Amici vip, non ci frega nulla delle vostre omelie sul Covid

Di Caterina Giojelli
18 Aprile 2021
Basta predicozzi, ci basta il virus: che noia la tosse d’autore e gli isolamenti da design. Dopo la crociata #iorestoacasa, vangeli e atti degli apostoli della quarantena, liberateci dalla fase “convertiti e credi al vaccino”
Vip e Covid, Giulio Berruti vaccinato con AstraZeneca

Daniele De Rossi è stato dimesso due giorni fa dallo Spallanzani: evviva, non ha più tosse e febbre e continuerà la degenza a casa in attesa di guarire dal Covid. In ospedale c’è stato quattro giorni perché, come ha spiegato in un audio privato mandato agli amici e che grazie a tutti i giornali abbiamo sentito anche noi,


«Ieri mattina mi sono alzato dalla sedia ma senza farlo in maniera troppo veloce, mi sono alzato dalla sedia normalmente e ho avuto un mezzo mancamento, mi fischiavano le orecchie, sentivo tutto ovattato, ho mezzo barcollato, me so’ cacato sotto e ho chiesto di andare a fare un controllo. Sono venuto qui e c’ho una polmonite interstiziale bilaterale, non a un livello gravissimo però insomma ce l’ho, era meglio se non ce l’avevo. Soprattutto mi hanno detto se non fossi venuto, insomma… Non è uno stadio al limite, ma non è neanche un Covid da curare a domicilio»

Maledetto focolaio azzurro scoppiato il 31 marzo in Lituania che ha contagiato un sacco di calciatori, e benedetto De Rossi, uno di noi, che quando se la fa sotto non ci fa la paternale, anche se il suo “me so cacato sotto” diventa la terza notizia del Corriere.


Basta predicozzi vip, ci basta il virus: ci frega più niente della tosse d’autore e delle quarantene da design. Siamo sopravvissuti alla Fase 1 tutta salmi messianici e crociata #iorestoacasa lanciata dai superattici di cantanti, attori, conduttori, vallette, sportivi, artisti, influencer – «Ragazzi questa è una cosa seria», «siamo in guerra», «dovete seguire le direttive», «state a casa», «seguite le regole», «lavatevi le mani», «leggete», «non uscite», «non aggravate la situazione», «seguite gli esperti», «andrà tutto bene» -, a Speranza sono piaciuti un sacco e il ministero della Salute ci ha fatto la video compilation.

I Vangeli dalla quarantena

Poi non è andato mica tutto bene, nonostante siano restati a casa lavandosi le mani e rispettando le direttive il coronavirus ha sfondato il superattico, anche i vip si sono ammalati, ed è nato un nuovo genere letterario, i vangeli della quarantena, tutta pigiami, termometri, bocche di gallina corrucciate, capelli sfatti, videodiari e #nofilter saccheggiati da giornali e tv di tutto il paese. Abbiamo saputo ogni giorno quanta febbre aveva la Pellegrini e a che numero di tamponi era arrivato Cristiano Ronaldo, chi aveva perso chi, cosa, quanti chili, olfatto, gusto, i mea culpa branditi per rinsaldare, i vari «ho fatto del mio meglio per rispettare il protocollo» (Valentino Rossi), «forse a una cena perché al ristorante quando si mangia sono tutti senza mascherina» (ma dai, Nina Zilli?), e via con «il virus è subdolo», «sfugge al nostro controllo», «non andare al ristorante», «forse è stata la mamma», «forse toccandomi gli occhi», «il premier ci ha chiesto aiuto. Mi raccomando, ragazzi, usate la mascherina» (i Ferragnez). Si è dunque aperta la caccia grossa al testimonial: «Il virus mi ha sfidato e io ho vinto. Ma tu non sei Zlatan, non sfidare il virus. Chi usa la testa, rispetta le regole, distanziamento e mascherina, sempre», pontificava il bomber dei volti anti-Covid Ibrahimovic dal 39esimo piano della Regione Lombardia.

Gli atti degli apostoli vip

Dopo di che anche i migliori testimonial giunti a una certa età pandemica si rompono le balle degli appelli, e così il testimonial della Lombardia è stato cuzzato smascherato, assembrato e attovagliato al ristorante in piena zona rossa. Poco male, passato un anno lo statuto dell’influencer applicato a una pandemia ha bell’esaurito il paradosso di sensibilizzare ed è riuscito a banalizzare perfino il Covid, il centro non è più il virus ma gli atti dei suoi apostoli:


«Ho sete. Voglio quella bottiglia d’acqua, ma non riesco ad aprirla: mi fa male la schiena, il braccio, la mano, le dita, la lingua. Non ci riesco». «Sono sempre solo. Chiuso su questo piano, l’ultimo di casa, quello dedicato proprio alle mie bimbe… quanto mi mancano. Sto male. Piango in silenzio, questa solitudine è il male. Voglio mia moglie. Voglio abbracciare le mie bambine, respirarle. Che giorno è? Decimo, mi conferma il dottore, che quotidianamente mi visita, è la febbre è andata via».


