
L’Unione Europea ormai ha una sola anima: quella “green”

Ha parlato tanto Ursula von der Leyen durante il suo discorso sullo stato dell’Unione davanti al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo. Forse troppo. La presidente della Commissione europea ha svariato su un’enorme mole di argomenti, spesso scollegati fra di loro, senza un’idea di insieme. Ucraina, gas, Green Deal, industria, giovani, bilancio, Trattati, Elisabetta II: tra tanti passaggi di buon senso – intervallati da contraddizioni marchiane, amnesie e tic ideologici – la presidente tedesca nel suo discorso ha dato l’impressione che l’Unione Europea fatichi a ritrovare slancio ideale, non sapendo più quali siano i propri valori (una delle parole più usate dalla Von der Leyen, che però non è stata in grado di nominarne nemmeno uno).
«Russia? No alla riappacificazione»
Vestita di giallo e blu, i colori della bandiera ucraina, alla presenza della first lady e moglie di Volodymyr Zelensky, Olena Zelenska, Von der Leyen ha esaltato la resistenza contro la Russia di Vladimir Putin promettendo a Kiev l’«incrollabile» sostegno dell’Unione Europea dal punto di vista politico, finanziario, commerciale e militare.
Durissima nei confronti del Cremlino, la presidente non ha lasciato alcuno spiraglio alla ricerca di una conclusione diplomatica e pacifica del conflitto («Questo non è il momento di riappacificare, ma di essere risoluti»), dipingendo il quadro economico della Russia in modo un po’ troppo fosco rispetto alla realtà dei dati: «Le sanzioni funzionano e sono destinate a rimanere. L’economia russa è alla canna del gas».
Silenzio sull’adesione all’Ue dell’Ucraina
Dimenticandosi forse di essere alleata della Turchia, che in queste ore sta bombardando l’Armenia, e di fare ottimi affari con i peggiori governi africani e del Golfo, Von der Leyen ha inquadrato il conflitto in Ucraina nel più ampio e iper semplicistico contesto di una contesa globale «tra autocrazia e democrazia», come fatto prima di lei da Joe Biden.
Ha poi promesso a Kiev l’accesso al mercato comune europeo, ma ha glissato sull’aspetto che più interessa all’Ucraina: l’adesione formale all’Ue, per la quale potrebbero volerci «decenni», come dichiarò realisticamente a maggio Emmanuel Macron.
Von der Leyen non vuole parlare di “famiglia”
Sul fronte energetico la presidente della Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure per aiutare i cittadini europei a sopravvivere alla crisi del gas: risparmi energetici obbligatori, riforma del TTF olandese, disallineamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas e soprattutto tetto ai ricavi dei produttori di energia da combustibili fossili e da rinnovabili per «raccogliere più di 140 miliardi di euro» da «redistribuire a chi è più in difficoltà».
Stravagante che in questo novero Von der Leyen, oltre a citare le imprese ad alto dispendio energetico, abbia incluso «i genitori single spaventati dalle bollette» e non più generalmente le famiglie. Che cosa ci sia di tanto spaventoso nella parola “famiglia” non è chiaro, ma la presidente tedesca avrà avuto i suoi motivi per ritenere che solo i genitori single siano in difficoltà.
È balzato all’occhio, poi, che Von der Leyen non abbia parlato di tetto al prezzo del gas, segno che su questo tema gli Stati membri sono più divisi che mai e che a ottobre in sede di Consiglio europeo i capi di Stato e di governo si accapiglieranno.
Le rinnovabili non possono bastare
Curioso anche che la presidente della Commissione abbia dato la colpa dell’attuale crisi alla dipendenza generalizzata dell’Ue dagli idrocarburi («i combustibili fossili sono il problema, non i prezzi»), identificando come soluzione la transizione verso le fonti rinnovabili. Se i prezzi dell’energia sono schizzati alle stelle già quattro mesi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, infatti, è anche perché l’Ue si è affidata troppo massicciamente alle rinnovabili, tassando con il sistema Ets ogni altro sistema di produzione di energia, senza fare attenzione ad avere un mix energetico equilibrato e sostenibile.
Il “green” è stato il vero protagonista del discorso sullo stato dell’Unione. Se si dovesse giudicare che cosa sta a cuore all’Europa solo partendo dalle parole di Von der Leyen, si direbbe che la tutela dell’ambiente è l’unica vera missione europea. La presidente ha discettato a lungo di idrogeno, eolico e fotovoltaico salvo poi ricordare che «le materie prima di cui abbiamo bisogno per attuare la transizione sono monopolio della Cina».
«Non dobbiamo cadere in una nuova dipendenza», ha riconosciuto, aggiungendo vagamente che «vanno fatti molti passi in questa direzione». In attesa di sapere se le misure che Bruxelles prenderà serviranno a ridurre la dipendenza da Pechino, Von der Leyen non ha annunciato alcun dietrofront né alcun rallentamento rispetto agli obiettivi del Green Deal (per quanto la guerra li abbia resi già di fatto irrealizzabili).
Von der Leyen in versione sovranista
In un momento forse di spaesamento, la presidente si è anche travestita da “sovranista” sostenendo che l’immigrazione deve essere qualificata e che il futuro dell’industria è e deve essere «made in Europe».
Anche in questo caso, però, non ha spiegato come mantenere intatta la competitività delle aziende europee, che a causa dei rincari energetici e delle politiche ambientali stanno perdendo terreno rispetto ai competitor di Stati Uniti e Asia (solo nell’ultimo anno, la metà delle fabbriche europee di alluminio primario ha dovuto chiudere, sostituite dall’import da Russia e Cina).
L’anima verde non basta all’Europa
Von der Leyen ha infine dispiegato quello che sembra, più che un piano concreto, un libro dei sogni senza però offrire una chiave unitaria: riforma del patto di stabilità, riforma dei trattati europei, difesa della democrazia, lotta alla corruzione, alla disinformazione e «ai finanziamenti oscuri».
Il discorso della presidente si è concluso con un appello: «L’Europa prevarrà se sarà unita». È forse la parte migliore, ma è anche quella su cui aleggia il punto interrogativo più grande. L’unica anima dell’Europa ormai sembra essere quella verde. Ma è sufficiente per tenere insieme Ventisette paesi troppo spesso in lotta fra loro? A questo interrogativo Von der Leyen non ha fornito risposta.
Foto Ansa
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