
Venezuela cartina di tornasole del governo gialloverde

Bene ha fatto il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani a proporre una risoluzione in cui esorta «l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, Federica Mogherini, a riconoscere Juan Guaidó come unico legittimo presidente ad interim del Paese fino a quando non saranno indette nuove elezioni presidenziali libere, trasparenti, credibili per ripristinare la democrazia». La risoluzione è passata a larga maggioranza (439 voti a favore contro 104), ma ci sono state 88 astensioni e fra queste si contano quelle dei deputati del M5s, Lega e sei del Pd (Goffredo Bettini, Brando Benifei, Sergio Cofferati, Cécile Kyenge, Andrea Cozzolino ed Elena Gentile).
FACCIAMOLI VOTARE
In un’intervista oggi al Corriere, Tajani ha spiegato il senso dell’iniziativa:
«Non vogliamo imporre un cambio del presidente con la forza. Chiediamo solo libere elezioni garantite da osservatori internazionali. Se Nicolás Maduro otterrà la maggioranza dei voti, le vincerà democraticamente. Se il popolo venezuelano lo boccerà, dovrà andarsene. In modo civile, senza vendette. L’Europarlamento punta a un percorso pacifico e a evitare la guerra civile, che rischia di scatenarsi se milioni di venezuelani restano senza cibo e medicine, con i diritti fondamentali violati, giornalisti arrestati, l’incredibile inflazione da milioni per cento».
LA GENTE È CONTRO MADURO
Il paese è alla fame. Il regime di Chávez e quello del suo successore Maduro l’hanno portato allo stremo. Povertà, inflazione alle stelle, oppositori incarcerati, libertà ridotta ai minimi termini. Il 23 gennaio in piazza a Caracas il presidente dell’Assemblea nazionale, Juan Guaidó, si è autoproclamato presidente ad interim, trovando il sostegno immediato del presidente Usa Donald Trump, di molti paesi sudamericani e dei vescovi locali. Ieri Guaidó ha denunciato un’irruzione nella sua abitazione a Caracas da parte delle Faes, le forze speciali fedeli a Maduro, «per suscitare paura, ma non ci sono riusciti». Secondo un sondaggio diffuso dalla Hercon Consultores, l’81,9% per cento dei venezuelani è al suo fianco e contro la dittatura.
PRINCIPIO DI NON INGERENZA?
La vicenda è un bella cartina di tornasole per comprendere gli orientamenti del governo gialloverde. O meglio: della confusione all’interno del nostro esecutivo. Se da un lato, infatti, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi si è schierato con Guaidó, ma ora è in difficoltà, e il vicepremier Matteo Salvini si è augurato la caduta del regime di Maduro il prima possibile, così invece non la pensano i grillini. «Non vogliamo un’altra Libia», ha detto il sottosegretario pentastellato Manlio Di Stefano. «È un atto politico che rischia di far precipitare la crisi. Siamo totalmente contrari al fatto che un Paese o un insieme di Paesi possa determinare le politiche interne di un altro Paese: si chiama principio di non ingerenza».
Per metterci una pezza a queste dichiarazioni avventate, è dovuto intervenire palazzo Chigi con una nota:
«L’Italia, in linea con la dichiarazione adottata dall’Alto Rappresentante UE a nome dei 28 Paesi membri il 26 gennaio scorso, ribadisce la sua massima preoccupazione per gli ultimi sviluppi in Venezuela. A tal fine si ricorda che l’Italia non ha mai riconosciuto le elezioni presidenziali tenutesi nel maggio 2018 e ribadisce la necessità di indire quanto prima nuove elezioni presidenziali».
Ma tutto ciò non ha fermato Di Stefano che, anche dopo una dichiarazione di Guaidò al Tg2 per chiarire che nel paese non esisteva alcun “rischio Libia”, ha ribadito i suoi convincimenti. Ci fossero dubbi sulla posizione dei grillini, li ha dissipati Luigi Di Maio: «Noi non riconosciamo né Maduro né Guaidò».
IL KISSINGER DEL VAFFANCULO
La posizione di Di Stefano e dei grillini non deve sorprendere più di tanto. Di Stefano è un vero funambolo: un uomo con poche idee e ben confuse. È lui che incensava il Venezuela perché «ha il programma di musica nelle scuole». Come scrive oggi Il Giornale, è lo stesso che
«aveva già dimostrato abilità geopolitiche fuori dal comune: “Una volta al governo rivedremo la nostra partecipazione alla Nato”; “L’Italia è complice dei danni con Israele”; “In Venezuela non si vive poi così male…”. Con una competenza tale non poteva che finire alla Farnesina e si deve alla prudenza del presidente Sergio Mattarella se Di Stefano è solo sottosegretario e non ministro come avrebbe desiderato Beppe Grillo. Insomma, si era capito che fosse candidato a diventare il nuovo Henry Kissinger del vaffanculo».
REALPOLITIK LEGHISTA
Più sorprendente la posizione della Lega che, da un lato, con Salvini, si schiera con Guaidó, ma dall’altro, con i suoi europarlamentari, si astiene. Tanta realpolitik, insomma. E forse c’entra qualcosa anche il fatto, come suggerisce oggi Libero, che l’Eni ha appena ottenuto dal Venezuela concessioni per l’estrazione di gas e petrolio.
Foto Ansa
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