Un testimone eccellente: «E’ dal ’93 che ne parlo…»

Di Tempi
29 Gennaio 2004
Se si è deciso di riaprire il caso della morte di Francesco Narducci, il medico perugino scomparso nell’ottobre 1985

Se si è deciso di riaprire il caso della morte di Francesco Narducci, il medico perugino scomparso nell’ottobre 1985 nelle acque del lago Trasimeno, è perché un altro medico ha potuto descrivere nei particolari le strane modalità con cui fu gestito il presunto ritrovamento del cadavere. è la stessa persona che nel 1993 parlò con il collaboratore di Tempi che lo intervista, e che ha almeno due buone ragioni (di sicurezza personale e motivi processuali, c’è un filone di inchiesta ancora aperta Perugia in cui il nostro medico figura tra i testimoni) per chiedere e ottenere da Tempi l’anonimato.
Dottore, come mai fin da subito cominciarono a circolare tutte quelle voci a Perugia sul conto di Francesco Narducci?
Il “mostro” aveva ucciso le ultime sue due vittime in settembre; un mese dopo il gastroenterologo scomparve per essere ripescato tre giorni dopo morto nel lago. Allora tutti dicevano che il serial killer poteva essere un medico, abile nell’uso del bisturi e nel sezionare i corpi ma anche pratico nella conservazione dei tessuti organici asportati dalle vittime. I cosiddetti feticci.
Ma ci fu dell’altro…
Certo, il medico legale di turno quella mattina non fu convocato per i rilievi del caso quando riportarono a riva il Narducci. Al suo posto andò una giovane dottoressa, che stilò un referto di annegamento senza tuttavia effettuare alcuna autopsia. Il medico legale non avrebbe mai potuto avallare una simile procedura. Inoltre colpì la velocità con cui si volle adempiere a tutte le incombenze burocratiche e legali che accompagnano il ritrovamento di una persona deceduta. Di solito è necessario più di un giorno, quando si tratta di cadaveri a disposizione dell’autorità giudiziaria. Ciò avviene nel caso di suicidi, sospetti omicidi oppure decessi la cui origine non è chiara. Allora in un paio d’ore fu tutto finito e quello che dissero essere Narducci fu chiuso nella cassa. Pensi che non lo fecero vedere neppure alla moglie.
Da qui a dire che lui era il mostro però ne corre.
Da quel giorno calò una cortina di omertà impenetrabile su tutto ciò che poteva aver a che fare con quella morte. Di lui nessuno voleva parlare. Inoltre Perugia è una città piccola e qui tutti conoscono tutti. Narducci poi era molto noto, perché figlio di un notissimo ginecologo. Lui stesso lavorava alla clinica universitaria, dove era assistente. Tempo dopo ebbi anche una confidenza. Durante certe intercettazioni telefoniche autorizzate dopo il tentato rapimento di un ragazzo di Foligno qualcuno disse: “Dateci il ragazzo o vi facciamo fare la fine di Narducci”. Si trattava di gente che cercava vittime sacrificali per una messa nera. Ecco perché il magistrato che ha riaperto il caso ha potuto collegare l’indagine a quella del cosiddetto mostro.
Dunque non c’entra l’usura, come hanno scritto i giornali. Tuttavia sono passati quindici anni prima che qualcuno si decidesse a far luce…
Un suo collega ci ha provato. A lui raccontai ciò di cui fui testimone e credo che quello che avvenne dopo non fece che confermare il sospetto che effettivamente nell’85 si volle nascondere qualcosa.
A cura di P. L.

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