
Good Bye, Lenin!
Václav Havel: diario di un imputato
Il prossimo ottobre il drammaturgo, dissidente e presidente Václav Havel (1936-2011) avrebbe compiuto 80 anni. Per l’occasione, fra le altre iniziative la Biblioteca Havel di Praga ha annunciato la pubblicazione del diario che l’allora dissidente tenne dal gennaio al maggio 1977 nel carcere giudiziario di Ruzyně, dove si trovava rinchiuso come portavoce e firmatario del primo documento dell’iniziativa informale Charta 77.
La mattina del 6 gennaio di quell’anno nel quartiere di Dejvice a Praga era accaduto un fatto inaudito: in piena stagnazione, come in un film, un’auto della polizia si era lanciata all’inseguimento di una Saab con a bordo lo scrittore Ludvík Vaculík, il drammaturgo Václav Havel e l’attore Pavel Landovský, che intendevano spedire alle autorità il documento n. 1 della neonata Charta, un manifesto in cui si chiedeva al regime comunista il rispetto dei diritti umani sulla base degli accordi internazionali sottoscritti a Helsinki.
Uno di loro aveva appena fatto in tempo a scendere dall’auto e a imbucare una quarantina di lettere prima di essere acciuffato dagli agenti con gli altri due. Ma ormai la frittata era fatta, e il primo documento di Charta 77 oltre ad arrivare al Castello finì nella redazione di Le Monde che ne diede per primo notizia in Occidente. Seguirono fermi, perquisizioni e arresti: lo stesso Havel fu condotto all’interrogatorio il 14 gennaio, e da lì, con l’accusa di «sovversione», finì per la prima volta nel carcere giudiziario di Ruzyně, dove rimase fino al 20 maggio.

«Il Partito prima indottrina i più giovani, trasforma in eroi i figli che denunziano i propri padri, e ora si pente…».
E proprio a quei mesi risalgono gli appunti, le annotazioni, le idee da sviluppare, che il drammaturgo dissidente fissò nel suo diario e che costituivano per lui una sorta di «igiene mentale» per non lasciarsi schiacciare dal meccanismo repressivo. Probabilmente nella pubblicazione ritroveremo anche gli appunti dell’ultimo colloquio che ebbe con il professor Jan Patočka proprio a Ruzyně, mentre attendevano di essere interrogati. Il filosofo già piuttosto anziano era stato a sua volta arrestato perché portavoce di Charta 77, ma poi il suo cuore non resse agli interrogatori e morì il 13 marzo.
Una volta in libertà, Havel riprese quelle note datate 1° maggio e ne sviluppò un bellissimo ricordo: «Da un momento all’altro potevano chiamare uno di noi, ma questo al professore non importava affatto: nel suo improvvisato seminario sulla storia dell’idea dell’immortalità umana e dell’umana responsabilità, soppesava le parole con la massima cura, come se avessimo avuto innanzi a noi un tempo illimitato (…). Alla fine mi invitò a recarmi al più presto da lui perché voleva parlare più a fondo di quella questione (…). Non andai: quel giorno, infatti, da Ruzyně non tornai più a casa, e il colloquio con Patočka sull’immortalità umana è stato l’ultimo colloquio con una persona diversa dagli impiegati del ministero degli interni e della giustizia, se si esclude la breve visita di mia moglie alla presenza di un poliziotto».
Il diario è stato ritrovato per caso da David Dušek, nipote di Zdeněk Urbánek, un vecchio amico di Havel, traduttore e saggista. Dušek vi si è imbattuto mentre riordinava dei vecchi scatoloni del nonno, e inizialmente pensava fossero scritti suoi; la grafia però gli richiamava altri testi di Havel, perciò ha sottoposto il diario all’esame dei collaboratori della Biblioteca Havel. Nessuno degli amici e familiari del drammaturgo era a conoscenza di questi appunti, e lui stesso non ne aveva mai parlato.
Il volume, che uscirà in ceco col titolo Václav Havel: diario di un imputato, sarà pubblicato dalla Biblioteca Havel in facsimile, e accompagnato da alcuni saggi che contestualizzeranno l’epoca e l’autore.
«Il diario di una dei periodi più drammatici della vita di Havel contribuirà a una migliore comprensione della sua situazione di allora, del suo ambiente, degli interrogativi tormentosi di fronte ai quali era stato posto e di come il potere si accanì contro uno scrittore non conformista», ha affermato il direttore della Biblioteca Michael Žantovský.
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