
Vai a fidarti dei preservativi…
Perché, nonostante le capillari campagne di prevenzione centrate sulla diffusione del preservativo, nei civili paesi dell’Europa e dell’America del Nord ogni hanno si registrano migliaia di nuovi casi di infezione da Hiv trasmessa per via sessuale, sia etero che omo? Perché il profilattico è solo uno strumento di contenimento, e non di prevenzione del contagio da Aids. In parole povere: non basta mettersi il preservativo per essere sicuri di non prendersi l’Aids. Fino a qualche anno fa questa spiegazione osava proporla soltanto mons. Jacques Suaudeau del Pontificio Consiglio per la famiglia, in articoli e conferenze che spesso provocavano reazioni infastidite. Oggi studi statistici e modelli teorici presentati nelle più importanti riviste scientifiche confermano che il preservativo non è un mezzo di prevenzione sicuro e accennano addirittura alla possibilità che la propaganda a favore del suo utilizzo favorisca la diffusione dell’Aids anziché frenarla.
Chiamatele pure cinture di insicurezza
Sulla famosa rivista medica britannica The Lancet J. Richens ha recentemente proposto un parallelo fra cinture di sicurezza e condom. I benefici apportati alla sicurezza stradale dalle prime sono oggetto di discussione: fra i 17 paesi più motorizzati del mondo i 14 dove le cinture di sicurezza sono obbligatorie hanno molti più morti della strada dei 3 dove l’obbligo non c’è. In Svezia gli studi non mostrano nessun collegamento fra l’uso crescente delle cinture e il numero degli incidenti mortali, in Gran Bretagna il dato è controverso: la riduzione del numero delle vittime sembra dovuta più alle campagne contro l’alcool, e in alcune annate risultano aumentati i decessi di pedoni, ciclisti e passeggeri dei sedili posteriori. Questi fatti potrebbero essere spiegati dalla teoria della “compensazione del rischio”: «Ogni volta che viene introdotto un dispositivo di sicurezza che produce una percezione attenuata del rischio, i vantaggi del comportamento rischioso diventano più attraenti e producono un aumento compensativo dei comportamenti a rischio che possono riportare il tasso degli incidenti al livello iniziale». In parole povere: indossate le cinture di sicurezza, i guidatori spingono il gas perché si sentono più sicuri, e di conseguenza causano molti incidenti mortali. Secondo Richens la teoria merita di essere estesa agli effetti delle campagne a favore del condom sui tassi di contagio da Aids: la falsa sicurezza indotta dall’uso del profilattico produce un aumento dei comportamenti a rischio, e quindi inevitabilmente un aumento delle occasioni di contagio. Perché, come è noto, il preservativo non è sicuro come metodo anticoncezionale, figurarsi come barriera contro l’Hiv, il cui agente è 450 volte più piccolo di una cellula spermatica. Il tasso di fallimento del condom come metodo anticoncezionale oscilla, a seconda dei gruppi di popolazione, fra il 5 e il 30 per cento (con una media del 15) dell’indice Pearl, che sarebbe il numero di gravidanze indesiderate in un anno ogni cento donne che utilizzano quel dato metodo contraccettivo. Studi su coppie sierodiscordanti (un coniuge positivo e l’altro negativo) e gruppi di omosessuali sieronegativi utilizzatori costanti del condom in tutti i rapporti hanno mostrato tassi di sieroconversione fra il 3 e il 10 per cento.
Se mille soldati si mettono a fare sesso…
Perciò l’effetto combinato dell’insicurezza intrinseca del condom e dell’aumento dei comportamenti a rischio che la sua promozione innesca tende a produrre l’opposto dell’esito desiderato: più infezioni anziché meno. A meno che l’incremento del tasso di utilizzo non sia elevatissimo. Richens propone un modello matematico basato sul presupposto che la disponibilità di condom induca i 1000 militari di una base all’estero a raddoppiare il numero dei loro atti sessuali su un arco di sei mesi e che il tasso di fallimento del condom come protezione sia del 10 per cento. Ne deriva che per mantenere stazionaria la percentuale di esposizione al rischio (appunto 10 per cento) è necessario innalzare il tasso di utilizzo del profilattico da un iniziale teorico 10 per cento a 61 per cento! Una prospettiva non proprio confortante.
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