Ue, produttività troppo bassa

Di Rodolfo Casadei
14 Marzo 2002
È il caso di tirare la maniglia dell’allarme: nella seconda metà degli anni Novanta si è interrotta la cinquantennale rincorsa dell’Europa ai livelli di reddito pro capite degli Usa

È il caso di tirare la maniglia dell’allarme: nella seconda metà degli anni Novanta si è interrotta la cinquantennale rincorsa dell’Europa ai livelli di reddito pro capite degli Usa, e la forbice ha ricominciato ad allargarsi. Fra il 1950 e i primi anni Novanta il reddito pro capite nei paesi Ue è cresciuto più che negli Usa, passando dal 54 all’80 per cento del reddito degli americani. Ma alla fine dello scorso anno risultava ridisceso al 67,1 per cento. Come mai? Le ragioni sono varie, ma quella che balza agli occhi più evidente riguarda la produttività del lavoro: nel settennio 1995-2001 la produttività del lavoro negli Usa è aumentata più di quella media dei paesi Ue, 2 per cento contro 1,3. Ad abbassare la media europea sono stati soprattutto i grandi paesi: Germania e Regno Unito, ma soprattutto Francia, Italia e Spagna, cioè i 5 paesi che rappresentano l’80 per cento del Pil europeo, hanno tutti registrato un tasso di crescita della produttività del lavoro nettamente inferiore a quello degli Usa. Hanno fatto bene, invece, i piccoli paesi: l’Irlanda (addirittura + 5 per cento), l’Austria, la Grecia, la Finlandia e il Belgio hanno aumentato la propria produttività più degli Usa. Tolta la Grecia, gli altri quattro fanno parte del gruppo dei sei paesi Ue col reddito pro capite più alto.

Come si spiega la debole performance dei grandi paesi? Soprattutto con un gap tecnologico e di innovazione. Fra le prime 100 imprese della new economy elencate da Business Week quelle europee sono solo sei, e di queste tre sono scandinave. Ha commentato l’economista inglese Martin Wolf, «se l’attuale processo di divergenza prosegue, l’Europa, già insignificante dal punto di vista militare e politico, finirà per ricoprire un ruolo declinante anche in campo economico».

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