Vi presento Paul, già Beatrix, prova vivente che la teoria del gender non esiste

Di Correttore di bozze
07 Novembre 2015
Il genere come esperienza politica. Il sesso come dittatura. La transgenderizzazione della società. Cose che un correttore di bozze può apprendere solo leggendo Repubblica (e le sentenze della Corte costituzionale)

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Con la presente si avvisano i colleghi correttori di bozze, i conservatori reazionari in generale, ivi compresi tutti i cattolici integralisti e gli altri nemici di papa Francesco, nonché già che ci siamo gli organizzatori di convegni omofobi, i giudici cattolici del Consiglio di Stato e le altre brutte persone di ogni risma, che a far data da oggi lorsignori sono tenuti a convincersi senza menarla troppo delle seguenti cose:

1. La teoria del gender non esiste.

2. Anche il sesso non esiste. O meglio, non è che non esiste, diciamo che esisticchia. Lo ha confermato niente meno che la Corte costituzionale italiana sentenziando che i cittadini possono cambiare sesso all’anagrafe anche senza sottoporsi per forza a operazione chirurgica. Leggendo l’ormai celebre pronunciamento, depositato proprio giovedì 5 novembre, si può facilmente apprendere che, in effetti, ci sarebbero un paio di leggine italiane in cui è scritto che una persona può pretendere la rettificazione del sesso anagrafico solo dopo che siano «intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali». Tuttavia, ragionano i giudici, la chirurgia è solo una delle tante modalità attraverso cui si può realizzare un “percorso di transizione” allo scopo di adeguare i propri «caratteri sessuali» all’identità percepita. Non c’è solo Casablanca. Ci sono anche, per esempio, le cure ormonali. Solo il Correttore di bozze (e magari anche il suo amichetto sentinello Carlo Deodato) può pensare che il legislatore quando scrisse «caratteri sessuali» intendesse proprio il pennarello e/o l’astuccio.

3. Il sesso, ammesso e non concesso che esista (vedi al punto 2), è una dittatura. E se questa vi sembra un po’ fortina, è solo perché venerdì 6 novembre non avete letto Repubblica. «Il sesso è una dittatura» campeggiava infatti letteralmente nel sommario apposto dai titolisti del quotidiano romano a un’intervista semplicemente strepitosa a tale Paul Preciado, già Beatrix, «filosofo, attivista», ma soprattutto «studioso di teorie di genere». Ebbene, non avete idea di quante belle idee ha questo autore (già autrice) di libri fenomenali come l’autobiografico Testo Tossico, in uscita per Fandango.

Dice Paul: «Cambiare nome è un’esperienza politica di una forza straordinaria. (…) Ogni volta che qualcuno pronuncia il mio nome lo sento come un atto di sovversione (…). È un piacere politico ineguagliabile. Quando qualcuno mi chiama Paul è l’intera società che è coinvolta in un processo di transgenderizzazione».

Domanda l’intervistatrice Elena Stancanelli: «Nell’ottobre 2005 ha iniziato a prendere dosi di testosterone in gel, secondo un dosaggio non sperimentato, non quantificato da un protocollo. Questo (libro, ndr) è il diario di quell’esperienza. Si definisce un gender hacker, cioè un utilizzatore copyleft di testosterone. Paul, come spiegherebbe a qualcuno non esperto di teorie di genere, il suo genere sessuale?».

Risponde il gender hacker: «L’identità di genere non mi interessa. È una tassonomia, un sistema di classificazione, un insieme di convenzioni politiche che segnano il confine tra il normale e il patologico. La cosa importante per me è oppormi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non riconosce. Nella maggior parte dei paesi europei, se alla nascita sei stato riconosciuto di sesso femminile e vuoi prendere il testosterone, devi passare attraverso un protocollo medico, sottometterti a un test psicologico che ti riconosca una “disforia di genere” e accettare di diventare un uomo, possibilmente eterosessuale. Io ho cominciato a prendere testosterone senza attenermi al protocollo medico. Non mi sento un malato, ma un dissidente, da un sistema politico in cui femminilità e mascolinità sono le uniche alternative».

Ammettetelo, è un dialogo strepitoso. Sembra di stare alla Corte costituzionale.

Interviene di nuovo la Stancanelli, scodellando una citazione abbastanza familiare ai lettori di Tempi: «Nel 1957 lo psicologo e sessuologo John Money inventa il termine “genere” (gender) differenziandolo dal tradizionale “sesso” per designare l’appartenenza di un individuo a un gruppo culturalmente riconosciuto come “maschile” o femminile” e afferma che è possibile modificare il genere di un neonato fino ai 18 mesi d’età”. In che modo questa scelta determina la nostra società?».

E Paul: «La nozione di sesso binaria non è una realtà anatomica o cromosomica. Si tratta di un’invenzione politica che serve a mantenere le strutture sociali della famiglia e del modello eterosessuale», eccetera eccetera.

4. Sappiate anche, però, che Repubblica è lo stesso giornale che domani tornerà a scrivere che la teoria del gender non esiste, la teoria del gender non esiste, la teoria del gender non esiste. E stronzo chi dice il contrario.

5. Se ci pensate bene, comunque, anche i capelli sono una dittatura. Il Correttore di bozze ha sempre sognato di vedere un giorno riconosciuta ufficialmente all’anagrafe la sua identità di biondo, o magari di fulvo, pur senza dover per forza ricorrere alla tricologia per modificare i propri caratteri piliferi. Sarebbe un meraviglioso progresso di civiltà, no? Ecco. Dite un po’ voi se vi pare giusto che questo diritto gli venga negato solo perché è pelato.

