Tutta la verità su Wuhan. Intervista esclusiva a Fang Fang

Di Leone Grotti
16 Maggio 2020
Parla l’autrice cinese divenuta nemica pubblica numero uno dei comunisti solo per aver raccontato l’esplosione dell’epidemia e la quarantena. Soprusi delle autorità inclusi. «Attacchi e minacce non sono finiti. E io vado avanti con il mio diario»
Fang Fang

Articolo tratto dal numero di maggio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

«Quello che mi ha fatto infuriare più di tutto è che il governo nelle prime fasi dell’epidemia ha nascosto alla popolazione quello che stava davvero succedendo. E per questo sono morte così tante persone». Fang Fang, lo pseudonimo con cui la scrittrice cinese di successo Wang Fang firma i suoi romanzi, non è un’attivista. Eppure è finita nell’occhio del ciclone come se fossa la più pericolosa dei controrivoluzionari. Nata nel 1955 a Nanjing, vive da quando ha due anni a Wuhan ed è qui che insieme ad altri 9 milioni di cinesi ha passato 76 giorni in quarantena nella città epicentro dell’epidemia, sottoposta a rigido lockdown da parte di Pechino. 

Fang Fang non ha nulla del dissidente: nel 2010 ha ricevuto il premio letterario più importante della Cina, il Lu Xun, ed è stata presidente dell’Associazione degli scrittori dell’Hubei. Se oggi riceve decine di minacce di morte e insulti, è accusata di intelligenza con il nemico americano (anche se non parla inglese), è additata come «traditrice della patria» e gli accademici che la appoggiano vengono sospesi, è perché ha deciso di essere una «testimone» di ciò che la popolazione di Wuhan ha sofferto durante la quarantena. Lo ha fatto scrivendo su Weibo, la piattaforma di microblogging più famosa in Cina, un vero e proprio diario della quarantena. Sessanta post nei quali ha raccontato dall’interno, giorno dopo giorno e con tono moderato, le angosce e le speranze dei suoi concittadini, la rabbia e le piccole gioie, gli errori e i meriti del governo. Il diario è presto diventato il punto di riferimento di decine di milioni di cinesi, fuori e dentro il paese. Pur non avendo l’autrice l’intenzione di denunciare le mancanze del governo o di inveire contro le autorità, il diario è stato spesso censurato perché in un paese dove tutti devono recitare l’unico copione scritto dal Partito, chiunque si azzardi a redigere un racconto diverso, per quanto pacato, diventa sovversivo.

Nella sua cronaca diventata famosa in tutto il mondo, Fang Fang piange la morte del «raggio di luce nella notte» Li Wenliang, il medico che fu zittito e punito dal Partito comunista per aver cercato di avvertire i colleghi di «una strana polmonite simile alla Sars», elogia le dipendenti dei supermercati e gli uomini che sanificano le strade, perché nonostante il virus continuano a lavorare senza paura, richiama alla mente la bellezza della luce che si riflette sull’acqua del Fiume Azzurro che attraversa la città. Allo stesso tempo non nasconde gli errori dei funzionari del Partito, affronta i violentissimi attacchi online paragonandoli al «clima della Rivoluzione culturale» e soprattutto si infuria, citando Karl Marx, quando i giornali locali chiedono alla popolazione di Wuhan di «mostrare gratitudine al Partito comunista». 

Gli attacchi contro di lei, che non accennano a fermarsi e vengono veicolati anche da organi semigovernativi come il Global Times, sono aumentati a dismisura quando è uscita la notizia che il suo Diario di Wuhan sarebbe stato pubblicato all’estero: la prima uscita è prevista a giugno negli Stati Uniti per i tipi di HarperCollins. A chiosa del suo ultimo articolo su Weibo, il 25 marzo, ha scritto citando san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede». Ma come racconta in questa intervista a Tempi, la battaglia non è finita: «Gli attacchi sono ripresi e sono violenti. Ecco perché continuerò a scrivere su Weibo».

Fang Fang

Fang Fang, quando si è accorta che la situazione a Wuhan era davvero grave?

Il 31 dicembre 2019 la maggior parte degli abitanti di Wuhan era già consapevole che circolava una malattia contagiosa simile alla Sars. Siccome però tutti i media governativi ripetevano in continuazione che “il virus non si trasmette da persona a persona, si può prevenire e controllare”, tutti hanno erroneamente pensato che non ci fosse motivo di preoccuparsi. È stato così fino al 20 gennaio, quando l’accademico Zhong Nanshan (epidemiologo molto noto in Cina per aver giocato un ruolo chiave durante l’epidemia di Sars del 2003, ndr) ha comunicato a tutti che la malattia poteva “trasmettersi da persona a persona”. Solo in quel momento gli abitanti di Wuhan hanno capito che si trovavano nel cuore del focolaio di un’epidemia contagiosa.

