Una cella in piazza, per capire cosa significa vivere in sette in sette metri quadrati

Di Chiara Sirianni
17 Maggio 2013
«Vedere che i nostri detenuti sono spesso costretti a stare in pochi metri quadrati vale più di mille parole». Iniziativa di sensibilizzazione contro il sovraffollamento penitenziario

Due letti a castello, tre sgabelli, sei armadietti. Un tavolino, un mobiletto. Servizi igienici, piccolo piano cottura, un lavandino. In tutto sette metri quadri. È una cella in tutto e per tutto, ricostruita e portata nelle piazze italiane per far capire cosa significhi passare almeno venti ore al giorno, 365 giorni all’anno, in un carcere italiano. In quei sette metri dovrebbero stare due persone, ma spesso sono quattro. In alcune strutture, sette: si fanno i turni per stare in piedi e sgranchirsi un po’ le gambe. La struttura è stata realizzata dai detenuti del carcere Montorio di Verona, sta girando l’Italia e da ieri sera è a Milano, a Piazza San Fedele. Rimarrà qui tre giorni. Chiunque può entrare, ma pochi riescono a passarci più di qualche minuto: manca l’aria, lo spazio vitale è ridotto al minimo.

Un’occasione per valorizzare il Convegno dell’Unione Camere Penali, organizzato a Milano dall’Osservatorio carcere Ucpi, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino. Sabato mattina, nella sessione di chiusura dedicata all’ergastolo ostativo, oltre agli interventi del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del consigliere del Csm Vittorio Borraccetti e del presidente della Camera Penale milanese Salvatore Scuto, è previsto un contributo di Carmelo Musumeci, ergastolano protagonista della campagna per l’abolizione dell’ergastolo che ha riportato questo delicato tema al centro del dibattito.

«Si va in carcere perché si è puniti, non si va in carcere per essere puniti» riassume Mirko Mazzali, consigliere comunale di Sel, che fa parte del direttivo della camera penale di Milano Giandomenico Pisapia ed è vice presidente della Commissione Carcere. «Quando si parla di sicurezza, in generale, spesso lo si fa a sproposito. Per questo sensibilizzare è importante: vedere che i nostri detenuti sono spesso costretti a stare in pochi metri quadrati vale più di mille parole».

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3 commenti

  1. Renato

    A differenza di Pannella che vuole suotare le carceri, mi chiedo come mai non si vada lla radice del problema. Che è nell’avere giudici (non eletti) di provenienza nella gran parte meridionale, che lavora si e no 4 ore al giorno (a detta delle inchieste, ma che è invece molto meno). Se un giudice va al mare a mangiarsi la pizza e a godere d’o sole, come si fa ad avere un Giustizia efficiente e valida? Neppure nel Burghina Faso si lavora di meno… Ma la cosa non è facilmente risolvibile, perché questo Stato, che paga un Napolitano assai più della regina d’Inghilterra, ha un solo figlio, che è (guarda un po’) meridionale. C’è da credere che non verrà mai posta scure a questo malaffare. Ma per fortuna c’è Pannella che vuole lo svuotamento delle carceri, bontà sua. A nostro rischio, ma questo non lo preoccupa.

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