Van Rompuy: meno rigore, più investimenti per occupazione

Di Chiara Rizzo
23 Giugno 2014
Il presidente uscente del Consiglio europeo lavora anche sulle indicazioni degli "sherpa" inviati da Roma, in vista del semestre di presidenza italiano: si punta su lavoro, crescita e competitività

“A Union of jobs, growth and competitiviness”: è il capitolo della nuova agenda della Commissione Ue cui sta lavorando Herman Van Rompuy, che segna forse più evidentemente di ogni altra cosa il lavoro svolto da Matteo Renzi nei suoi ultimi viaggi a Bruxelles e in vista del semestre di presidenza italiana. Il documento di Van Rompuy sarà pronto per dopodomani, mercoledì 25 e sarà reso pubblico il giorno dopo al vertice dei capi di stato e di governo Ue: nel documento di Van Rompuy potrebbe confluire anche parte del documento inviato dall’Italia in cui si sottolinea che “una rissa sulle nomine sarebbe incomprensibile agli occhi dei cittadini europei”, mentre occorrerebbe piuttosto “Incoraggiare le riforme strutturali a livello nazionale, pilastro della nuova agenda politica”.

TEMPI DI CAMBIAMENTO. D’altra parte è da una settimana che prosegue il lavoro diplomatico degli “sherpa” italiani e europei per arrivare ad un giro di boa nella politica comunitaria. Basta con l’austerità, i tagli, il rapporto deficit/Pil che non guarda a nient’altro. Lo stesso presidente uscente del Consiglio europeo ha capito in modo chiaro – e per questo ci lavora in prima persona con questo documento – la necessità di una nuova “Agenda dell’Unione in un periodo di cambiamento” (questo il titolo), dove l’attenzione è puntata ai sostegni e agli investimenti per l’occupazione e ripresa economica. In particolare Roma sta premendo in queste ore affinché nel capitolo dedicato al lavoro e alla crescita si dia anche spazio agli investimenti privati e ad un mercato unico dell’energia (che potrebbe consentire maggiori risparmi alle imprese). Inoltre a Bruxelles si lavora per limare il capitolo sul rispetto dei parametri di Maastricht, con l’introduzione del concetto di “margini di manovra” più flessibili, solo per quanto riguarda le riforme strutturali.

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