
Usa, elezioni midterm. Biden, troppo progressista, verso la batosta

È tempo di Election Day negli Usa, con gli americani chiamati alle urne per le elezioni di midterm. In palio ci sono tutti i 435 seggi della Camera e 35 (su 100) del Senato, oltre a 36 posti da governatore. Piuttosto che di Election Day sarebbe però corretto parlare almeno di Election Week. Se infatti già domani si potrebbe sapere se i repubblicani, a giudicare dai sondaggi dell’ultima ora, avranno strappato ai democratici la Camera, per il Senato servirà molto più tempo.
La mappa delle elezioni Usa di midterm
Molti seggi infatti sono in bilico e bisognerà attendere che vengano contati anche i voti che arriveranno lentamente per posta. Inoltre se in Georgia nessun candidato supererà la soglia del 50 per cento delle preferenze, si andrà al ballottaggio il 6 dicembre.
Secondo il New York Times, se i risultati di Wisconsin e Michigan arriveranno già domani, serviranno quattro giorni per avere quelli di Pennsylvania e Nevada, otto per quelli dell’Alaska, nove per l’Arizona, 10 per la Carolina del Nord e addirittura 16 per la Georgia.
Se tutti (o quasi) concordano sul fatto che la Camera si tingerà di rosso, il Senato resta in bilico. Secondo Politico sono sei le sfide che decideranno chi avrà la maggioranza: Mark Kelly (D) contro Blake Masters (R) in Arizona, Raphael Warnock (D) contro Herschel Walker (R) in Georgia, Catherine Cortez Masto (D) contro Adam Laxalt (R) in Nevada, Mehmet Oz (R) contro John Fetterman (D) in Pennsylvania, Ron Johnson (R) contro Mandela Barnes (D) in Wisconsin e Maggie Hassan (D) contro Don Bolduc (R) in New Hampshire.
Economia, inflazione, immigrazione
Secondo i sondaggi condotti dalla Cnn, in cima alla lista delle priorità degli americani c’è l’andamento dell’economia e dell’inflazione. Un tema che vede largamente favoriti i repubblicani, secondo le rilevazioni di Fox News e YouGov. Una larga maggioranza di elettori, infatti, ritiene che le politiche democratiche dell’ultimo biennio non abbiano fatto che peggiorare l’economia. Per gli americani è poi molto importante la gestione dell’immigrazione. E anche su questo fronte gli elettori sono certi che i repubblicani saprebbero meglio affrontare il problema.
Solo il 9 per cento degli elettori, secondo la Cnn, ritiene infine che la salute della democrazia americana sia al centro del voto di midterm. Allo stesso modo, il crimine non sembra essere generalmente tra le priorità degli americani al pari dell’aborto (con buona pace dei media, cui piace moltissimo parlare di questi due argomenti).
Joe Biden e l’allarme democratico
La prospettiva per Joe Biden e il suo partito non è affatto rosea. E questo è il motivo per cui il presidente americano, nel suo ultimo appello agli elettori, non ha parlato se non di sfuggita di criminalità, immigrazione, economia o inflazione. Ha invece puntato tutto sul vecchio cavallo di battaglia del 2020, che gli permise, se pur di poco, di superare Donald Trump: la democrazia americana è in pericolo e l’unico modo per salvarla è votare democratico.
Ma puntare tutto sull’allarme democratico appare come un segnale di debolezza o un implicito riconoscimento delle difficoltà riscontrate dai democratici nel governo del paese negli ultimi due anni. Infatti, come scrive su The Dish il noto giornalista Andrew Sullivan, da due anni Biden fa di tutto per «perdere i voti di centristi e moderati» trasformandosi nel capofila «dell’agenda di estrema sinistra».
Il presidente americano, sostiene Sullivan, non ha contrastato efficacemente l’immigrazione, ha aumentato a dismisura la spesa pubblica favorendo l’aumento dell’inflazione, ha promosso politiche a favore dell’aborto senza limiti («con i fondi pubblici»), ha rimpiazzato il sesso biologico con i «”generi” postmoderni», ha imposto la controversa teoria critica della razza nelle scuole, ha cercato di regolare la «disinformazione» nei media, ha abbreviato le procedure per il cambiamento di sesso dei minori, ha ignorato il problema della criminalità, senza considerare che essa danneggia soprattutto gli afroamericani.
«Voterò repubblicano»
È per questo, conclude Sullivan, che alle elezioni di midterm «voterò per un candidato repubblicano e per l’indipendente più conservatore che riuscirò a trovare». Con l’obiettivo di mandare un messaggio al partito democratico Usa: abbandona l’agenda di estrema sinistra e torna al centro prima che sia troppo tardi.
Secondo un’analisi di Ruy Teixeira su The Atlantic, forse è già troppo tardi: la classe operaia americana, anche quella composta da afroamericani e ispanici, negli ultimi dieci anni si è radicalmente spostata sul partito repubblicano, sentendosi tradita dai democratici.
Trump pensa solo al 2024
Di fronte a un simile scenario, il migliore alleato dei democratici potrebbe essere proprio Donald Trump. Il tycoon, infatti, nei suoi comizi, ha pensato più a fare campagna elettorale per se stesso, in vista delle elezioni presidenziali del 2024, che a concentrarsi sul voto di oggi.
Emblematico il penultimo comizio di domenica in Florida, dove il principale avversario repubblicano alla corsa presidenziale del 2024, Ron DeSantis, è ricandidato a governatore. Trump non ha invitato il suo compagno di partito sullo stesso palco e i due hanno condotto due comizi separati.
I repubblicani, divisi, non hanno già vinto
Parlando agli elettori repubblicani, Trump non si è spinto fino al punto di sconsigliare di votare per DeSantis, ma l’ha ripetutamente preso in giro chiamandolo DeSanctimonious (il “baciapile”, un riferimento allo spot elettorale “So God made a fighter”), come già fatto in passato, per indebolire la sua eventuale candidatura alle primarie di partito.
Per quanto i repubblicani siano in vantaggio, non hanno ancora vinto. E dare per scontato il trionfo è il miglior assist che si possa fare a un partito democratico mai così in difficoltà.
Foto Ansa
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