Tutti per uno, Lombardia (paga) per tutti

Di Emanuele Boffi
24 Ottobre 2002
Il federalismo inventato dal precedente governo Ulivo è solo una parola per nascondere un nuovo centralismo. E il vecchio Pantalone. Che paga per Arlecchino, Pulcinella...

La Lombardia paga per tutti. O quasi. Perché il federalismo, di cui tanto si è parlato, è in realtà una chimera e, attualmente, una parola priva di significato. E in campo sanitario questo è lampante, basta vedere i numeri. Con il decreto legislativo n. 56 del 18 febbraio 2000, il governo Ulivo abolì il Fondo Sanitario Nazionale che distribuiva i soldi alle Regioni e lasciò a ciascuna Regione la possibilità di trattenere delle aliquote su Irap, Irpef, benzina e tassa per l’auto. Grazie a questo sistema, ogni regione avrebbe dovuto rispondere alle proprie esigenze. Ma, una prima stima di quanto ogni regione raccoglie e di quanto invece avrebbe bisogno, dà subito un’idea di come questo federalismo sia inefficace. Se, infatti, la Lombardia riesce a coprire, con i suoi 20mila miliardi di vecchie lire di entrate, il 98,6% del proprio fabbisogno, altre regioni sono in seria difficoltà. La Calabria raggiunge solo il 30%, la Campania il 36% e l’Emilia Romagna (la “seconda in classifica” dopo la Lombardia) poco più dell’80%. È nato così il “Fondo perequativo nazionale” con “obiettivi di solidarietà nazionale” basato sulla raccolta e ridistribuzione dell’iva. Ma anche in questo caso le differenze di raccolta fra una Lombardia (11mila 347 miliardi) e una Calabria (1.692 miliardi) sono abissali. Come vengono ridistribuiti questi soldi? Ogni singolo abitante lombardo ha, in media, una capacità fiscale di 2 milioni e 217mila lire (un calabrese di 741mila lire). La media nazionale è di 1 milione e 599mila lire. Questo significa che per la Lombardia la differenza fra la propria capacità fiscale e la media nazionale è di 618mila lire. In valore assoluto significa che la Lombardia dei suoi 11mila miliardi ne darà circa 5mila alle altre regioni. Questo secondo una stima teorica. In realtà, secondo quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5.06.01, il “concorso al fondo di solidarietà nazionale” della Lombardia è stato non di 5mila miliardi ma di 6.646. Un divario abissale rispetto alla “miglior seconda” che è il Lazio che dà 1.630 miliardi. Chi riceve di più? La Campania (4.494), la Puglia (3.102), la Calabria (1.977).

Federalismo solo sulla carta
Queste poche cifre aiutano a capire che il federalismo esiste solo sulla carta. È sempre e comunque lo Stato che decide quanti fondi ogni singola regione può tenere. Altro aspetto paradossale è che, secondo il precedente governo Ulivo, questo sistema avrebbe dovuto terminare nel 2013 quando le regioni del sud sarebbero andate in pareggio. Ma, procedendo di questo passo, il divario non potrà che aumentare. Ora che, per il Patto di Stabilità Europeo, le Regioni non possono più nemmeno aumentare l’Irpef, dove troveranno i fondi necessari? Rischiamo che per non avere un’Italia “a due velocità” finiremo con l’averne una. Ma che va come una tartaruga. La Regione Lombardia con i suoi 9 milioni di abitanti (il 16% della popolazione) partecipa al 20% della ricchezza nazionale (la Basilicata dello 0,8%, il Lazio del 9,9%). Recentemente Formigoni ha lanciato sui mercati finanziari mondiali i bond regionali. Grazie all’affidabilità che la Lombardia si è creata in Europa l’operazione dovrebbe funzionare. Ma stringerle troppo le briglie potrebbe diventare controproducente. Per la Lombardia e per l’Italia. Introdurre un vero federalismo, anche fiscale, potrebbe essere l’unica soluzione.

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