La strategia “terrorem et circenses” di Maduro

Di Leone Grotti
06 Settembre 2024
Il dittatore del Venezuela anticipa il Natale per distribuire prima i regali con cui intende comprarsi il favore della popolazione. Ma davanti a una repressione senza precedenti, simili trucchetti non bastano
Protesta contro la rielezione di Maduro in Venezuela
Protesta contro il furto elettorale che ha permesso a Nicolas Maduro di essere riconfermato presidente in Venezuela (Ansa)

Prova a fare il simpatico Nicolas Maduro, ma la strategia “terrorem et circenses” non fa ridere nessuno. «È settembre e già si sente profumo di Natale!», ha dichiarato sorridendo il dittatore del Venezuela annunciando che anche quest’anno Gesù Cristo nascerà prima a Caracas. Per decreto, il Natale inizierà l’1 ottobre nel paese sudamericano dove il regime chavista ha messo in atto la più grande frode elettorale di tutti i tempi.

Maduro potrà così distribuire in anticipo le sue prebende come Babbo Natale, ma questa volta non basterà per accattivarsi il favore di una popolazione stremata da povertà e soprusi.

Perché Maduro manipola il Natale

Già l’anno scorso il Natale era stato anticipato all’1 novembre, mentre nel 2021 era cominciato il 4 ottobre, nel 2020 invece era partito il 15 ottobre. Durante le festività, il regime è solito distribuire aiuti alimentari nei quartieri popolari e bonus in busta paga ai dipendenti pubblici per comprare un po’ di «pace e gioia» a buon mercato.

Questa volta però non basterà. Dopo il furto elettorale alle presidenziali del 28 luglio, ratificato dalla Corte Suprema nonostante il Consiglio elettorale non abbia ancora pubblicato i risultati dei verbali (ma lo ha fatto l’opposizione dimostrando che Maduro aveva in realtà perso di oltre 30 punti percentuali), il regime ha scatenato un’ondata di repressione senza precedenti, per convincere con le cattive 32 milioni di venezuelani, 8 milioni dei quali fuggiti all’estero, che non è il caso di protestare.

In Venezuela è caccia all’opposizione

Ieri il dittatore è tornato a ripetere all’emittente statale Vtv che «stiamo continuando ad arrestare criminali e nelle prossime ore e nei prossimi giorni riveleremo i loro piani diabolici, fascisti». Il riferimento è ai membri dell’opposizione, in particolare alla leader María Corina Machado e al vero vincitore delle elezioni, Edmundo Gonzalez Urrutia, costretti ormai a vivere in semiclandestinità.

La Procura del Venezuela ha spiccato un mandato di arresto per Gonzalez lunedì, accusandolo di ««reati di usurpazione di funzioni, falsificazione di documenti pubblici, istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato, cospirazione, sabotaggio per danneggiare i sistemi e associazione terroristica». I due sono stati anche accusati di aver causato il blackout nazionale di venerdì, che ha lasciato l’intero paese al buio per quasi un giorno intero.

Il dittatore del Venezuela, Nicolas Maduro
Il dittatore del Venezuela, Nicolas Maduro (Ansa)

«Anche parlare con un tassista è pericoloso»

Mentre Maduro cerca di comprare con regali di Natale anticipati la popolazione, con la sua Operazione Toc Toc (Tun Tun in spagnolo), continua a far sparire nel nulla chiunque osi parlare contro il regime. Se nelle proteste scoppiate all’indomani del 28 luglio, sono state uccise almeno 24 persone, altre 2.400 sono state arrestate, la maggior parte delle quali in modo arbitrario, senza accuse formali.

Come dichiarato all’Adnkronos da un’italo-venezuelana che lavorava in radio, il terrore è a livelli senza precedenti: «Sono costretta a cancellare foto e video da Whatsapp. Non scrivo per messaggio date e luoghi degli appuntamenti: gli uomini del regime di Maduro possono arrivare in qualsiasi momento». «Uomini vestiti da militari possano piombare nel tuo appartamento, il volto coperto come dei delinquenti, e portare via qualcuno: senza neanche uno straccio di mandato legale», continua.

«Una volta ti portavano nel carcere di Roca Tarpeya, dove venivano rinchiusi i dissidenti, ma ora alcune persone non vengono neanche più portate lì: scompaiono, e nessuno sa che fine facciano». Chiunque può essere un informatore del regime e per questo nessuno osa discutere di politica: «Anche il tassista che ti porta a destinazione può rappresentare un rischio, non sai se fidarti».

Gli studenti costretti a chiedere «perdono»

Se ne sono accorti anche gli studenti dell’Universidad Arturo Michelena, il più grande ateneo privato di Valencia. A partire da agosto, racconta Armando.info, decine di universitari sono stati convocati dalle autorità dell’università e accusati di aver criticato la vittoria di Maduro e il regime.

Molti di loro, come O., che ha parlato solo sotto anonimato, hanno negato ma poi sono stati messi davanti a fascicoli contenenti tutti i messaggi inviati su Whatsapp all’interno di chat studentesche, infiltrate da emissari della dittatura.

Gli studenti sono stati costretti a firmare documenti con i quali chiedevano «perdono» sotto la minaccia di essere espulsi dall’università o di essere spediti in carcere.

La Chiesa attacca Maduro

Con gli Stati Uniti ancora indecisi se punire seriamente o meno il regime di Maduro, il sequestro dell’Air Force One di Caracas è poca cosa rispetto a possibili ritorsioni nel settore petrolifero, l’unica voce che osa levarsi contro la dittatura è quella della Chiesa cattolica.

Nonostante il clima di terrore, la Conferenza episcopale ha condannato «la campagna di repressione e persecuzione che ha portato a migliaia di detenuti, tra cui molti minorenni, accusati di reati molto gravi senza un regolare processo». Particolarmente preoccupante, ha aggiunto, «è la persecuzione a cui sono sottoposti i testimoni dei seggi elettorali, i comunicatori sociali, il candidato con il maggior numero di voti e i leader dell’opposizione, in chiara contraddizione con i principi della pluralità politica e dell’indipendenza dei poteri».

I vescovi hanno condannato anche la manipolazione del Natale, affermando che «questa celebrazione in quanto tale inizia il 25 dicembre con la nascita di nostro Signore Gesù Cristo».

@LeoneGrotti

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