Così lo chef Alessandro Borghese racconta il suo «viaggio all’inferno» in un podcast firmato Dopcast e chiamato “C come contrappasso” (quello per uno chef di perdere gusto e olfatto). Di sé che «ho avuto il Covid. Ora sono negativo, sono arrabbiato e sono tornato» parla anche il rapper J-Ax da guarito e non da malato perché «la mia voce poteva soffocare quella di italiani realmente in difficoltà», italiani che vivranno molto più serenamente la quarantena e l’insorgere di ogni sintomo ora che sapranno che i farmaci «non funzionavano» e che durante l’isolamento domiciliare il rapper è stato così male di testa-stomaco-ossa che ha temuto «di lasciare orfano nostro figlio» e si è chiesto «come può una famiglia con tre figli che vive in un bilocale uscirne?» e insomma


«ci siamo negli anni indebitati per gigantesche opere inutili alcune mai partite o completate ma quando si è trattato di vaccini la politica si è messa trattare come al mercato del pesce, perché? Perché non ci potevate mangiare? E a noi il mercato del pesce ci ha rifilato quello che puzza».

Convertiti e denuncia il vicino


Dalla denuncia sociale a quella sempreverde del vicino il passo è brevissimo, così Alessandro Gassman aggiorna su twitter la parabola di Giuda coatto e consegna alle autorità un assembramento non autorizzato nel suo condominio: «Fatto il mio dovere. Fiero». Dopo di che segnala minacce e insulti pervenuti dagli internauti in seguito al gesto delatorio che hanno reso sua moglie «spaventata». «Grande attore e regista…con un po’ di nostalgia per i tempi andati della Germania Est», ha commentato Enrico Ruggeri, e già ci stavamo fomentando, finalmente uno Spartaco antipaternalista quando il fidanzato di Maria Elena Boschi, l’attore Giulio Berruti, ha avuto la pessima idea di postare su Instagram una sua foto tutta capello phonato e pollice alzato mentre riceveva il vaccino AstraZeneca con appello d’ordinanza «dose fatta #vaccinatevi #senzapaura».

Convertiti e credi al vaccino

Ma come, non ha 36 anni, non c’è il mercato del pesce che puzza, la gente che muore, non gliele avevamo già date al quel saltacoda di Scanzi? «Per chi non lo sapesse, mentre lavoravo come attore per pagare le mie spese, ho studiato come dentista per 11 anni e preso una specializzazione in Estetica del sorriso e ortodonzia» spiega l’umile Berruti, «informaci sulle reazioni, così tanto per essere preparati» lo hanno pregato ironicamente ma non troppo i follower che hanno già capito cosa ci aspetta nella fase “convertiti e credi al vaccino”, per la quale Palazzo Chigi sta già preparando i suoi testimonial d’eccezione: Francesco Totti, Valentina Vezzali, secondo i giornali sarebbero pronti a farsi arruolare per la foto dell’inoculazione e gli spot di sensibilizzazione anche Fiorello, Ciro Immobile e lo stesso Gassman.

Le autorità morali dell’hashtag

«Non capisco comunque questa smania di spettacolarizzare il fatto che lei sia vaccinato. Prevale l’attore che è in lei?», ha chiesto una utente a Berruti e nella risposta dell’attore, tanto per banalizzare, c’è tutto: «Prevale la voglia di spiegare alle persone con l’esempio che la scienza e la medicina saranno sempre meglio di qualche blog complottista o di strampalate teorie da bar sulla pericolosità assoluta dei vaccini». Quanto a noi, dopo la gara a chi ha dato il migliore buon esempio e quella a chi s’è fatto il peggior Covid o ne ha tratto la lezione più cliccabile, prevale la speranza che una volta inoculate tutte queste autoelette autorità morali del vaccino tornino finalmente là dove vuole il vecchio adagio dei saggi fragili e colpiti dal virus: a lavorare. O almeno a non farci la predica dal superassembrato pulpito che ha reso un’infezione un hashtag o un trending topic da cavalcare.

Foto Ansa

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