L’Ue lancia un avvertimento all’Italia: l’austerity sta per tornare

Di Leone Grotti
26 Novembre 2021
Bruxelles non ha bocciato la manovra di Draghi, perché il patto di stabilità è sospeso, ma inizia a chiedere di «limitare la spesa». Cosa avverrà dunque nel 2023? Il debito italiano è altissimo e la Germania con il nuovo governo tornerà alla politica del rigore
Mario Draghi partecipa al Consiglio Ue

Mario Draghi partecipa al Consiglio Ue

Il patto di stabilità è sospeso e dunque la Commissione europea non può bocciare la manovra italiana. Ma la letterina fatta pervenire al governo di Mario Draghi è un avvertimento, segno della buriana che potrebbe abbattersi sul nostro paese nei prossimi mesi o anni. Per Bruxelles l’Italia ha incrementato troppo la spesa corrente e ora deve «prendere le necessarie misure» per limitarla.

L’Ue lancia un avvertimento all’Italia

La terminologia adottata è gentile, meno minacciosa rispetto al passato, ma il senso è chiaro. E per questo Paolo Gentiloni si è affrettato a gettare acqua sul fuoco: «Non stiamo chiedendo correzioni, stiamo solo sollevando l’attenzione sul punto». Anche il commissario europeo all’Economia gioca con le parole dal momento che l’Ue non può bocciare la manovra, ma quello che derubrica a «invito» è in realtà un richiamo formale. Che oggi non può avere conseguenze, ma che domani le avrà. Eccome. Ecco perché, in sintesi, il Financial Times fa notare che «la luna di miele tra Draghi e l’Europa» forse «è già finita».

Il debito italiano supera il 155% in rapporto al Pil e mano a mano che l’Italia riceverà e spenderà i fondi europei del Recovery aumenterà ancora di più. Oggi i tassi di interesse sono sotto controllo, ma domani la situazione potrebbe cambiare, avvisa l’Europa riproponendo il tema della riduzione del debito e dell’austerity.

Si riaffaccia la politica dell’austerity

Draghi in realtà è pienamente consapevole del problema e non è un caso se da mesi insiste che il patto di stabilità, che tornerà in vigore nel 2023, va radicalmente riformato. Dalla parte del premier italiano ed ex presidente della Bce si è schierato perfino Klaus Regling, l’economista a capo del famigerato Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e uno degli architetti delle regole fiscali europee. In un’intervista allo Spiegel di ottobre arrivò a dire che «oggi le regole del patto di stabilità non hanno più senso».

Ma per cambiare uno dei totem dell’Ue servirà ben altro. Soprattutto perché il nuovo governo tedesco, formato dalla coalizione “semaforo” socialdemocratici-liberali-verdi, non sembra avere intenzione di cambiare rotta rispetto al passato: quello del rigore e della stabilità sarà probabilmente il brocardo tedesco anche del futuro.

La Germania vuole tornare al rigore

Nel programma di 178 pagine della coalizione, infatti, si sottolinea ad esempio la necessità di completare l’unione bancaria europea ma non viene fatta nessuna apertura sulla mutualizzazione del debito. Soprattutto su richiesta dei liberali, nel 2023 Berlino farà tornare in vigore il divieto di aumentare il debito oltre la soglia consentita dalla Costituzione. È probabile, quindi, che chiederà lo stesso all’Unione Europea.

Se sarà così, l’Italia avrà parecchi grattacapi e potrebbe ritrovarsi a gestire una situazione simile a quella del 2011. Rispetto a quelle recapitate allora a Silvio Berlusconi, le attuali letterine della Commissione europea sono molto meno minacciose. Ma l’«invito» di questi giorni è un avvertimento: oggi Bruxelles, con il patto di stabilità sospeso, ha le armi spuntate. Domani invece torneranno ad essere affilate.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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