Tutti contro tutti in casa Pd. Renzi: «Ma la vogliamo finire?»

Di Redazione
11 Aprile 2013
Alta tensione nel Pd tra Bersani e Renzi, che si sfoga: «Mi sto impegnando per il nostro partito e mentre mi do da fare così, Bersani cosa fa? Mi attacca».

Alta tensione nel Pd tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani. Il sindaco di Firenze, con una intervista che compare oggi sul Messaggero torna a parlare della sua bocciatura come grande elettore del nuovo presidente della Repubblica: «Sembrava che la cosa fosse decisa e poi da Roma l’hanno fatta saltare. Bersani mi ha chiesto lealtà. Io gliel’ho data e questa cosa è sotto gli occhi di tutti. Mi sto impegnando per il nostro partito andando in giro in campagna elettorale a mie spese. E mentre mi do da fare così, Bersani cosa fa: mi attacca. Ma la vogliamo finire?».

GOVERNO SUBITO O VOTO. Renzi contesta a tutto campo la leadership del suo partito: «Grillo ha avuto venti giorni di visibilità mediatica a causa della strategia sbagliata del Pd. Che ha perso tempo. Sono passati invano ben 46 giorni da quando si è votato e 46 giorni che passano significano aziende che chiudono, cassaintegrati che aumentano, crisi che avanza». Poi arriva una previsione: «Io credo che Bersani e Berlusconi l’accordo lo faranno. E a me va bene. Se vogliono fare il governo, però, abbiano il coraggio di farlo subito. Sennò si vada a votare. Non è mica un dramma». Quanto alle sue prospettive, Renzi non ha dubbi: «Io rimango nel mio partito, in cui sto bene. Odio i partitini personali e credo nel bipolarismo. Il resto non mi interessa. I miei riferimenti sono Blair e Obama».

INCONTRO CON D’ALEMA. Il sindaco di Firenze è tornato a un ritmo di lavoro uguale a quello che ha avuto nel corso della competizione nelle primarie del centrosinistra: oggi sarà a Roma per partecipare al Tg diretto da Enrico Mentana su La7 e per registrare la sua partecipazione alla puntata di Porta a Porta su Raiuno. Prima di arrivare a Roma, Renzi potrebbe incontrare Massimo D’Alema a Firenze. Se i due leader si incontrassero davvero (la notizia non è stata confermata dagli interessati), sarebbe un gesto di bon ton politico dopo le violente polemiche nella campagna per le primarie su rottamati e rottamatori. In quell’occasione, D’Alema arrivò fino a minacciare la rottura del Pd e del centrosinistra qualora Renzi avesse battuto Bersani.

BERSANI ATTACCA AL TG1. Il segretario del Pd sceglie l’intervista al Tg1 di ieri sera per replicare al sindaco di Firenze e insistere sulla sua proposta di «governo di cambiamento»: «Nella sequela di quotidiane molestie mi vedo oggi attribuiti non so quali giochini tesi a impedire la nomina di Renzi a grande elettore per la Toscana. Smentisco dunque di aver deciso o anche solo suggerito, o anche solo pensato alcunché, a proposito di una scelta che riguarda unicamente il consiglio regionale Toscana». Quanto alle telefonate che sarebbero giunte da Roma per evitare l’elezione di Renzi, Bersani sceglie il tasto dell’ironia: «Chiedete a Telecom, non ho fatto nessunissima telefonata e pregherei di credere che, con tutti i problemi che ci sono, l’ultimo è decidere dei 494 nostri grandi elettori chi sia l’uno o l’altro». La controreplica non si fa attendere: «Il gruppo regionale del Pd in Toscana ha scelto in altro modo. Io rispetto le decisioni del gruppo. Non mi abituerò mai però alla doppiezza: quello che dico, lo dico in faccia».

PROBLEMA SCISSIONE NEL PD. Che la situazione nel Pd rischi di precipitare lo attesta un passaggio dell’intervista di Dario Franceschini, ex capogruppo alla Camera, concessa ieri sera alla trasmissione Le invasioni barbariche su La7 in cui allude al problema scissione: «Sì, per la prima volta sono preoccupato che ci sia un riconoscimento di provenienza e che, se sbagliamo, ci possa essere una divisione. Sarebbe un dramma, non per il Pd ma per il Paese». A prendere le distanze da Bersani è anche Rosy Bindi nel corso di una intervista a la Stampa: «Nessun baratto per il Colle, nemmeno per il “si parta” per il governo di minoranza, come sostiene Vendola». Precisa l’ex vicepresidente della Camera: «Invocare una sorta di lasciapassare dal centrodestra, sperando che un po’ di senatori del Pdl escano dall’Aula, significa consegnare le chiavi del nostro “governo di cambiamento” a Berlusconi. Se Bersani non ce la fa, per evitare il voto anticipato e fare le riforme, meglio il governo di scopo».

PROPOSTE, NON MANIFESTAZIONI. Le polemiche interne al Pd colpiscono pure la manifestazione indetta per sabato mattina presso il quartiere romano di Corviale «contro la povertà e per un governo di cambiamento», nella quale interverranno – coordinati da Gad Lerner – Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, Ignazio Marino, il candidato del centrosinistra a sindaco di Roma. Sono annunciate le conclusioni di Bersani. La manifestazione potrebbe essere disertata da renziani, veltroniani ed ex Margherita che rilasciano dichiarazioni critiche: «Un grande partito, più che manifestare contro la povertà, dovrebbe fare proposte in merito, governare e far vedere come si affronta il problema». (Asca)

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