
Tra Usa, Cina e Russia il commercio è continuazione della guerra con altri mezzi

Il boom degli scambi fra Cina e Russia come conseguenza indiretta delle sanzioni economiche imposte dall’Occidente a Mosca a causa dell’invasione dell’Ucraina è realtà, così come lo è la forte ripresa dell’economia cinese dopo l’abrogazione delle severissime misure restrittive adottate per contrastare l’epidemia da Covid, ma le merci spedite in Russia restano una frazione (3 per cento) del totale delle esportazioni di Pechino nel mondo.
L’unica area geografica verso la quale le esportazioni cinesi hanno continuato a diminuire anche in marzo, il mese del grande rimbalzo commerciale cinese, sono gli Stati Uniti. Paese le cui aziende sono selettivamente entrate nel mirino di sanzioni commerciali e altre forme di rappresaglia da parte della Cina, infuriata per quello che definisce un “embargo tecnologico” ai suoi danni da parte degli Stati Uniti.
Le esportazioni “politiche” della Cina verso la Russia
Nel marzo scorso le esportazioni cinesi verso la Russia sono più che raddoppiate rispetto a un anno fa, raggiungendo il valore di 9 miliardi di dollari, record storico dell’export cinese in un mese sul mercato russo. Se si considera il primo trimestre dell’anno nel suo insieme, l’export cinese in Russia è stato di 24 miliardi di dollari, il 48 per cento in più di un anno fa. L’anno scorso gli scambi fra i due paesi hanno toccato i 189 miliardi; la tendenza di quest’anno fa pensare che potrebbe essere raggiunto in anticipo l’obiettivo che Vladimir Putin aveva fissato per il 2024, e cioè i 200 miliardi di dollari di scambi fra i due stati.
Considerevole per il suo significato politico, l’export cinese in Russia appare modesto quando lo si confronta con quello diretto ai paesi dell’Asean (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam), che nel marzo scorso ha toccato i 56 miliardi di dollari, per una crescita del 35,4 per cento rispetto a un anno prima. È vero che i dieci paesi dell’Asean hanno una popolazione combinata che è quattro volte e mezzo superiore a quella della Russia (667 milioni contro 143 milioni), ma le loro importazioni dalla Cina sono più di sei volte quelle della Russia. Queste ultime, secondo tutte le fonti ufficiali e pubbliche, non comprendono fino ad oggi armamenti, tranne alcune forniture di interesse militare: apparecchiature per il volo degli elicotteri Mi-17, tecnologie per disturbare le comunicazioni, parti di radar, telecamere a infrarossi, pezzi di ricambio per gli aerei da combattimento Sukhoi Su-35.
Anche le esportazioni cinesi verso l’Unione Europea hanno ripreso a crescere dopo due mesi – gennaio e febbraio – in flessione rispetto all’anno scorso; in marzo l’aumento è stato del 3,4 per cento rispetto al marzo 2022. Invece l’export verso gli Stati Uniti ha continuato ad avere il segno negativo rispetto all’anno scorso: per il terzo mese di fila il dato del 2023 è stato peggiore di quello dello stesso mese nel 2022; stavolta la flessione è stata del 7,7 per cento.
Le rappresaglie di Pechino contro l’Occidente
Negli ultimi due mesi la Cina ha lanciato un’offensiva mirata contro alcune aziende americane che vuole essere una rappresaglia per le misure adottate prima da Donald Trump e poi da Joe Biden per limitare l’espansione dell’influenza cinese: sono state promulgate nuove sanzioni contro industrie militari come Lockheed Martin e Raytheon per le loro vendite di armi a Taiwan, è stata lanciata un’inchiesta giudiziaria sull’azienda produttrice di chip Micron, sono stati perquisiti e sequestrati gli uffici a Pechino della società di revisione contabile Mintz, mentre cinque dipendenti cinesi dell’azienda sono stati arrestati.
Anche giapponesi e britannici hanno sofferto: in marzo è stato arrestato con accuse di spionaggio un impiegato giapponese dell’azienda farmaceutica Astellas Pharma di Tokyo; un altro gigante della revisione contabile, la londinese Deloitte, ha visto la sua filiale cinese sospesa dalle attività per tre mesi e multata per l’equivalente di 31 milioni di dollari per mancata sorveglianza nei riguardi della China Huarong Asset Management, società di gestione patrimoniale finanziaria che nel 2020 ha avuto perdite per 15 miliardi di dollari.
Le sanzioni contro Lockheed Martin e Raytheon sono puramente simboliche, in quanto le due aziende non sono autorizzate da Washington a vendere i loro prodotti in Cina. Maggiori preoccupazioni suscita la revisione del ministero del Commercio sulle tecnologie del settore dell’auto elettrica che non potranno più essere esportate all’estero; queste potrebbero riguardare la raffinazione di terre rare e la tecnologia lidar (light detection and ranging) per le auto senza pilota. Si teme pure che Deloitte sia solo la prima vittima di una stretta che potrebbe presto riguardare tutte le grandi aziende di revisione contabile, cioè Bain, McKinsey e Boston Consulting Group.
Processo (impossibile) all’embargo sui semiconduttori
Le rappresaglie cinesi in atto ma soprattutto quelle ventilate potrebbero rappresentare una forma di mercanteggiamento con gli Stati Uniti, per convincere l’amministrazione Biden ad allentare le restrizioni sull’accesso alle nuove tecnologie dei semiconduttori da parte della Cina entrate in vigore nell’ottobre dell’anno scorso. Pechino ha intentato un’azione legale presso il Wto contro l’embargo americano sull’esportazione in Cina di nuovi semiconduttori e delle tecnologie per la loro produzione, ma finora senza successo.
Probabilmente la causa verrebbe respinta perché gli Stati Uniti possono avanzare giustificazioni di sicurezza nazionale per la limitazione delle esportazioni di tecnologia in Cina, ma nella realtà non ci sarà nessuna decisione da parte degli organi incaricati della risoluzione dei conflitti commerciali: dalla fine del 2019 l’Appellate Body del Wto, l’organo di decisione ultima nelle controversie, è bloccato per l’ostruzionismo degli Stati Uniti che impediscono il rinnovo dei sette membri che lo compongono. Alla fine del febbraio scorso la delegazione americana ha bloccato per la 63esima volta le proposte per riavviare il processo per la selezione dei sette membri tutti scaduti.
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