Un’Europa che disprezza i suoi popoli ha il destino segnato. Il caso di Budapest

Di Rodolfo Casadei
19 Gennaio 2012
A dividere l’Ovest arrogante dall’Est sempre più umiliato ci pensano gli intellettuali come Levy, che ha additato le nazioni ungherese, polacca e bulgara all’esecrazione di tutti gli occidentali perbene.

Anticipiamo l’editoriale che apparirà su Tempi 03/2012, in edicola da domani.

Quanto siano lontani da una comprensione vera dei fatti gli organizzatori del sit-in della Fnsi (il sindacato italiano dei giornalisti) davanti all’ambasciata ungherese e il Corriere della Sera che pubblica un’editoriale di Bernard-Henri Levy dal titolo “La notte di Budapest riguarda tutti” lo dimostrano le fiamme che sabato 14 gennaio hanno avvolto la bandiera dell’Unione Europea. Protagonisti di tanta violenza simbolica non sono stati i simpatizzanti del governo guidato dal primo ministro Viktor Orbán, accusato dalle sinistre europee di voler imporre al paese una svolta autoritaria. Ma i militanti di Jobbik, partito di estrema destra razzista e ultranazionalista, che alle elezioni del 2010 ha conquistato il 17 per cento dei voti e continuerà a lievitare nei sondaggi per reazione alle procedure di infrazione aperte da Bruxelles contro Budapest. Così come tutte le forze di estrema destra in quasi tutti i paesi dell’Est Europa.

Mentre ad allargare non solo gli spread, ma il fossato di incomprensione fra i popoli del Sud Europa e quelli del Nord contribuiscono le miopi politiche a sfondo elettoralistico di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, a provocare una voragine fra un Ovest culturalmente arrogante e un Est sempre più deluso e umiliato ci pensano gli intellettuali come Levy, l’autore del più brutto libro sulla democrazia in America mai scritto, capace di additare all’esecrazione di tutti gli europei perbene «il cocktail di ossessione nazionale, di patriottismo vittimista e di “dolorismo” collettivo che fa della nazione ungherese, e anche di quella polacca o bulgara, una sorta di Nazione-Cristo, chiamata — come sotto il re Stefano che si batteva contro gli Ottomani — a proteggere e rigenerare la civiltà minacciata». Il disprezzo per le storie nazionali accomuna dunque l’Europa dei burocrati di Bruxelles e quella degli intellettuali parigini. Il destino dell’Unione è segnato.

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