@Correttoredibox

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9 commenti

  1. leo aletti

    Per questi soggetti non esiste ne genesi ne genetica. Poveracci sono davvero confusi.

  2. Cisco

    Prendere a esempio il criminale nonché inventore di bufale scientifiche John Money è la dimostrazione – peraltro ammessa dalla stessa signora Beatriz Preciado – che la teoria del gender è una forma di lotta politica per rendere grigio quello che si vorrebbe proporre come arcobaleno: dal Pensiero Unico al Cesso Unico. In realtà l’unico modo per combattere quello che la testosteronizzata Preciado chiama “capitalismo farmacopornografico” – di cui evidentemente è (in)conspevole vittima – è proprio riconoscere il significato profondo – e non sovrastrutturato – della esistenza di uomo e donna. Poi si può discutere di come trattare in maniera più attenta i casi di intersessualità, che restano forme di anomalia cromosomica.

    1. giovanna

      Su Donna Moderna ( credo il settimanale più venduto in Italia ) la solita intervista settimanale a favore di ideologia gay-gender.
      La filosofa Marzano, che si proclama cattolica nel titolone, afferma che la teoria gender non esiste, ma che l’omosessualità è una normale variante del comportamento umano….proprio così, non era la nostra trollina preferita a dirlo, trollina che evidentemente saccheggia il pensiero di cotanti pensatori, ma una famosa filosofa.
      Il fatto che la Marzano abbia un fratello gay spiega molte cose, ma di certo sarà un’amara sorpresa quando capirà, e prima o poi lo capirà, che tutta questa propaganda gay-gender ,in cui insiste e persiste,
      non fa che fare del male al fratello omosessuale, come a tutti gli omosessuali.
      In quanto gli omosessuali sono persone e la teoria gay-gender va contro tutte le persone.
      E anche il fatto che la filosofa non abbia figli spiega molte cose sulla superficialità con cui affronta la questione dell’indottrinamento gender nelle scuole, non so se in buona o cattiva fede.
      E comunque è disgustoso che metta l’etichetta “cattolica” a questa roba , citando strumentalmente e tagliando ,come sempre, la famosa frase di papa Francesco.
      Per Donna Moderna quella frase è un must :benché molti abbiano protestato per il taglio, continua a propinarcela con regolarità maniacale.
      Ma il gender non esiste, si sa.

      1. beppe

        questa strumentalizzazione della frase di Francesco ( i fans lo chiamano cosi…..) dimostra ancora una volta che il papa non ha fatto tesoro del detto del vangelo : candidi come colombe e scaltri come serpenti. di ALLOCCHI nel vangelo non si parla.

        1. SUSANNA ROLLI

          : )

        2. Alex

          Non mi sembra che manchino esempi di Papi, anche recenti, le cui parole siano state strumentalizzate dai media in un verso o nell’altro. Solo che prima di questo Papa la strumentalizzazione tendeva a essere basata su pregiudizi negativi e creava discordie soprattutto fuori dalla Chiesa. Adesso invece c’e’ un pregiudizio progressista che crea discordie all’interno della Chiesa stessa. In ambedue i casi il pregiudizio non fa ascoltare attentamente. Peraltro su questo ci sarebbe da osservare che tante delle manfrine tanto care al Foglio & co sono particolarmente italiano-centriche, tali da essere decisamente curiali e particolarmente aride rispetto all’esperienza dei cattolici in tanti altri paesi. Ci saranno sicuramente Papi piu’ o meno esperti di comunicazione pubblica – e mi sembra non sia la competenza principale richiesta nel ruolo, – ma credo che gli allocchi siano piu’ tutti quelli (dentro e fuori) che sono piu’ papisti del Papa e perdono il cuore del discorso, tutti presi a disquisire sulle singole espressioni riportate (guarda un po’) maliziosamente fuori dal contesto e avulse da un corpo di discorsi organici nel tempo.

      2. Cisco

        Infatti va di moda – prima di attaccare la chiesa – definirsi cattolici: da un lato ciò dimostra che “cattolico” e’ un termine che ancora viene (sopra)valutato per la sua valenza persuasiva; dall’altro da ciò consegue che la sua strumentalizzazione viene vista come l’unico modo per rivoluzionare il pensiero popolare rispetto all’agenda arcobaleno. Anche la Cirinna’ e Charamsa sentono il bisogno di definirsi cattolici, mentre non ho mai sentito un cattolico fedele e praticante – a partire dal Papa – definirsi tale come premessa di un discorso laico.

        1. giovanna

          Concordo pienamente, Cisco : non si può essere ingenui e non vedere la strumentalizzazione e nemmeno reagire.
          Che poi questo non sia l’unica cosa da fare, mi sembra ovvio , ma perché bisognerebbe tacere non lo capisco proprio.
          Anche perché la famosa espressione , maliziosamente riportata fuori dal contesto, continua ad essere riportata incessantemente e alla fine , alla milionesima citazione di filosofi e giornalisti e attori e compagnia bella “cattolici” la gente abbocca.
          Un piccolo esempio: la stessa frase, tagliata, fu citata da suor Cristina, una suora vera, ad un giornalista : credo in buona fede, ma se abbocca una suora, figuriamoci la gente comune.

          Tinti giò, la nostra trollona : immagino ti cancelleranno, ma ti voglio dire lo stesso che sei disgu stosa con questi nick trucidi, ma parimenti istruttiva di ciò che sei o, meglio, credi di essere, cioè una persona che vale meno di zero.

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