Università livellate verso il basso

Di Giorgio Vittadini
06 Febbraio 2003
L’esperienza degli studenti italiani che frequentano i corsi per undergraduate americani

L’esperienza degli studenti italiani che frequentano i corsi per undergraduate americani mostra che, non in tutto e ovunque, la nostra università è inferiore a quella americana. Certo, non c’è neanche la possibilità di paragonare il livello dei master e dei ph-D con i master e i dottorati italiani. Le università americane si fanno concorrenza tra loro, non esiste il valore legale del titolo di studio, la gran parte delle risorse è investita non per i corsi di primo livello, per i master e i dottorati. Perciò i master e i dottorati di alcune università formano la classe dirigente e intellettuale migliore di tutto il mondo, mentre i corsi di primo livello di numerosi colleges si sono rivelati, negli ultimi anni, più scadenti di un buon liceo italiano. In Italia si è permesso alle camere di commercio, ai comuni, alle associazioni di imprenditori, di fondare in piccole località università destinate ad essere irrimediabilmente di serie B; il valore legale del titolo di studio illude sul fatto che la laurea valga in modo uguale ovunque venga conseguita; solo risorse residue e marginali sono destinate ai dottorati. Tuttavia, in alcuni atenei i corsi di primo livello sono di ottimo valore e formano studenti capaci di spirito critico e di buona preparazione generale. Si può pensare che, forse perché non si poteva fare diversamente, quasi senza volerlo si è anteposta una buona preparazione di massa a una preparazione di eccellenza per i migliori. Oggi la riforma proposta dai governi precedenti, senza investire un centesimo di euro, rischia di sfasciare le lauree di primo livello, permettendo pericolose semplificazioni dei contenuti e degli esami. L’illusione di diminuire gli abbandoni universitari rischia di privare i giovani e la società intera di quello che c’è di più valido internazionalmente nelle università italiane. Perché neanche ai fautori della libertà e della democrazia liberale viene in mente che, rendendo veramente autonomi gli atenei, liberi di perseguire una politica attiva nella ricerca del personale, nella fissazione della severità degli studi, nel reperimento degli studenti, si potranno avere almeno alcune università dove si possa realmente studiare. O forse alcuni, secondo l’ispanica tradizione delle grida invece di abolire il titolo legale di studio preferiscono abolire lo studio.

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