
Udienza generale, Papa: chi predica sia testimone di Gesù
«In mezzo a mille attività e ai molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per ascoltarlo e parlare con Lui». Queste le parole di Benedetto XVI durante l’Udienza generale di questa mattina. Il Pontefice continua a presentare santi che nella loro vita hanno vissuto un legame profondo con la presenza di Gesù, nella sua Chiesa e nell’eucarestia e che, pur vivendo nel mondo, hanno saputo mettere al centro la preghiera.
Questa volta il Santo Padre ha scelto Pietro Kanis, detto anche Canisio, santo a lui vicino perché evangelizzatore della Germania durante la dura prova della riforma luterana che sembrava destinata a spegnere la fede cattolica. Kanis, nato nel 1521, entrò a 22 anni nella Compagnia di Gesù. Lì ricevette una grande formazione teologica e di umiltà, esercitata nei servizi domestici. Sant’Ignazio decise poi di mandarlo in Germania: «Era un compito quasi impossibile… di rinnovare la fede cattolica nei paesi germanici», ha ricordato il Papa. Ma allora come arrivò a stabilire «una fitta rete di comunità del suo ordine… che furono punti di partenza per la riforma cattolica»?
Come riuscì a intessere rapporti con i protestanti, a stare con il Papa di fronte a imperatori, ma soprattutto a scrivere tre catechismi di cui «solo nel tempo della sua vita sono state fatte ben 200 edizioni?… E centinaia si sono succedute nel Novecento. Così che in Germania, anche la generazione di mio padre, la gente chiamava il Catechismo semplicemente il Canisio»? Benedetto XVI ha risposto che si può spiegare «solo in forza della preghiera. Era possibile solo dal centro, cioè da una profonda amicizia personale con Gesù; amicizia con Cristo nel suo corpo, la Chiesa, che va nutrita nell’Eucarestia».
Così, in un momento storico difficile e colmo di contrasti fu capace di evangelizzare componendo «armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il rispetto dovuto a ogni persona». Non solo fu in grado di dialogare non opponendosi all’eresia con «l’asprezza, la retorica e l’ira», bensì mirando «soltanto alla presentazione delle radici spirituali e alla rivitalizzazione della fede nella Chiesa». Cosa che, ha sottolineato il Papa, era una «cosa rara a quei tempi nelle discussioni fra cristiani».
Questa «sua esortazione e metodo che conservano intatto il loro valore» ci ricordano, secondo il Pontefice, che «la vita cristiana non cresce se non è alimentata dalla liturgia… dalla preghiera quotidiana, dal contatto personale con Dio». Perciò, il santo insistette tanto «sull’importanza della liturgia… ma nello stesso tempo» ebbe cura «di mostrare ai fedeli la necessità e la bellezza che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la partecipazione al culto pubblico della Chiesa».
Quindi, ha concluso il Santo Padre, «egli ci insegna con chiarezza che il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di salvezza nei cuori solo se il predicatore… è a Lui strettamente unito dalla fede nel Suo Vangelo e la Sua Chiesa, da una vita moralmente coerente e da un’orazione incessante d’amore. E questo vale per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e fedeltà la sua adesione a Gesù».
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