
Walter Tobagi, un ricordo non fasullo

L’epopea della fase 2 / 8
Esattamente come con i magistrati Falcone e Borsellino, quarant’anni dopo la sua scomparsa per mano di giovanissimi terroristi (anch’essi vittime dei cattivi maestri, piccoli e grandi borghesi che con l’utopia rossa distrussero una intera generazione di giovani), il giornalista Walter Tobagi diventa l’oggetto di sequestro di memoria da parte di quegli stessi che furono culturalmente e politicamente nemici di un grande giornalista che nel Corriere della Sera di anni Settanta si trovò isolato all’interno del suo stesso giornale e dello suo stesso sindacato professionale.
In entrambi gli ambienti dettavano legge i comunisti. E Tobagi comunista non lo era affatto. Anzi. Era un socialista e cattolico amico di Bettino Craxi. Quindi un “pericoloso” uomo indipendente non allineato ai falsi “democrat”.
Occorre ricordare che il Pci organizzò la colonizzazione ideologica della società attribuendosi la patente di “democratico” quasi in esclusiva (così come la Germania dell’Est dei tiranni inventori del trojan si definiva ufficialmente “Repubblica democratica”? Occorre ribadire che ancora oggi, cambiati i simboli, le associazioni professionali colonizzate dalle varie mutazioni del Pci sono ancora quelle degli anni Settanta (solo con un arcobaleno in aggiunta alla rossa Bella ciao), “giornalisti democratici”, “magistrati democratici”, “medici democratici”, “professori democratici”, “genitori democratici” eccetera?
Bettino Craxi, ancora ad Hammamet, nonostante il mio tentativo di dimostrargli il contrario, rimase convinto che ad armare i giovanissimi suoi assassini erano stati i comunisti. Non le Br. Quando diceva “comunisti” Craxi intendeva quelli del partito di Berlinguer. Intellettuali e sindacalisti compresi. Craxi sbagliava perché non si è mai trovato riscontro alle sue convinzioni e perché gli stessi esecutori materiali del delitto Tobagi hanno sempre negato di aver ricevuto ordini da chicchessia.
Ma al di là delle interpretazioni ideologiche, resta il fatto di un giornalista fuori dal coro. Al punto che pochi giorni prima di morire aveva scritto una serie di articoli dove si diceva del gran bene addirittura di Comunione e Liberazione. Cl, che non godeva assolutamente di buona stampa. E che, anzi, era detestata dai giornali in quanto unico movimento non di sinistra che era rimasto nelle scuole e nelle università a difendere la democrazia quotidianamente oltraggiata non soltanto dagli estremisti. Ma soprattutto dalla cultura e giornali dei padroni. Tutti “antifascisti” naturalmente alla maniera del Pci di Togliatti, Longo, Berlinguer.
Così Walter Tobagi avrebbe dovuto essere ospite in Università cattolica dei ciellini. Fu proprio il sottoscritto a telefonargli. Aderì volentieri. E c’era già una data fissata. Se non fosse arrivato prima il commando omicida.
Mercoledì è uscito il libro del Corriere della Sera che commemora Tobagi con una raccolta di suoi articoli. Non l’ho ancora visto. Ma siccome sono certissimo che non troverete questo articolo qui sotto, mi permetto consegnarvelo nella forma espressiva con cui lo leggemmo, lo ricopiammo e lo appendemmo noi cattolici popolari sui muri delle università milanesi.
Un tocco al cuore
«Quale sia l’obiettivo politico dei terroristi è l’argomento che divide ancora e sempre i giudizi. Che cosa sperano di raggiungere con questa sequela di delitti? Rispondere a questa domanda vuol dire indicare, implicitamente, la via da seguire per battere il terrorismo. I muri della Statale offrono la risposta dei gruppi che si contendono l’egemonia ideologica a colpi di tatse-bao. Quelli del Movimento lavoratori per il socialismo scrivono: “sviluppiamo la vigilanza e la mobilitazione di massa contro il terrorismo”. Quelli di DP dicono: “se vogliamo battere il terrorismo dobbiamo rilanciare la ‘lotta di massa’”.
Sono ragionamenti che rispondono ad una logica strettamente politica, e ti lasciano l’ambiguità di un interrogativo: può la sola logica della politica sanare ferite che proprio l’esasperazione politica, il pantapoliticismo ha favorito? L’altra logica si ritrova nei tatse-bao di CL che sono i più numerosi. All’ingresso dell’aula magna hanno ricopiato a mano l’articolo di Testori sul Corriere di ieri.
E ad ogni cantone hanno affisso un lenzuolo che comincia: “quando la morte è fra noi…” e contiene verità amare, domande imbarazzanti. Parla del “coraggio di riconoscere che politici ed intellettuali, mezzi di comunicazione e mentalità comune hanno contribuito a distruggere, in questi decenni, i fattori che rendono possibile e giusta la convivenza”.
Denuncia che “la violenza del più forte” è diventata “l’unico criterio nei rapporti fra gli uomini. Se la verità non esiste, la condanna della violenza non ha verità”.
Possiamo non essere d’accordo quando dicono che “solo l’incontro con uomini resi più liberi e più responsabili della verità del cristianesimo ci permette di sperare”.
Possiamo pensare che peccano di integralismo. Ma non possiamo pensare che le loro domande non tocchino il cuore di una crisi che è anzitutto morale e ideale».
Walter Tobagi, Corriere della Sera, 21 marzo 1980
[Manifesto esposto dai Cattolici Popolari il 23 marzo 1980]
Foto Ansa
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