
L’uomo che scommette (e investe) contro il woke

La battaglia contro l’ideologia woke non è solo culturale, né soltanto politica. L’ondata di politicamente corretto che ha travolto scuole e università anglosassoni per poi tracimare nei media, nella letteratura, nel cinema e infine nei cda di quasi tutte le grandi aziende americane è diventato ormai il criterio con cui si giudica la validità di un’impresa, di un’opera, di un’istituzione. Non a caso il rating Esg (acronimo che sta per Environmental, Social and Governance), un indice che misura la sostenibilità dell’impatto ambientale, sociale e di governance di un’azienda, è diventato il vitello d’oro degli investitori.
Ramaswamy, il «flagello della social justice nei cda»
Lo sa bene Vivek Ramaswamy, «sedicente flagello della social justice nei consigli d’amministrazione», come lo ha definito il Financial Times, che qualche giorno fa lo ha raccontato e intervistato. Politicamente conservatore, Ramaswamy da tempo critica e attacca l’ideologia woke con apparizioni televisive, editoriali d’opinione, due libri e lettere aperte ai board delle grandi aziende quotate in Borsa (le ultime a Disney e Apple, in cui ha chiesto ai rispettivi ceo di smetterla di fare dichiarazioni politiche per conto delle loro aziende, e di prendere decisioni basate su razza, sesso o convinzioni politiche).
Adesso ha chiesto agli investitori di aiutarlo a fare ancora più pressione, entrando nei board con un lasciapassare che funziona sempre: i soldi. Considerato uno dei più credibili e feroci critici del sistema Esg a Wall Street, Ramaswamy ha lanciato due fondi di investimento con l’esplicito obiettivo di combattere il woke nelle grandi aziende: il primo è incentrato sull’energia, è stato lanciato il mese scorso e ha già raccolto 320 milioni di dollari. «La mossa», spiega il Financial Times, «arriva nel bel mezzo di una crescente reazione di destra contro i gestori patrimoniali che utilizzano i fattori Esg per influenzare i loro investimenti. I politici conservatori in più di una dozzina di stati americani stanno minacciando di ritirare gli investimenti statali da BlackRock e altri gestori patrimoniali che affermano di “boicottare” i combustibili fossili o comunque sono troppo progressisti».
Apple la smetta di assumere in base alla razza
37 anni, Ramaswamy dice di volere essere la voce del cittadino comune dentro ai consigli di amministrazione. Cittadini che ne hanno le tasche piene di ambientalismo, correttismo politico, quote assegnate a minoranze sempre più numerose e nuove. Il secondo fondo, lo Strive 500 Etf, è stato lanciato meno di due settimane fa e investe in grandi società pubbliche. Il New York Times ha spiegato che «il piano di Ramaswamy è quello di utilizzare il potere dei voti degli azionisti per riorientare le grandi aziende sulla massimizzazione del profitto, obiettivo da cui i cda si sono allontanati». Troppo preoccupati di dire e fare le cose “giuste”, le grandi aziende si sono dimenticate di fare davvero i soldi.
Uno dei primi problemi che l’investitore conservatore sta affrontando sono le politiche di assunzione. Apple è un ottimo esempio del problema. Ramaswamy sta esortando l’azienda fondata da Steve Jobs a interrompere il suo “audit sull’equità razziale” e a rimuovere le considerazioni sulla diversità dalle sue politiche di assunzione e compensazione. Se Apple non cambierà le sue politiche, ha scritto Ramaswamy, cercherà di sollevare la questione nella sua prossima riunione degli azionisti.
Disney non faccia politica
Nella sua lettera alla Disney, invece, Ramaswamy sostiene che la società ha danneggiato il suo marchio schierandosi contro le politiche del governo che non incidono direttamente sui suoi affari, in particolare la recente legge della Florida sull’opportunità di parlare di gender a scuola. All’azienda petrolifera Chevron, più banalmente, ha chiesto di aumentare anche la produzione di petrolio, dato anche il momento storico, e non spendere tutti quei soldi sulla transizione energetica.
Perché Ramaswamy piace ai conservatori americani
Più che l’ideale, a muovere Ramaswamy è il capitale: la discussione sugli indici di sostenibilità è viziata da una grossa bugia: «Si può sostenere che le aziende hanno una responsabilità sociale che va al di là dei profitti, ma sostenere che adottare l’indice Esg porterà a massimizzare i profitti a lungo termine, beh, questo non esiste», ha detto. Parlare di omosessualità, transgenderismo, razzismo e diversità porta solo problemi alle aziende, così come l’unica conseguenza dell’ambientalismo delle compagnie petrolifere è la loro svalutazione.
Si capisce che piaccia al mondo conservatore, americano, da tempo alla ricerca di strumenti efficaci per contrastare l’ideologia woke al di là della battaglia culturale, in parte ormai persa. Ramaswamy sostiene che valutare un’azienda per la sua sostenibilità faccia male al mercato e all’azienda stessa, troppo impegnata a incastrare i pezzi di un puzzle politicamente corretto sempre più complicato per occuparsi davvero di fare profitti e prodotti che interessino alla gente. Il vecchio adagio follow the money funziona sempre, Vivek Ramaswamy lo sa.
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