
Uscire dalla vita agra sudafricana. A cinque anni. E a ritmo di musica
Con questo articolo Lorella Beretta inizia la sua collaborazione con tempi.it. Curerà il blog Escape Sudafrica, raccontandoci il mondo dalla prospettiva della Rainbow Nation.
Riebeek Castle è una delle cittadine sudafricane più antiche, fondata nel 1661: nel mezzo del paesino, tutto sviluppato su un’unica via principale, c’è un monumento grigio che ritrae i vecchi carri dei pionieri olandesi che, contro tutto e contro tutti – compresa la Compagnia Olandese delle Indie –, lasciarono Cape Town per scoprire l’interno del Sudafrica ancora sconosciuto e pressoché inabitato.
Qui, tra montagne alte e innevate d’inverno, lì a fare da cornice a un susseguirsi di vallate dentro vallate dietro vallate, in maestose farm piantate in mezzo al nulla sono anche nati due primi ministri dei governi dell’Apartheid. Ora il paesino di 5 mila e poco più abitanti è famoso per la produzione delle olive e dell’olio. Oltre che ovviamente anche del vino, Shiraz in particolare.
Questo fine settimana si celebrava l’annuale festival, un fiume di vini da degustare, olive e marmellate in cui intingere un pezzetto di pane, carni essiccate e frutta fresca e frullati di frutta, pietanze come sempre da tutto il mondo, tante spezie e mobili antichi, quadri colorati, saponi profumati e fiori grandi e poi il mio musicista preferito e i suoi colleghi: lui è quello piccolino con la maglietta arancione.
Avrà sì e no cinque anni.
È facile capire il perché della preferenza, anche solo guardando qualche scatto. Con gli altri fa parte di un progetto di educazione che passa attraverso la musica, lo Steelband Project: «Disciplina e ascolto sono qualità fondamentali per suonare in una banda e permettere agli elementi della banda di divertirsi e far divertire il pubblico con le loro performance».
Il maestro di musica è un signore bianco di pelle e grigio di capelli, David Wickham, che è stato anche docente universitario d’inglese e da una quindicina d’anni è impegnato a dare ai ragazzi delle township un’occasione per uscire dalla vita agra a cui altrimenti sarebbero legati a doppio filo. E i ragazzi lo ripagano con disciplina e ottime performance e anche qualche magnifico sorriso che regalano anche agli estasiati ascoltatori.
Il progetto vive di autofinanziamento, seppure con qualche piccolo sostegno da alcune organizzazioni tra cui la Chiesa Cattolica del Western Cape, la Fondazione Nelson Mandela e da una ong svedese. Cose dell’altro mondo, in questo Sudafrica.
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