
Nel calcio che piace alla Uefa anche i tifosi devono essere politicamente corretti

Il rapido e inesorabile cammino che sta portando il calcio a essere sempre meno sport popolare e sempre più strumento di rieducazione delle masse raggiunge una nuova, incredibile vetta. Dalla giusta condanna dei cori razzisti negli stadi, negli anni si è finiti a decidere cosa si può dire o meno durante una partita, pena la chiusura delle curve o il divieto a rimettere piede in un impianto sportivo a vita.
Quei “razzisti” dei tifosi dei Glasgow Rangers
Durante la partita di ritorno degli ottavi di Europa League tra Glagow Rangers e Fenerbahce, lo scorso 13 marzo, gli ultras scozzesi hanno esposto uno striscione su cui l’Uefa ha deciso di avviare un’indagine. L’accusa è la solita, “razzismo e/o discriminazione”, a renderlo noto è stato la stessa società dei Glasgow Rangers, che in un comunicato ufficiale ha sottolineato come sia «profondamente triste e francamente imbarazzante che il club sia ora destinato ad affrontare sanzioni significative per le azioni di una minoranza molto piccola».
I Rangers, si legge nel contrito documento di scuse, «sono un club di calcio moderno e progressista, e siamo estremamente orgogliosi delle nostre squadre, della nostra forza lavoro e dei nostri eterogenei tifosi. È vergognoso che il club venga accusato di una questione del genere nel 2025 e il disprezzo per i responsabili sarà condiviso dalla stragrande maggioranza dei nostri sostenitori». Dopo il disprezzo, le minacce: «Questa accusa avrà delle conseguenze per il club, che sta anche lavorando per identificare i responsabili e si assicurerà che anch’essi affrontino le conseguenze». Infine la schifata presa di distanza: «Per essere chiari, se non credi che nel 2025 tutti sono i benvenuti a seguire i Rangers, sia in casa che in trasferta, allora i Rangers non sono la squadra giusta per te e dovresti dissociarti immediatamente dal club».
Se ti opponi al woke sei razzista
Ma che cosa hanno scritto gli ultras scozzesi da scatenare l’indagine dell’Uefa e la reprimenda contrita del proprio club? Insulti razzisti ai tifosi turchi? Offese omofobe o antisemite? Battute sessiste? Nulla di tutto ciò: sullo striscione “razzista e discriminatorio” i supporter dei Rangers hanno scritto: «Tenete lontane le ideologie woke straniere. Difendete l’Europa». Alla fine l’Uefa ha multato la società, che si è impegnata a emettere daspo a vita ai tifosi colpevoli di avere scritto quelle parole.
Come scritto su Spiked da Freddie Attenbourgh, direttore delle comunicazioni digitali della Free Speech Union, tutto questo «è decisamente sproporzionato, per usare un eufemismo. Per cosa vengono puniti esattamente questi tifosi? Per aver osato dissentire da idee divisive che credono siano state importate dalle università americane? In ogni caso, come può opporsi a un’ideologia come quella del woke equivalere a razzismo? Lo striscione prende chiaramente di mira le idee, non le persone».
Il calcio come burocrazia progressista
Il fatto è che, come tutte le burocrazie moderne, anche il calcio è diventato la roccaforte di una élite progressista in missione per conto del dio woke: da anni società e istituzioni chiedono a giocatori e tifosi di sostenere senza obiezioni valori e battaglie politicamente corrette di moda, e chi non lo fa viene criticato o perde il seggiolino allo stadio. Per oltre un biennio si è sostenuto che inginocchiarsi prima delle partite fosse il modo migliore per “educare le persone in tutto il mondo” all’antirazzismo (si badi, non a combattere il razzismo).
Lo stesso vale per i mesi del pride durante i quali i giocatori sono costretti a indossare fasce, maglie e numeri arcobaleno quando scendono in campo, e chi si rifiuta rischia di perdere il posto, affronta azioni disciplinari da parte delle Federazioni e subisce pressioni politiche e mediatiche. Se il calcio un tempo era il palcoscenico ideale per i ribelli, oggi è diventato il giardinetto del conformismo progressista, in cui chi dice o pensa qualcosa di diverso è come un cane senza museruola: deve restarne fuori.
Lo scorso anno la Federazione calcistica tedesca ha multato il Bayern Leverkusen perché i suoi tifosi hanno esposto uno striscione con scritto «Ci sono molti generi musicali, ma solo due generi» durante una partita contro il Werder Brema nel 2023. L’accusa è di «comportamento antisportivo discriminatorio» e la Federazione ha decretato che un terzo dei 18.000 euro di multa dovesse essere speso per «misure preventive contro la discriminazione».
Non solo i tifosi dei Glasgow Rangers
Ma la rieducazione punitiva dei tifosi non si esaurisce dentro gli stadi: come ricorda ancora Spiked, quest’anno il Newcastle ha bandito dal proprio stadio fino al 2027 una propria tifosa, Linzi Smith, per avere espresso sui social opinioni “scorrette” sul gender. Secondo una denuncia anonima fatta alla polizia, le persone trans «non si sarebbero sentite al sicuro a sedersi accanto a lei». Appena saputo dell’indagine, il Newcastle ha scomunicato la propria tifosa.
Fino a pochi decenni fa gli ultras di calcio facevano paura a governanti e polizia per la loro violenza. Il tentativo di “normalizzazione” delle curve, però, è sfuggito di mano ed è diventato tentativo di rieducazione ideologica di tutti i tifosi. Meno male che qualcuno resiste.
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