
Un fantasma si aggira per il centrodestra disunito: la vittoria (ringraziare Renzi)

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Un fantasma si aggira per il centrodestra: lo spettro della vittoria. E non mi riferisco tanto alle imminenti amministrative, lì dove i litigiosissimi leader della coalizione berlusconiana che fu – e che governò l’Italia con la più alta maggioranza nella storia repubblicana – sono riusciti pressoché ovunque a raggiungere un patto sulle candidature comuni. Sto parlando della non lontana prospettiva di elezioni politiche, siano esse a fine giugno come sogna l’impaziente Matteo Renzi (improbabile, ma chissà) oppure in autunno o l’anno prossimo, a scadenza naturale di legislatura.
Questo fantasma si annida nei sondaggi e nel senso comune, nei traffici di parole spese ai crocicchi che contano, dentro i morbidi e sfiatati salotti del potere, nei retropensieri che si rincorrono fra i palazzi dell’establishment editoriale e finanziario. «Incredibile, ma vero: se Berlusconi riesce a riavvicinare a sé Fratelli d’Italia e Lega, se ottiene una legge elettorale vagamente premiante per le coalizioni, rischia davvero di vincere. Male che vada, arriva secondo dopo i Cinque stelle e sarà lui a gestire la partita della Grande Coalizione con il Pd per sbarrare il passo ai grillini». Parole d’un analista politico di rango. Certo, ci sono ancora troppi “se” a fare la differenza. Certo, il Cav. conserva una quota d’imprevedibilità superiore alla sua lungimiranza. E tuttavia ci sono alcuni punti su cui riflettere.
a) L’elettorato di area centrodestra, smoderato e inattivo, si mostra più maturo dei politici di riferimento. In presenza di un’offerta unitaria decente, esce dalla latenza e torna a galvanizzarsi se intravede un margine di vittoria.
b) Berlusconi si avvicina agli 81 anni, è ancora incandidabile, è sotto processo a Milano per i noti fatti (Ruby ter eccetera), sta rimpannucciando Mediaset dopo gli assalti di Vivendi e ha appena venduto il Milan; oltretutto è privo di un disegno politico chiaro, per ora si limita a un casting occulto per rinverdire Forza Italia. Disastro? Al contrario! I numeri lo dichiarano competitivo perfino in queste condizioni, e queste condizioni sono modificabili da qui ai prossimi mesi, con la sola incognita giudiziaria milanese, ma pure con la prospettiva di una grande riabilitazione simbolica da parte della Corte di Strasburgo.
c) Il fronte sovranista non è poi così unito come si crede. Giorgia Meloni, ex ministro berlusconiano, studia da governante e non da custode dei rancori d’opposizione; ha una vocazione coalizionista ed è incoraggiata dalla possibilità di gestire il dopo Berlusconi all’interno del perimetro di Arcore. Matteo Salvini ci crede meno ma non è un masochista, e non può sfidare oltre ogni dire la pazienza di Roberto Maroni e Luca Zaia, i cavalieri del Nord legaforzista.
d) Il nemico è alle porte e spara, ma colpisce a casaccio. Renzi ha perduto il senso della misura e la buona mira d’un tempo, la rincorsa su Grillo lo indebolisce, i suoi tutori di oggi potrebbero diventare gli amici berlusconiani di domani. Un nome su tutti: Dario Franceschini, adiuvante il Quirinale. E chi ci dice che l’eventualità di un governo politico di sistema – badate bene: politico, non tecnico – debba per forza attirare l’ostilità preventiva delle destre?
E mi fermo qui, ma solo per non spaventare il fantasma.
Foto Ansa
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