«Vogliamo portare lo sport in carcere per liberare energie buone»

Di Paola D'Antuono
05 Ottobre 2012
Fabio Pizzul è tra i promotori del convegno "Sport in carcere" per «mettere le basi per discutere di un progetto che preveda la presenza stabile dell'attività sportiva per i detenuti».

Si terrà domani presso Palazzo Pirelli a Milano, il convegno organizzato dal gruppo consiliare del Partito Democratico di Regione Lombardia dal titolo “Sport in carcere, liberare le energie buone”. Coordinatore dell’intervento il consigliere Fabio Pizzul, che a tempi.it spiega perché «è importante concentrare l’attenzione sull’attività sportiva in Lombardia».

Qual è lo scopo del convegno?
Vogliamo fare il punto sulla situazione delle carceri lombarde per capire quanto siano reali le possibilità di proporre attività sportive ai detenuti. Lo sport è un’attività importante, che consente di curare le relazioni e di utilizzare in maniera produttiva il proprio tempo. Il convegno metterà attorno a un tavolo tutti gli attori, dall’amministrazione penitenziaria, alla Regione Lombardia, al Coni, e insieme cercheremo di capire come utilizzare al meglio le poche risorse a disposizione .

Nelle strutture penitenziarie lombarde attualmente si pratica l’attività sportiva?
In tutte le carceri ci sono palestre o attività di movimento individuale dei detenuti. In alcuni istituti, penso soprattutto a Bollate, la metà dei detenuti fa sport, partecipando anche con tornei e iniziative esterne al carcere. In altri sono presenti corsi di avviamento alle diverse pratiche sportive. Per esempio a Opera, dove lo scorso anno si sono tenuti corsi di basket e pallavolo, o nel carcere di Bergamo. A San Vittore, grazie alla Fondazione Cannavò, è stato recentemente costruito un nuovo campo di erba artificiale per giocare a calcio.

Quindi ci sono già delle iniziative di carattere sportivo.
Si, il problema è che non vengono adeguatamente valorizzate e comunque stiamo parlando di iniziative pensate e finanziate da fondazioni e donazioni private. C’è bisogno invece di un progetto globale che preveda una presenza stabile dell’attività sportiva per i detenuti e, ovviamente, la creazione di strutture adeguate.

@paoladant

Articoli correlati

2 commenti

  1. VELATE RUGBY 81

    IL RUGBY DENTRO

    Nessun giocatore del rugby Velate Old “Gli Sbagliati” aveva mai giocato una trasferta su un campo come quello dove ha giocato sabato 5 ottobre.
    La squadra è composta da giocatori dai 35 anni in su, alcuni veterani con molti anni di esperienza, altri volonterosi apprendisti stagionati, ma di certo questa esperienza è stata nuova per tutti.
    La partita si è svolta infatti all’interno della Casa Circondariale di Monza e ha visto il Velate Old giocare contro una rappresentativa di detenuti.
    Da circa un anno è partito un progetto, voluto dal direttore della Casa Circondariale, dottoressa Maria Pitaniello, in sinergia con Grande Brianza e Monza Rugby. Gli allenatori, una volta a settimana, tengono regolari allenamenti con un gruppo di detenuti che, incominciando da zero, ha appreso le regole, sviluppato la tecnica e iniziato a costruire una squadra: è stata quindi una bella occasione potersi confrontare con un’altra squadra.
    La partita si è svolta nel pieno rispetto dello spirito del rugby, che è uno sport di contatto, dove serve il fisico, ma soprattutto lo spirito di squadra, la lealtà, la tenacia, il rispetto delle regole, insomma tutti quei valori che ne sono l’essenza.
    Due squadre che non si erano mai viste prima, con esperienze diverse alle spalle ma soprattutto formate da persone che vivono vite molto diverse, hanno trovato un terreno comune, quello di uno sport , dove non si gioca contro, ma con un avversario.
    È stata una partita leale, con la giusta dose di agonismo: la squadra dei detenuti, una multinazionale per la provenienza degli atleti da vari paesi, aveva dalla sua la giovane età, la velocità e l’entusiasmo, quella degli Old Velate, l’esperienza.
    Il vero risultato dell’incontro, molto più delle mete fatte e subite che nessuno ha contato, è stato che si è giocata una partita, durante la quale non si notavano più nemmeno le mura del carcere attorno al campo.
    Alla fine dell’incontro, come tradizione nel rugby, si è svolto il classico terzo tempo, cui partecipano quelli che erano avversari fino a poco prima, tra strette di mano, complimenti, ma anche qualche parola sulla condizione diversa di giocatori che poi sarebbero rimasti dentro e quelli che avrebbero potuto uscire.

    Una bella giornata di rugby, realizzata anche grazie al fattivo impegno della polizia penitenziaria.
    Un’ esperienza che è la dimostrazione di come questo sport possa avere valori più ampi di quelli atletici, innanzitutto la capacità di far incontrare le persone.

  2. Soprattutto il lavoro, nelle carceri, può provocare grandi benefici > http://bit.ly/MXoaTe
    Crolla la recidiva e lo Stato risparmia anche, che in periodi come questi è fondamentale.

    Maurizio Lupi
    http://bit.ly/MXoaTe

I commenti sono chiusi.