Anche lei si è fatta “ingannare”?

Come tutti, anch’io mi ero resa conto che c’era una malattia contagiosa e si stava all’erta, avendo anche fatto esperienza della Sars nel 2003. Poi abbiamo sentito dire che non si trasmetteva da persona a persona, in tutta Wuhan sembrava che non ci fosse alcun problema e così anch’io ho abbassato la guarda. Il 18 gennaio però ho iniziato a portare la mascherina, perché tra la gente si andava diffondendo la consapevolezza che l’epidemia in realtà era grave. Ufficialmente, però, fino al 21 gennaio hanno continuato a essere organizzati eventi su larga scala.

Che cosa ha pensato quando ha saputo che l’intera città di Wuhan sarebbe stata chiusa in quarantena?

Credo di essere stata fra i primi a sapere del lockdown. Ho l’abitudine infatti di andare a letto molto tardi, perciò il 22 gennaio verso le 2 di notte ho letto la notizia. Io conosco molto bene la storia di Wuhan e una cosa del genere non era mai accaduta prima. Sapevo che la situazione era già grave e il 20 gennaio avevo cominciato immediatamente a pensare a dove ero stata e se avevo potuto contrarre il virus. Ho passato in rassegna quello che ho fatto giorno per giorno, ma l’epidemia è scoppiata ad Hankou, sulla riva nord del Fiume Azzurro, e io abito a Wuchang, sulla riva sud, in una zona abbastanza lontana e relativamente sicura. Quando è arrivato il primo giorno dell’anno lunare, il 25 gennaio, ho calcolato che era quasi impossibile che avessi contratto il virus.

Come la quarantena ha cambiato la sua vita?

Durante il lockdown la nostra quotidianità è certamente molto cambiata. Poiché è capitato proprio durante il periodo del Capodanno lunare, tutte le tradizionali visite ai parenti e agli amici sono state cancellate, è svanita anche l’atmosfera della festa vissuta con i familiari. Io stessa ho celebrato da sola il nuovo anno. Mia figlia è rimasta isolata a casa sua. Di solito alla vigilia si preparano molti piatti per festeggiare, ma a causa del lockdown abbiamo potuto preparare solo cibi molto semplici, come negli altri giorni.

Attività fisica in un ospedale a Wuan durante l'emergenza coronavirus

Qual è la cosa che l’ha fatta più arrabbiare durante l’epidemia?

Ciò che mi ha fatto infuriare è che nelle prime fasi dell’epidemia il governo ha nascosto quello che stava davvero succedendo. Ai piani alti sapevano fin dai primi di gennaio che questo virus era contagioso, ma non hanno detto niente alla gente comune, fino al punto da non prendere tutte le necessarie precauzioni per prevenire la diffusione dell’epidemia. Ed è proprio per questo che la gente è andata nel panico e il sistema sanitario è collassato, causando la morte di così tante persone.

Perché ha cominciato a scrivere il diario?

Ho cominciato a prendere appunti il giorno stesso di Capodanno. In Cina abbiamo una rivista molto famosa, il suo nome è Raccolto, che mi ha cercata nella speranza che io potessi scrivere un “resoconto della città sotto lockdown”. Perciò ho cominciato a pubblicare su Weibo dei post. Allora lo stavo facendo soltanto per raccogliere materiale in vista dell’articolo per la rivista, non intendevo scrivere ogni giorno. Poi però, siccome pubblicavo un post al giorno, alcune persone hanno preso a chiamarlo “diario” e io non mi sono opposta.

La gente come ha reagito ai suoi racconti?

Visto che mi trovavo proprio nell’epicentro dell’epidemia, e siccome come ho detto la rivista mi aveva invitata a scrivere, ho iniziato a buttare giù una “cronaca del lockdown”. Non avrei mai immaginato che avrei continuato a scrivere e non avevo idea mentre che molte persone avrebbero seguito quegli appunti come se fossero una serie tv. Questo me l’hanno detto più avanti soltanto alcuni amici, lasciandomi sinceramente sorpresa.

Che cosa ha destato l’interesse della gente?

