
Un romanzo da leggere tutto d’un fiato. E l’ho scritto io (ma non ve lo dico)
Il Corriere racconta la notizia di uno scrittore narciso che recensisce su internet i suoi romanzi gialli. Lui è Roger Jon Ellory, autore di thriller di origine inglese. È stato lui stesso ad ammettere di aver recensito entusiasticamente le sue opere su Amazon per dare vita a quel passaparola internettiano capace di far schizzare in alto le vendite. La pacifica ammissione non è piaciuta ai su0i lettori, che sulla sua fanpage di Facebook – ad essere sinceri poco frequentata – commentano il misfatto: «Che delusione leggere la tua ammissione sulle recensioni false sul sito di Amazon. I tuoi libri mi hanno sempre divertita, non pensavo che credessi necessario ricorrere a tanto». Alla lettrice delusa risponde anche un non lettore di Ellroy, capitato sulla pagina proprio dopo aver letto dell’imbroglio: «Non ho mai letto nulla di questo signore e dopo quello che ho scoperto credo che non lo farò mai!».
LA CLAQUE. Ellroy ha buttato la maschera e chissà se le sue vendite ne risentiranno, ma alzi la mano chi per una volta non ha pensato, leggendo commenti e recensioni su libri e articoli di qualsiasi natura, che ci fosse una specie di clacque dietro a frasi del tipo «Un libro senza il quale non potrei più vivere», «un articolo scritto da una promessa del giornalismo italiano», «una scrittura accattivante, ecco il nuovo Pasolini». Perché la verità è che gli utenti di Internet sono in primo luogo velocissimi e in secondo luogo pigri. Per scrivere un commento a un articolo, una recensione sull’ultimo cd o sull’ultimo libro letto, bisogna registrarsi, loggarsi, scrivere, commentare. Pensate a quanta gente conoscete disposta a perdere minuti preziosi solo per dire che la canzone di tal dei tali è bellissima e tal dei tali merita come minimo 25 Grammy Awards o il premio Nobel per la letteratura. Forse solo gli appartenenti alla categoria “super fan” (dell’artista in questione o della condivisione in Rete).
IMPARARE DA ORWELL. Chiunque scriva canzoni, poesie, articoli di giornale, romanzi o liste della spesa, un po’ narciso lo è. E non vedere i “mi piace”, i tweet o i commenti alle sue produzioni può rendere frustranti le giornate davanti allo schermo. Perché il tempo delle lunghe promozioni è finito, ora tutto si decide online, praticamente in tempo reale, e bastano a volte un centinaio di commenti a sancire la vita o la morte di un aspirante talento in erba. Certo, l’inganno non si discute, anche perché su Internet – molto più che nella vita reale – tutti sono portati credere alla “buona fede”, quella secondo cui le truffe non esistono e le recensioni sono il metodo più affidabile al mondo per decidere o meno un acquisto, sia culturale che tecnologico. Ma Ellory ha semplicemente applicato un metodo conosciuto e perpetrato da tempo: la promozione fai da te, che sia opera dell’amico critico (che troverà il modo di vedersi restituito il favore) o da un alterego nascosto sotto altre fattezze. Come salvarsi allora da una giungla di recensioni vere o presunte? Accettando il consiglio di George Orwell, presente nel suo Nel ventre della balena e altri saggi: «Dovrebbe essere possibile escogitare un sistema, anche molto rigoroso, per classificare i romanzi in serie A, B, C e così via, in modo che, se il recensore loda o condanna un libro, il lettore è in grado di trarne le debite conclusioni».
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