
Usa, la paura dell’anarchia favorisce Trump. I dem ora l’hanno capito

Donald Trump si conferma un animale da palcoscenico. Come riporta Repubblica, stando al sondaggio realizzato dall’Istituto Rasmussen durante le convention democratica e repubblicana, il presidente uscente americano ha recuperato terreno sullo sfidante Joe Biden. A meno di tre mesi dalle elezioni presidenziali del 3 novembre, il 46 per cento degli intervistati dall’istituto conservatore ha dichiarato che voterà per Biden, il 45 per cento per Trump.
CAMBIANO I SONDAGGI
Altre rilevazioni, da Cnbc/Change Research a Economist e Cnbc, danno ancora al candidato democratico un vantaggio più consistente (fino a 9 punti), ma come sottolinea ancora Repubblica solo «a metà a luglio Quinnipiac University aveva assegnato al democratico un margine di 15 punti».
Se il tycoon sta recuperando non è soltanto per la migliore riuscita della convention repubblicana. Come fa notare Massimo Gaggi sul Corriere della Sera, i democratici iniziano a capire, se pur in netto ritardo, che devono affrontare in modo diverso l’ondata di proteste antirazziste che sta devastando gli Stati Uniti. Ieri si è verificato un nuovo gravissimo episodio: a Kenosha, nel Wisconsin, un 17enne di nome Kyle Rittenhouse si sarebbe unito a una milizia per difendere città e polizia dalle proteste. Nella notte tra martedì e mercoledì avrebbe ucciso almeno una persona con un fucile durante le manifestazioni violente seguite al ferimento da parte della polizia dell’afroamericano Jacob Blake. Arrestato, è accusato di omicidio.
L’ERRORE DEI DEMOCRATICI SULLE VIOLENZE
Come scrive Gaggi, persino i conduttori della Cnn, «che per mesi hanno inneggiato alla resistenza contro il razzismo delle polizie, hanno cambiato rotta: gli americani, neri compresi, non vogliono meno polizia. Ne vogliono di più perché hanno bisogno di protezione, soprattutto nelle periferie del disagio sociale». La paura dell’anarchia è molto sentita dall’elettorato americano, continua il giornalista con base a New York, e non è un caso che il vicepresidente Mike Pence alla convention repubblicana abbia avuto buon gioco a definire Biden come «il cavallo di Troia della sinistra radicale»:
«Per mesi la sinistra americana si è rifiutata di considerare le violenze notturne e i saccheggi che avvenivano in margine alle grandi manifestazioni antirazziste come una vera emergenza. Dietro l’obiezione ideologica – è meschino preoccuparsi dei danni patrimoniali quando ci si batte per il diritto alla vita dei neri – c’erano anche considerazioni pratiche: sconvolta dalle immagini dell’uccisione di George Floyd da parte della polizia, la maggioranza dell’America si era schierata per la prima volta con le proteste di Black Lives Matter. Mentre Donald Trump, che aveva reagito mobilitando l’esercito, continuava a perdere terreno negli indici di popolarità. Per molti era ormai votato a una sconfitta inevitabile alle presidenziali del 3 novembre. Sottovalutando i problemi di ordine pubblico, il fronte progressista ha commesso un errore politico grave subito segnalato da molti. Un analista che, sulla base degli studi sui disordini degli anni Sessanta, aveva ammonito che mentre le grandi proteste pacifiche fanno guadagnare voti al partito democratico, gli atti di ribellione violenta gliene fanno perdere, era stato addirittura licenziato da Civiqs Analytics, un istituto di ricerche sociali vicino alla sinistra».
Ora che la situazione delle proteste e degli scontri tra opposte fazioni sta sfuggendo di mano, «i democratici hanno capito di dover prendere le distanze dallo slogan “defund police”: un errore che può essere dannoso per la loro campagna elettorale».
Foto Ansa
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