
Zanon (Csm): «Sì a una legge severa: se i giudici sbagliano interpretando il diritto, paghino»
Nicolò Zanon è un costituzionalista e oggi membro del Csm: è anche membro supplente della sezione disciplinare del Csm, e presidente della Commissione disciplinare dello stesso organo. A lui tempi.it ha chiesto un commento sull’emendamento Pini votato alla Camera, che dovrà ora essere approvato al Senato: se passasse, introdurrebbe la responsabilità civile diretta per i magistrati, per «chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento» e «in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni o per diniego di giustizia». Ma il sindacato dei magistrati, l’Anm, ha ottenuto dal governo l’impegno a presentare una nuova e diversa legge in materia.
Pensa che il provvedimento che introduce la responsabilità civile diretta per i magistrati sia incostituzionale, come sostengono i detrattori, o che sia incostituzionale considerare i magistrati un unicum rispetto ad altri professionisti, come sostengono coloro a favore della norma?
Con sicurezza è difficile dirlo, perché l’articolo 28 della nostra Costituzione comprende la responsabilità diretta per tutti i funzionari, «secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti», ed è pacifico che si estenda a tutti i funzionari di Stato, come anche i magistrati. Quella sulla responsabilità civile dei togati quindi non è una questione di incostituzionalità, ma di opportunità. I magistrati sono funzionari di Stato, sì, ma non come tutti gli altri perché hanno uno status di indipendenza garantito costituzionalmente, proprio per questo motivo una responsabilità diretta e senza filtri può essere inopportuna. Io non la trovo una questione scandalosa questa della responsabilità civile: ma vanno ricordati due elementi, che permettono di capire perché ritengo che affrontarla così sia inopportuno. Primo fatto, va detto che gli italiani sono un popolo di ricorrenti, e qui alla sezione disciplinare del Csm lo vediamo. Non appena si arriva ad una sentenza sfavorevole, la prima cosa che si fa è accusare il magistrato. Con la responsabilità civile diretta si avrebbe un intasamento dei tribunali civili. Perciò servirebbe un filtro. Il secondo fatto da ricordare è invece un elemento a tutela del cittadino. Proprio perché possa ottenere un congruo risarcimento sarebbe meglio che fosse lo Stato a pagarlo. Infatti tutti i magistrati oggi hanno già assicurazioni che ne coprono la responsabilità civile, ma non basterebbero a pagare per l’eventuale risarcimento, quando esso venisse riconosciuto.
Ci sono stati giudici autori di errori giudiziari che non hanno subìto conseguenze, ad esempio nel caso Tortora. Il vicepresidente del Csm Vietti ha ammesso che il problema esiste, ma ha chiesto di intervenire con soluzioni più adeguate dell’emendamento Pini. Secondo lei in che modo?
L’attuale legge Vassalli, introdotta proprio per intervenire sulla responsabilità civile, oggi ha una clausola di salvaguardia che esclude qualsiasi responsabilità di dolo o colpa grave per tutta l’attività di interpretazione del diritto o di valutazione delle prove. Questa clausola però nei fatti si trasforma in un’azione di salvaguardia completa sull’attività del magistrato. Perciò si è arrivati a solo 4 condanne per i magistrati su 406 cause e in ben venticinque anni. Con la clausola di salvaguardia, anche le interpretazioni più aberranti e le scelte più assurde sono state interpretate come attività interpretativa del magistrato. La Corte europea in cinque sentenze, l’ultima del novembre 2011, ci ha dunque richiamati ad intervenire proprio su questo aspetto, perché non è compatibile con il diritto europeo l’esclusione del dolo o della colpa grave anche nell’attività di interpretazione giudiziaria. Dunque io credo che una soluzione di compromesso sia una nuova legge che preveda il dolo o la colpa grave per il magistrato anche nell’attività di interpretazione del diritto e di valutazione delle prove: e a quel punto però rimarrebbe la responsabilità dello Stato. Così si consentirebbe di bilanciare il diritto dei cittadini e la garanzia di indipendenza dell’attività giudiziaria.
Va anche ricordato ciò che accade già oggi quando si tratta di giudicare altri colleghi togati, persino nella sezione disciplinare del Csm. La situazione è stata ben illustrata nell’apertura di quest’anno giudiziario dal procuratore generale di Cassazione Vitaliano Esposito che ha l’obbligo di promuovere i procedimenti disciplinari ai magistrati e svolge il ruolo di accusa (clicca qui per vedere i dati). Non è che al momento di sanzionare i colleghi, già la sezione disciplinare usa troppo il guanto di velluto?
La sezione disciplinare del Csm, dato che la responsabilità civile non funziona, è diventata una “valvola di sfogo”. Ma svolge un ruolo diverso, perché riguarda il rapporto tra il magistrato e il suo ordine di appartenenza. Sono membro supplente della disciplinare al Csm e per quel che vedo la sezione è davvero severa. Ci sono state sanzioni disciplinari anche molto gravi, come la censura o la perdita di anzianità, due sanzioni che incidono parecchio. Tuttavia, rispetto ai dati citati dal Pg Esposito, è certo che sia preoccupante l’aumento di violazioni di norme processuali o la commissione di reati. E questi casi vanno perseguiti con fermezza perché sono assolutamente orribili: a mio avviso però rivelano anche che occorre lavorare soprattutto nella formazione di una gran massa di magistrati. Posso dire però che rispetto ad altri ordini professionali siamo i meno peggio. Nel senso di più severi.
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