe e turbe di pentiti. Il principe dei quali, lo sappiamo già, si chiama Zi’ Binnu Provenzano. Il principe corleonese farà dei propri pizzini il più grande capo d’accusa che si ricordi nella storia nazionale. Si riapriranno le scatole nere e sarà luce sulla notte della Repubblica. Finalmente verrà svelata la regia occulta del Cav. per ogni strage e mattanza, scelleratezza e malcostume. Mai più misteri, ma un nome solo da sciogliere nell’acido della giustizia senza se e senza ma: Berlusconi.
abbattuta la megavilla di arcore
Immaginate la festa e il godimento delle plebi. Il sovrano di Arcore espropriato della sua ricchezza, Mediaset costretta alla fame e alla chiusura, abbattute le megaville della Sardegna e chissà poi dove ubicate, spianata la collinetta della meditazione solitaria, gli arredi stile Palazzo Chigi rivenduti a pochi spicci fra i rigattieri di Porta Portese. E immaginate i libri di storia, la magnificazione opulenta del nuovo Comitato di Liberazione Nazionale dal Morbo Berlusconiano. La gioia degli Asor Rosa e dei Moretti, un trionfo di velluti e cachemire a riempire la piazza della Rigenerazione opportunamente ripristinata, come nel 1793 francese, dove oggi ancora sorride incauta piazza del Popolo. Santissimi numi, o tempi o costumi.
Logicamente sarà Marcello Dell’Utri il tramite involontario del volteggiar di manette. Lui il primo di cui verrà statuita la consanguineità con Provenzano. Lui l’ufficiale di collegamento tra Berlusconi e la mafia, fra la corteccia cerebrale della piovra e i suoi tentacoli. Nulla verrà risparmiato al mite bibliofilo, finché non cederà, firmando la madre di tutte le confessioni. Passeranno sul cadavere di Emilio Fede e Sandro Bondi, prima di arrivare al Cav., ma ci arriveranno.
i polsi di GOVERNATOR
Veniamo agli altri. Uno dei primi a cadere sarà Francesco Storace detto Kaiser Franz. La storiaccia delle intercettazioni contro Piero Marrazzo diventerà il cuore del grande processo. Un giorno capiremo tutti che c’era una parola d’ordine, una frase appositamente concordata dai giacobini per dare il via alla grande caccia. Eccola: «C’era Storace con ‘ste braccia in movimento e gli avrei voluto dire: metti le mani conserte, così ti abitui alle manette». Le avevamo considerate come il raglio demenziale di una francarame qualsiasi, e invece era il segnale giusto. I pubblici ministeri dimostreranno “scientificamente” che Storace altro non era che il terminale neonazista della nuova Gladio. Un Francesco Cossiga sovrappeso (nel frattempo il vero Cossiga sarà stato internato con l’accusa di deviazionismo senile). Un uomo a metà tra Erich Priebke e Donna Assunta Almirante. Troppo per una sincera democrazia (come faranno dire a Gianfranco Fini). Per Storace sarà una fine ingloriosa, smarrito nello Spielberg dei tempi moderni in cui verrà trasformato palazzo Grazioli. A quel punto sarà tardi per appellarsi al garantismo. Anzi questa parola sarà giudicata indice di tradimento a partire dall’arresto del comunista Giuliano Pisapia, aspirante ministro della Giustizia incriminato per manifesta inadeguatezza allo stile dei mozzorecchi. Come lui Marco Pannella e tutta la genìa radicale.
Peggio di loro andrà a Massimo D’Alema, unico presidente della Repubblica della storia italiana sottoposto a impeachment e rimosso dall’incarico. Accusato d’intelligenza nientemeno che con il Cav., quanto basta per la gogna perpetua. Lo puniranno, dopo congrua reclusione e processo popolare, depositandolo al Nord, nel bel settentrione dove un tempo ingrassava la Lega. Bei tempi. Perché la Lega non esisterà più, falcidiata dalle leggi contro la ricostituzione delle partite Iva. Il movimento di Umberto Bossi verrà messo fuori legge, i militanti perseguitati a colpi di manette e assediati dalle molotov arcobalenate dei pacifisti.
Ci saranno dei grandi fuochi e raggiungeranno anche Roberto Formigoni, protetto dai suoi opliti. Non ci sarà neppure bisogno dell’accusa, al semplice risuonare del nome i giannizzeri della procura di Milano si muoveranno a valanga per detronizzare il signore della Lombardia. E non avrà tempo per ridersela Pier Ferdinando Casini: un diluvio d’intercettazioni pilotate ne certificherà il tentato assalto alla proprietà del Corriere della Sera. Lo definiranno “il furbetto del Messaggero”, gli costruiranno attorno il profilo dell’acrobata speculatore che cercò d’insediare Mario Baccini al posto di Paolo Mieli. E come un avvoltoio avventato, fulminato dall’alta tensione, Casini rovinerà nel largo cesto della giustizia sovrana, tra i canti di gloria di girotondini in festa.
si potrà sghignazzare
I girotondini pretenderanno di più. Faranno petizioni e leggi d’iniziativa popolare, convegni arditi e carbonerie novelle. Radunati da Furio Colombo, nel frattempo direttore di Repubblica, vezzeggiati da Luciano Violante, vestiti come sanculotti da Dario Fo, marceranno sulla Costituzione reclamandone una riscrittura aggiornata alla sopraggiunta democrazia assembleare. E sanciranno: «Art. 1) L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e sulla morale della Resistenza azionista.
Art. 2) La sovranità appartiene al popolo, ma al popolo non appartiene chiunque sia sospettabile d’aver parteggiato con azioni e parole e pensieri alla consorteria malavitosa e fascista chiamata berlusconismo.
Art. 3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E ciononostante NON saranno considerati cittadini tutti coloro che negli ultimi quattordici anni, dalla aurea stagione di Mani pulite al momento in cui questa riforma viene formulata, abbiano mostrato amore per la libertà, lo spirito, la bandiera tricolore – Ciampi incluso – l’individuo, la libera concorrenza, il gusto disincantato per lo sberleffo e l’autoironia».
A sigillare il capolavoro, e per sancire il calendario della nuova metafisica popolare, l’istituzione di una festa annuale sotto forma di funerale dell’odiata espressione “Casa delle libertà”. In questo caso Alfonso Pecoraro Scanio e Vasco Errani potranno sghignazzare senza vergogna.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!