
Un “bonus bebè” solo per le mamme lavoratrici
Un contributo di 300 euro mensili per sei mesi che spingerà le donne a rientrare al lavoro rinunciando alla maternità facoltativa, ora pagata solo al 30 per cento dello stipendio. Molte, infatti, sono le madri che riprendono a lavorare dopo la maternità obbligatoria per ragioni economiche. E questo bonus le indirizzerà ulteriormente verso questa scelta: ritornando al lavoro full time le neomamme riceveranno l’intero stipendio e un aiuto per pagare l’asilo o la baby-sitter del figlio. Diverso sarebbe stato se lo Stato avesse scelto di dare la cifra ad ogni madre, lasciando poi alle lavoratrici la facoltà di scegliere se usare il contributo per pagare una tata o per incrementare il 30 per cento dello stipendio ricevuto scegliendo la maternità facoltativa.
PAGAMENTO INDIRETTO. Per capire basta fare un esempio: una lavoratrice full time con uno stipendio di 1300 euro che sceglie di usufruire della maternità facoltativa viene pagata 390 euro al mese per un massimo di 10 mesi. La cifra è così bassa che spesso la donna decide di tornare al lavoro, dovendo però pagare per l’asilo o per la baby-sitter del figlio una media di 500 euro mensili (dai 400 ai 600). Alla mamma rimangono dunque 800 euro in tasca. Con questo “bonus bebè”, invece, la donna può arrotondare lo stipendio per 6 mesi fino a 1100 euro. Se invece il bonus fosse andato direttamente alla madre lavoratrice sarebbe stato possibile favorire anche la scelta di quante preferiscono rimanere con i propri figli a casa almeno per un anno: la donna avrebbe dovuto rinunciare sì ai 1100 euro percepiti se avesse scelto di tornare al lavoro, ma non più per una cifra di 390 bensì per una, comunque onesta, di 800 mensili.
INCENTIVO AL LAVORO O ALLA MATERNITA’? C’è quindi un cambiamento rispetto al “bonus bebè” del governo passato o di quelli regionali versati direttamente alla madre. E non è il solo, perché ad esso avranno accesso non tutte le madri, come di norma, ma solo le lavoratrici. La somma sarà versata ogni mese alla loro baby-sitter, attraverso il meccanismo dei voucher (i buoni per i lavori occasionali) altrimenti direttamente all’asilo. Per le lavoratrici part-time il bonus sarà invece minore, mentre per le donne iscritte alla gestione separata sarà concesso solo per un massimo di tre mesi. La domanda dovrà essere fatta all’Inps che stilerà una graduatoria sulla base del reddito. Il fondo, messo a disposizione dallo Stato, è di 20 milioni di euro all’anno per il 2013, il 2014 e il 2015 e ciò significa che potranno usufruirne solo 11 mila madri lavoratrici (circa il 2 per cento delle donne che partoriscono ogni anno). La scelta, contenuta nella riforma del mercato del lavoro, firmata dal ministro Elsa Fornero del 2012, nasce non tanto dalla preoccupazione di agevolare la maternità, ma da quella di incoraggiare il rientro al lavoro delle mamme con qualche mese di anticipo rispetto alla media odierna e per frenare il 27 per cento delle lavoratrici che lasciano la propria occupazione dopo la nascita dei figli. Spesso proprio perché costrette a scegliere fra figli e lavoro.
CONGEDO PARENTALE. Nel documento si parla poi del congedo parentale per padri e madri lavoratori: che nei primi 8 anni di vita del bambino avranno diritto ad assentarsi dal lavoro, anche contemporaneamente, remunerati al 100 per cento. Le astensioni dal lavoro, se utilizzate da entrambi i genitori, non possono superare il limite complessivo di 11 mesi in 8 anni. Il che significa la possibilità per la coppia di assentarsi dal lavoro circa per tre giorni al mese, con un preavviso al proprio datore di lavoro di almeno 15 giorni, salvo casi di impossibilità oggettiva. Presente nel decreto anche la possibilità di usufruire di due congedi facoltativi, sempre pagati al 100 per cento, concessi solo se la madre rinuncerà a due giorni della sua maternità obbligatoria.
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