
Vogue secondo il Wall Street Journal: il potere di Anna Wintour
Nessuno più di lei è avvolto da un alone di mistero, fatto di leggende metropolitane, tanto che solo a sentire il suo nome scatta un sentimento di paura. Stiamo parlando di Anna Wintour, altrimenti detta l’editor in chief (la direttrice) di Vogue, altrimenti detta una delle persone più influenti nel mondo della moda e non solo.
A dipingerla in modo impeccabile e spietato nella sua poca sensibilità era stato il film Il diavolo veste Prada. Perfetta la maestria di Meryl Streep che l’aveva interpretata, gelida nell’impartire ordini ad assistenti e stilisti. Poi a cercare di riabilitarla, a darle un briciolo di umanità – nemmeno tanta ne serviva, solo quel poco che la rendesse meno spaventosa – ci aveva pensato il documentario The september issue, in cui lo spettatore poteva assistere alla creazione del numero più spesso della storia di Vogue, circa 800 pagine, e seguire con la telecamera la direttrice magra e con gli occhi di ghiaccio, per mostrarla anche nei suoi (rari) momenti a casa con la famiglia, starla a sentire mentre racconta che cosa la emoziona.
Tentativo fallito. L’immagine che abbiamo di lei sarà sempre di donna incontentabile e talmente potente da riuscire a far cambiare il calendario delle sfilate milanesi (per più di una stagione) solo per sua comodità. Perfino i grandi della moda le hanno obbedito, tanto che del problema della riduzione dei giorni della settimana della moda a Milano se n’era perfino occupato Report, visto che ciò ha comportato un calo del giro d’affari per la città.
Torna a dire l’ultima parola sull’argomento il Wall Street Journal nella veste patinata del suo bimestrale, con una ritratto iconico in copertina. Di profilo come fosse Cleopatra, il famosissimo fotografo di moda Mario Testino – quello che in The September issue non era in grado di farle una foto decente, a detta della Wintour – la immortala con il suo bob (il caschetto arrotondato), gli occhiali da sole e un vestito a righe blu della nuova collezione di Prada.
“The business of being Anna” racconta il potere reale di cui gode la direttrice di Vogue, in relazione agli eventi delle sfilate e non solo. Visto che è stata ad esempio in grado di far mettere Marc Jacobs come direttore creativo di Louis Vuitton solo per un suo “suggerimento”. Ha fatto intendere in un’intervista a Forbes la direttrice del magazine del WSJ, Deborah Needleman, che sembra impossibile che alla maison di Dior non chiedano a lei un consiglio sul possibile sostituto dell’appena licenziato Galliano.
Lei che, con la sola forza del suo carattere, è riuscita a fare di se stessa un brand, in grado con i suoi gusti di influenzare le scelte di acquisto di milioni di acquirenti in tutto il mondo. Chiedetelo ai fotografi del front row (le sedie in prima fila alle sfilate) quanto contano i suoi cenni di capo di fronte alle nuove collezioni.
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