
«Woodcock getta fango per rimanere sui giornali e nascondere i suoi insuccessi in tribunale»
Nuove accuse piovono sul capo del deputato Pdl Alfonso Papa, al centro dell’inchiesta P4, di cui tempi.it vi ha parlato spesso. Il pm John Woodcock gli ha mosso l’accusa di peculato. Secondo il pm, Papa dal 2002 al 2011 avrebbe avuto a disposizione un servizio di accompagnamento in auto di servizio «senza che ne avesse alcun titolo», disposto appositamente per lui, che poi lo avrebbe usato per far accompagnare la moglie al lavoro, i figli a calcetto, un’amica a Ischia. Oltre a Papa, sono indagati anche sua moglie e altri otto militari della Guardia di finanza, tra cui il generale Paolo Poletti, numero due dell’Aisi. Sarebbe stato l’ufficiale a disporre che alcuni sottufficiali facessero tutto ciò che Papa avrebbe disposto con l’auto: così anche i due finanzieri affidati al servizio scorta si ritrovano indagati, perché secondo il pm avrebbero falsificato i fogli di servizio e avrebbero riciclato somme di denaro consegnate loro da Papa. Il deputato, a tempi.it, ribalta le accuse: «È solo fango gettato da Woodcock».
Aveva o no la scorta e l’auto di servizio senza averne diritto?
Posso soltanto dire che la notizia è venuta fuori durante l’ultima udienza del processo, che ha portato a risultati molto confortanti per me. In quell’udienza uno dei testi dell’accusa, l’imprenditore Marcello Fasolino ha ridimensionato le accuse nei miei confronti, chiarendo che si trattava di prestiti. Posso dirle che il pm ha aspettato tutta l’udienza, e solo dopo aver convocato i giornalisti dell’Ansa, Repubblica e Il Mattino, ci ha dato la notizia della nuova imputazione. Che tanto nuova non è, perché la notizia risale in realtà al 2010 e su queste vicende ha già indagato al Procura di Roma proprio su segnalazione di Woodcock, che ormai vive nell’ossessione della persecuzione a me. A Roma la vicenda non ha avuto nessuno sviluppo ed è caduta: io ho già denunciato Woodcock, e nel 2011 ho reso dichiarazioni ai magistrati romani su queste cose. Questo dimostra il solito operare di Woodcock che dovrà rendere conto più che delle antipatie delle scorrettezze.
Secondo l’accusa lei ha accompagnato con l’auto blu sua moglie al lavoro, i figli al calcetto, un’amica ad Ischia.
Non è così. La vettura di servizio mi è stata assegnata nella qualità di Capo gabinetto vicario e mi è stata riconfermata quando sono stato direttore generale del ministero di Giustizia. L’assegnazione è stata disposta dal Comando generale della Guardia di finanza di Roma. Nel 2008, quando ho accettato la mia candidatura, ho lasciato il mio incarico al ministero e, naturalmente, ho restituito l’auto. Da allora non ho fatto alcun uso di altre macchine di servizio. Ho viaggiato su una macchina della Gdf solo in quattro occasioni, in quanto membro della Commissione antimafia. Preciso inoltre che né mia moglie né i figli né altre persone sono mai salite a bordo dell’auto, come è stato già dimostrato attraverso i fogli di viaggio. Infatti Woodcock sta indagando ora i finanzieri per falso perché i documenti non dicono chiaramente quello che si aspetta. Denunzierò Woodcock anche per la volgarità della storia dell’amante che, non solo non è vera, ma non ha alcuna attinenza con il processo se non quella di gettare fango. Woodcock continua ossessivamente nella ricerca di amanti che non esistono e non si ferma nemmeno davanti ai figli minori in questa smania di protagonismo. Oltretutto, nessuno dei miei figli ha mai fatto calcetto.
Scusi, ma allora le ricevute di servizio, le somme di denaro…
La verità è che, poiché il processo sta evaporando e i fatti vengono fuori nella loro realtà, Woodcock, anziché preoccuparsi dell’esito processuale delle indagini mediatiche che svolge solo per stare sui giornali, inventa periodicamente nuove indagini e crede in questo modo di rilanciare quella della P4. Tutto parte con le dichiarazioni rese da due finanzieri, evidentemente “depistati” e successivamente indagati da Woodcock, con una metodologia priva di imparzialità e di rispetto delle prove. Questo non mi sorprende: non si è mai comportato da magistrato ma da avvocato dell’accusa. Cioè si muove come quegli investigatori dei film americani che pur di arrivare al risultato sono disposti a tutto.
Lei dice che nell’ultima udienza stava andando tutto bene per lei, ma da quello che si può leggere sui giornali, ad esempio su Repubblica, Fasolino avrebbe confermato di averle elargito 10 mila euro, «perché Papa mi faceva sentire protetto da problemi giudiziari».
Chiunque può ascoltare la registrazione di Radio radicale per scoprire quello che è stato effettivamente detto. Fasolino non si è nemmeno dichiarato parte civile per chiedere l’eventuale restituzione della cifra, infatti in aula ha dichiarato di avermi prestato quei soldi per amicizia, e ha spiegato che era mio amico perché sono una persona brillante e che essere un amico di un magistrato lo faceva sentire protetto. Ma tutte queste dichiarazioni sono state accuratamente riviste e ribaltate negli articoli, come nel virgolettato citato da Repubblica.
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