All’inizio mi è parsa una cosa strana e anormale. Poi ho riflettuto e ho pensato che le persone al di fuori dall’area interessata dall’epidemia volevano capire la situazione e quelli che invece si trovavano all’interno del focolaio volevano essere rassicurati. 

Quanti lettori ha avuto il suo diario?

Decine di milioni. Quelle persone restavano sveglie di notte aspettando che pubblicassi la nuova puntata del mio diario per leggerla subito.

«E brava Fang Fang, hai fornito all’Occidente le armi per colpire la Cina». Questo è solo uno dei tantissimi attacchi che ha ricevuto in questi mesi. Perché?

Mai avrei pensato che delle persone avrebbero cominciato ad attaccarmi così violentemente. Per definire questo gruppo di persone in Cina usiamo l’espressione “estrema sinistra”. Già in passato alcuni di loro avevano criticato i miei romanzi. Mi hanno attaccata perché pensavano che criticassi il governo, che scrivessi informazioni negative durante l’epidemia e che non fossi soddisfatta del mio paese. Ecco perché hanno usato ogni sorta di diceria per calunniarmi. E io non potevo davvero fare altro che rispondere a tono. Questi attacchi purtroppo continuano ancora oggi, perché il mio diario verrà pubblicato all’estero. Per questo ora mi chiamano “traditrice della patria”.

Però lei ha criticato davvero il governo cinese.

La gestione dell’epidemia è stata problematica all’inizio, perché i funzionari non hanno prestato attenzione ai richiami dei medici. Inoltre i cinesi volevano festeggiare il Capodanno lunare e il governo doveva svolgere le sessioni del Parlamento e della Conferenza consultiva del popolo (dell’Hubei, ndr). Immagino che i funzionari avessero in mente di aspettare la fine delle sessioni per affrontare il problema e che non pensassero che la malattia avesse una carica infettiva così violenta. Quando i problemi hanno cominciato ad emergere, però, l’insufficiente conoscenza della malattia e l’inattività dei funzionari hanno portato alla diffusione del contagio. Il momento opportuno per fermarla era perso ormai. In seguito però, dopo che i leader dell’Hubei e di Wuhan hanno cambiato atteggiamento, gli specialisti hanno predisposto un piano concreto, hanno costruito ospedali da campo, separato i malati di coronavirus dagli altri e controllato rapidamente la diffusione del contagio.

Cito dal suo diario, 7 marzo: «Caro governo, metti da parte la tua arroganza e ringrazia umilmente il tuo signore, cioè i milioni di abitanti di Wuhan». Che cos’era successo?

Quel giorno tutti i media di Wuhan hanno scritto un articolo chiedendo alla popolazione di ringraziare il governo. Questo ha fatto infuriare moltissime persone e io ero una di loro. Secondo uno slogan del Partito comunista è il governo che deve servire il popolo! Durante l’epidemia al popolo sono state inferte gravi ferite e ora il governo vuole pure che sia il popolo a ringraziarlo? È semplicemente inimmaginabile. Perciò, infuriata com’ero, ho scritto quella cosa. Volevo far capire ai funzionari che erano loro a dover ringraziare la popolazione e che avrebbero anche dovuto chiedere scusa per gli errori commessi nella prima fase dell’epidemia.

Che cosa dovrebbe fare il governo?

È assolutamente necessario che indaghi per capire di chi sono le responsabilità in modo tale che la prossima volta non si ripeta un simile disastro. Il governo deve assumersi le sue responsabilità davanti al popolo.

Come si sente ora che la quarantena è finita?

Il giorno prima della fine del lockdown sono tornata nel mio distretto di residenza per prepararmi a finire un romanzo. Ma gli attacchi dell’estrema sinistra sono ripresi con inaspettata violenza e hanno cominciato a diffondere voci e ogni tipo di falsità contro di me. Sono arrivati fino al punto di attaccare i professori e gli accademici che si sono espressi in mio favore. Di conseguenza non ho potuto riprendere la mia normale vita di scrittrice ed è per questo che continuo a scrivere su Weibo. Ora sto pubblicando un nuovo articolo: “A riguardo”.

Ha concluso il suo diario citando un famoso verso di san Paolo. Perché?

Io non sono cristiana, ma amo la cultura cristiana e ne sono influenzata. Mentre scrivevo i miei post, non ho potuto fare a meno di continuare a combattere e a ribattere alle accuse dell’estrema sinistra. Quando sono arrivata alla fine del mio diario, mi è subito venuto in mente quel passaggio e ho pensato che fosse perfetto per concludere il mio racconto.

Ha collaborato alla traduzione dal cinese Chiara Piccinini

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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