
Il woke sbrana anche il fumetto Dilbert

Il virus woke, più pericoloso e più subdolo di tutti gli altri perché corrode le menti, ha fatto una nuova vittima: Scott Adams, 65 anni, creatore del popolarissimo fumetto Dilbert, che dal 1989 mette alla berlina idiosincrasie e incongruenze della vita da ufficio, il cui successo ha portato alla creazione di libri, calendari e anche una serie televisiva.
Dilbert cancellato da 77 quotidiani
Dilbert, che come tutte le cosiddette “strisce” viene pubblicato ogni giorno nell’apposita pagina di centinaia di quotidiani, verrà presto escluso da almeno 77 di loro, quelli editi dalla Lee Enterprises, per motivi che non sono stati chiariti, ma che secondo lo stesso Adams hanno a che fare con i contenuti recenti della striscia. Una satira sul mondo del lavoro, degli affari, del business, del suo cinismo e delle sue pratiche spesso irrispettose del buon senso e delle persone, con personaggi così ben delineati da aver portato alcune testate a pubblicarla non nella pagina dello svago ma in quella dell’economia e della finanza.
Il caso Dave, afroamericano che si identifica con un bianco
A quelli classici si è aggiunto da qualche mese Dave, un afroamericano che si identifica con un bianco, e già questo è un messaggio alla mania dei tanti, specialmente minorenni, convinti dalla propaganda a staccarsi da se stessi e identificarsi con qualsiasi cosa passi loro per la mente: il fatto che qualche mese fa la responsabile di un distretto scolastico del Michigan abbia dovuto smentire l’intenzione di predisporre cassette di sabbia per raccogliere i bisogni di studenti che si identificavano come felini racconta la voragine logica in cui è precipitata una parte di mondo, minoritaria ma prepotente e spietata contro chiunque osi opporsi col buon senso.

Insomma, tornando a Dilbert, in una striscia del 20 settembre un dirigente dell’azienda si rivolge a Dave dicendogli “devo aumentare il rating di sostenibilità della nostra ditta, pertanto ti promuovo a responsabile tecnologico. So che ti identifichi con un bianco e questo non aiuta il nostro punteggio, ma non potresti anche identificarti come gay?”; “dipende da quanto devo esser convincente”; “magari mettiti camicie più belle”. Il 12 settembre, invece, un altro dirigente dice “la nostra azienda ha un basso rating di sostenibilità e ritengo ciascuno di voi colpevole di questo… Guardate Dilbert, per esempio: non rappresenta diversità, inquina e raramente chiede quale pronome preferiate. Non possiamo salvare il mondo dalla sera alla mattina, ma fare di Dilbert un bersaglio di insulti e persecuzioni sarebbe un passo nella direzione giusta”.
Col woke non si scherza
Boom! Un meritato massacro delle politiche e delle scelte di moltissime aziende, che promuovono persone e iniziative per essere dalla parte “giusta” della società, giusta peraltro per una minoranza prepotente e spietata. Adams non ha ricevuto indicazioni specifiche, ma aveva appreso delle lamentele di alcuni lettori – il movimento woke del resto è noto per l’assoluta mancanza di senso dell’umorismo – e ora ha preso atto. «Tutti questi atteggiamenti woke e politiche che nascono dal punteggio di sostenibilità – ha dichiarato – sono entrati nel mondo del lavoro e dunque argomento perfetto per Dilbert. La gente se ne accorge, e anche se si tratta di un tema legato alle pratiche e alle consuetudini di un ufficio il problema è come viene gestito. Io descrivo come i dipendenti di un’azienda affrontano le situazioni ma evidentemente alcuni pensano che stia prendendo una posizione (…) Per me questa decisione rappresenta una bella botta sul piano economico», ha concluso, ma a quanto pare dispone di un patrimonio di circa 70 milioni di dollari e la botta vera, semmai, è solo al buon senso. E non solo il suo.
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