
Benedetto XVI: pregare con i salmi per riconoscere l’azione di Dio
Sta per incominciare «un nuovo tratto» delle catechesi di Benedetto XVI legate alla preghiera. Se prima il Papa aveva insegnato a parlare con Dio attraverso i profeti biblici, ora, ha detto, «entreremo nel libro delle preghiere per eccellenza, il Libro dei salmi», che si possono recitare nel Salterio, il volume che li riprende nell’ottica cristiana. Qui, ha proseguito il Pontefice, «trova espressione tutta l’esperienza umana con le sue molteplici sfaccettature, e tutta la gamma dei sentimenti che accompagnano l’esistenza dell’uomo». Nei Salmi, infatti, «si intrecciano e si esprimono gioia e sofferenza, desiderio di Dio e percezione della propria indegnità, felicità e senso di abbandono, fiducia in Dio e dolorosa solitudine, pienezza di vita e paura di morire».
Benedetto XVI ha sottolineato che queste preghiere sono assunte dal «popolo di Israele prima e dalla Chiesa poi» come «mediazione privilegiata del rapporto con l’unico Dio e risposta adeguata al suo rivelarsi nella storia». Nei Salmi però «tutti si possono riconoscere» e in essi «si comunica quell’esperienza di particolare vicinanza a Dio a cui ogni uomo è chiamato». Infatti, ha chiarito, «la complessità dell’esistere umano si concentra nella complessità delle diverse forme letterarie dei vari Salmi: inni, lamentazioni e suppliche individuali e collettive, canti di ringraziamento, salmi penitenziali, salmi sapienziali». Nel Salterio il Papa ha individuato i due ambiti principali: «la supplica, connessa al lamento, e la lode».
Nella prima, «l’orante si lamenta e descrive la sua situazione di angoscia, di pericolo, di desolazione», oppure, «confessa la colpa chiedendo di essere perdonato»; nella seconda dimensione, «di ringraziamento e di lode, facendo memoria del dono ricevuto o contemplando la grandezza della misericordia di Dio, si riconosce anche la propria piccolezza e la necessità di essere salvati». Perciò, ha osservato il Papa, nei Salmi «la supplica e lode si intrecciano e si fondono in un unico canto che celebra la grazia eterna del Signore che si china sulla nostra fragilità».
Il Pontefice ha poi spiegato perché i Salmi insegnino a pregare: «Poiché sono parola di Dio, ci si rivolge a Dio con le parole che egli stesso ci ha insegnato», in modo da «conoscere ed accogliere i criteri del suo agire, e avvicinarsi al mistero dei suoi pensieri e delle sue vie, così da crescere sempre più nella fede e nell’amore». Inoltre questo libro ci insegna «a rendere grazie a Dio», quindi «a riconoscere la bellezza delle sue opere e a glorificare il suo Nome santo». Non solo, ci permette pure di vedere «che anche nella desolazione, anche nel dolore, la presenza di Dio è fonte di meraviglia e di consolazione; si può piangere, supplicare, intercedere, ma nella consapevolezza che stiamo camminando verso la luce, dove la lode potrà essere definitiva».
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