
Tutti al mare II, la vendetta
Sarà che il 18 aprile è il mio compleanno, sarà che la lunga (causa la mia testa) educazione religiosa mi ha lasciato qualche traccia, ma ciò che non sopporto è l’ipocrisia. Ci stanno prendendo in giro come al solito, chiamandoci a votare per il nuovo, per le riforme, per la fine del partitismo, nascondendoci le miserie del sistema maggioritario tanto osannato. Prima il malvivente era il sistema proporzionale, ora il sistema residuo del 25%. Si oppongono solo i malavitosi della I Repubblica. Ora in verità tutti hanno davanti i risultati del maggioritario: 44 partiti, più la totalità degli eletti figli dei padroni o padroncini, dei partiti sia di maggioranza che di opposizione. Non mi pare che il nuovo sistema abbia portato vantaggi nella selezione della classe politica italiana. O figli dei partiti, o figli dei padroni. Chi può dire che sia meglio l’informe ideologia di oggi che riguarda tutti i partiti rispetto ai pur lontani richiami ideali dei partiti di prima? È chiaro che oggi nessuno può fare politica partendo da aggregazioni spontanee di base come strada per affermare ideali e modi di organizzazione sociale. Le novità di oggi sono possibili solo in concorso con i padroni dei partiti (non a caso buona parte di essi ha il nome del leader) oppure con le grazie della rivoluzione giudiziaria, cioè con l’uso improprio della funzione più delicata del vivere civile (vedi Di Pietro). Ma sarebbe troppo facile allora dire: “perisca il referendum e poi basta”.
I furbi hanno già preparato la nuova riforma elettorale che è così sintetizzabile: “lunga vita all’Ulivo, morte all’opposizione”. Ecco perché l’antico motto craxiano “tutti al mare” è solo l’inizio di una battaglia per difendere il poco che ancora c’è dello stato di diritto nel nostro paese.
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