Per un governo di stabilità

Di Rodolfo Casadei
24 Ottobre 2011
«Ci ispiriamo ai valori religiosi e a quelli moderni. Come i democristiani europei». Parla El Arhid, numero due del partito candidato alla vittoria

Pubblichiamo l’articolo di Rodolfo Casadei, inviato da Tunisi, uscito sul numero 42 di Tempi.

Ennadha, principale partito islamista tunisino, vincerà le elezioni di domenica 16 ottobre con una maggioranza relativa di voti. La cosa è talmente certa che, se non dovesse verificarsi, saremmo sicuramente in presenza di brogli elettorali, con tutte le catastrofiche conseguenze sul piano locale e su quello più generale del destino della “primavera araba”. Il partito vincerà non tanto in forza del suo messaggio, ma per il fatto che si tratta della forza politica più perseguitata dall’esecrato regime di Ben Ali. Nel solo biennio 1990-91 gli arresti di simpatizzanti o militanti della formazione islamista sono stati 30 mila. Alcuni dirigenti hanno trascorso lunghi periodi in carcere: Ali El Arhid, presidente del comitato costitutivo di Ennadha e dunque numero due del partito dopo il leader carismatico Rached Ghannouchi, ha scontato una pena di 14 anni di reclusione, di cui 13 in isolamento. A Tempi ha rilasciato una lunga intervista.

Presidente, come descriverebbe l’ideologia e i contenuti di Ennadha?
Vogliamo uno Stato civile dove diritti e doveri siano basati sulla cittadinanza, indipendentemente dal sesso, la religione, l’origine sociale o regionale delle persone. Diciamo “no” a uno Stato ateo in guerra contro la religione, ma diciamo “no” anche a uno Stato religioso che usi gli stessi strumenti di quello ateo per imporre le leggi religiose. Vogliamo uno Stato democratico capace di coniugare modernità e identità culturale, che nel nostro caso è quella di una paese arabo-musulmano. Soprattutto non vogliamo che lo Stato si ingerisca nella vita dei cittadini sotto vari pretesti. Siamo sulla stessa linea dei partiti democristiani europei: ci ispiriamo ai valori religiosi ma anche a quelli moderni.

Ma quali sono i contenuti specificamente islamisti del programma di Ennadha? Intendete introdurre la sharia? Manterrete lo statuto personale della donna? Volete proibire l’alcol e censurare i media per ragioni morali? Volete rendere il velo obbligatorio per le donne musulmane?
Se per sharia si intendono le leggi concepite dai nostri antenati, ispirate alle loro realtà e alla loro comprensione della religione, no, non la vogliamo: noi viviamo una realtà diversa che richiede soluzioni diverse con mezzi diversi, propri dello spirito tunisino. Se per sharia si intendono leggi non in contraddizione coi grandi valori della nostra religione, sì, siamo per la sharia. Siamo per un compromesso fra religione e modernità, siamo per la difesa di tutte le differenze attive moderne, sia di origine occidentale che orientale. Per quanto riguarda i diritti della donna, non solo non vogliamo comprimerli, ma anzi vogliamo espanderli, vogliamo passare dalle parole contenute nelle leggi ai fatti: vogliamo che veramente le donne accedano al mondo del lavoro e alle più alte cariche di responsabilità. Vogliamo che siano libere di scegliere se portare o no il velo. Quanto all’alcol o ai bordelli (che in Tunisia sono legali, ndr), non è con leggi proibizioniste che si deve intervenire: sarà l’evoluzione della società, attraverso l’opera degli educatori e degli scienziati, a far estinguere queste cose. Vogliamo aprire le porte della libertà, e non chiuderle. Lo Stato non solo deve rispettare le libertà, ma deve anche garantirle.

Cosa pensa dei salafiti, che stanno dando problemi? Che rapporti avete con loro?
Caratteristica comune dei gruppi salafiti è una visione della religione un po’ ristretta, a volte molto ristretta. Ciò è una conseguenza della dittatura, della povertà culturale in cui ha costretto la gente e del controllo poliziesco sulle moschee che ha impedito a esse di svolgere il loro ruolo di corretta formazione religiosa. Il risultato è stato che la gente si è rivolta ai canali satellitari stranieri per le sue esigenze di cultura religiosa e tanti sono diventati salafiti. Ma quando riusciamo a dialogare con loro, facilmente gli facciamo cambiare idea, perché le loro basi culturali sono veramente fragili. Premesso questo, siamo contro le loro violenze e i loro attentati alla libertà. Anche se pure la libertà deve avere dei limiti.

A questo proposito, cosa mi dice della vicenda della proiezione di Persepolis su Nessma Tv?
La tivù ha sbagliato, e non è la prima volta che questa rete compie provocazioni: lo aveva già fatto con una trasmissione sui compagni del profeta. Stavolta hanno mostrato una personificazione di Dio, e questo ha profondamente ferito la gente. Non ci sono scuse o spiegazioni. Anche i più laici fra i tunisini si sono arrabbiati. Tutti si chiedono: cosa sta cercando questa gente, in tempo di campagna elettorale? Vogliono l’unità nazionale o vogliono la divisione? Contro questa trasmissione era giusto protestare, ma non con la violenza.

Per il dopo-elezioni auspica un governo di unità nazionale o governa chi vince?
Siamo per un governo di larghe intese. Anche se disponessimo della maggioranza assoluta all’indomani del voto, punteremmo a governare insieme ad altri. Serve un governo stabile perché ci sono decisioni importanti da prendere.

Cosa pensa di quello che è accaduto in Egitto, della manifestazione dei copti finita nel sangue?
Ogni volta che la vita politica dell’Egitto conosce un momento critico, ci troviamo di fronte a manipolazioni della questione copta: ogni volta c’è chi getta benzina sul fuoco, chi semina discordia fra comunità che convivono da secoli. Spero che gli egiziani superino queste tensioni, riguadagnino la pace e l’unità nazionale e che avanzino sulla strada che porta alla democrazia, che meritano per la rivoluzione che hanno fatto. È nell’interesse di tutto il mondo e specialmente dei paesi del Mediterraneo.

C’è un paese o un partito politico straniero a cui vi ispirate?
Rispondo: l’Akp turco. Ma è una risposta personale, non ufficiale del partito.

Anche per la politica estera?
No. La Tunisia non sarà mai un paese interventista e non cercherà di giocare un grande ruolo sulla scena internazionale.

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