
Tunisia. Saied si comporta da dittatore, «ma la gente lo sostiene»

A oltre dieci anni dalla “Rivoluzione dei gelsomini” che diede il via alla Primavera araba, la Tunisia si ritrova davanti a un bivio: affidarsi a un presidente autoritario come Kais Saied che ha sospeso parlamento e diritti, ma è sostenuto dalla popolazione, oppure a un parlamento simbolo di un percorso democratico ormai polarizzato, corrotto e che ha perso la fiducia di gran parte dei cittadini. Nelle ultime settimane la capitale Tunisi è stata al centro di manifestazioni che hanno coinvolto fronti opposti: da un lato i sostenitori dei partiti, soprattutto l’islamista Ennahda, che denunciano Saied di golpe, e dall’altro i sostenitori del capo dello Stato che appaiono sempre più numerosi nonostante continui episodi di repressione del dissenso e il continuo accentramento del potere.
«I tunisini sostengono il presidente Saied»
La nomina dopo oltre due mesi di attesa della premier Najla Boudin Ramadan, prima donna a ricoprire l’incarico nella storia del paese e nel mondo arabo, ha rilanciato ulteriormente la controversa figura di Saied, che in base a un sondaggio di Emrhod Consultin gode della fiducia di almeno il 79 per cento dei tunisini. Al di fuori della Tunisia è quasi incomprensibile un sostegno di tale portata per un capo dello Stato che di fatto sta portando il paese indietro di dieci anni e che vuole cancellare la Costituzione votata con fatica nel 2014 e divenuta simbolo di un percorso democratico riuscito.
«La popolazione lo sostiene perché vede in lui una rottura con il sistema e i 10 anni che abbiamo appena vissuto, dove la corruzione si è democratizzata e la situazione economica è peggiorata», afferma a Tempi una fonte tunisina che ha chiesto l’anonimato, a causa dei continui arresti di persone che criticano l’operato del presidente. «L’elezione di Saied ha rispecchiato fin dall’inizio un voto antisistema: un uomo affiliato a nessun partito, professore di diritto costituzionale all’università e lontano da tutti gli ambienti politici ed economici. I tunisini hanno votato per la sua integrità e oggi molti credono che il suo colpo di Stato del 25 luglio sia l’unica soluzione possibile per porre fine a una situazione politica che va di male in peggio», precisa la fonte.
Corruzione, crisi economica, disoccupazione
La partita che sta giocando oggi la Tunisia appare molto più complessa di quella di dieci anni fa, quando la popolazione scese in piazza per cacciare un regime durato 24 anni, lanciandosi fiduciosa sulla strada della democrazia, forte anche dell’appoggio della comunità internazionale. Corruzione, crisi economica endemica, disoccupazione e disuguaglianza sociale soprattutto tra grandi città e mondo rurale restano ancora i principali problemi, per una popolazione composta per quasi il 50 per cento da giovani sotto i 30 anni, che non ha dimenticato il sacrificio di Mohamed Bouazizi, il venditore ambulante di Sidi Bouziz che si immolò nel dicembre del 2010 per denunciare il sistema corrotto del regime di Ben Ali.
Lo scontro degli ultimi anni tra il movimento islamista Ennahda e i partiti laici per la spartizione del potere ha aggravato la crisi economica e sociale rendendo la Tunisia molto più simile a un paese fallito che a una democrazia emergente. «L’Assemblea dei rappresentanti del popolo era diventata il simbolo di tutti i mali del paese», continua la fonte tunisina. «La popolazione sostiene Saied perché vuole ripulire il parlamento», precisa. Dopo due domeniche di fila in cui per le strade di Tunisi i partiti più ostili a Saied, in particolare Ennahda, hanno sfilato denunciando il colpo di Stato e il sovvertimento della Costituzione, lo scorso 3 ottobre decine di migliaia di persone sono scese in via Habib Bourguiba, via Parigi e via Roma a Tunisi, per dimostrare il loro sostegno al presidente.
La tentazione di «ripulire il parlamento»
Le manifestazioni sono state bollate come un attacco al paese da giornalisti, politici e attivisti che stanno guidando il fronte anti-Saied, denunciando episodi di incitamento alla violenza contro Ennahda e roghi della Costituzione del 2014. Anche sui numeri delle proteste si è consumato uno scontro tra Saied e i suoi oppositori, con il presidente che ha parlato di 1,8 milioni di persone, mentre in base a quanto affermato dalle forze di polizia non erano più di 10.000. Le manifestazioni del 3 ottobre sono state organizzate soprattutto attraverso il tam tam sui social media, tuttavia alcuni partiti politici minoritari di sinistra, come il movimento di sinistra Echaâb, Alleanza per la Tunisia e la Corrente popolare hanno invitato i loro sostenitori da vari governatorati a dare il proprio sostegno al presidente della Repubblica.
«Coloro che sostengono Saied non provengono solo dalla capitale, ma da varie parti della Tunisia. Saied è un professore e ha vissuto in un quartiere popolare e ciò spinge molte persone a identificarsi con lui. Lo considerano semplice, colto, onesto e soprattutto lontano dai circoli politico-finanziari per i quali oggi c’è un rifiuto totale», spiega la fonte a Tempi, aggiungendo: «La scorsa domenica ci sono state grandi manifestazioni a sostegno delle decisioni del presidente, che chiedono lo scioglimento del parlamento. Probabilmente ci stiamo dirigendo verso un cambio di regime politico di stampo presidenziale, attraverso un referendum o un altro meccanismo».
Cambiare la Costituzione della Tunisia
Già lo scorso 11 settembre Saied aveva annunciato l’intenzione di cambiare la Costituzione del 2014 adottata nel gennaio dello stesso anno dopo tre anni di scontri fra i vari partiti politici, in particolare tra gli islamisti di Rached Ghannouchi, attuale presidente del Parlamento, e le formazioni politiche laiche che in seguito sono confluite nel partito Nidaa Tounes. Finora Saied non ha ancora spiegato come agirà, ma secondo i media tunisini l’intenzione è quella di sospendere la Costituzione e stilare una versione modificata che verrà sottoposta a referendum.
Intanto, per silenziare gli oppositori, Saied ha dato il via a una campagna di arresti che sta coinvolgendo esponenti politici, attivisti e giornalisti che criticano il suo operato. A finire nel mirino sono soprattutto gli esponenti dei partiti islamisti, i più critici nei confronti delle misure adottate dal capo dello Stato. Gli ultimi arresti illustri riguardano il deputato tunisino Abdellatif Alaoui, esponente del movimento islamista Al Karama, e il presentatore del talk show televisivo Zitouna Ameur Ayed. Lo scorso 3 ottobre, Ayed ha letto in onda The Ruler del poeta iracheno Ahmed Matar, famoso per le sue poesie satiriche e critiche sui dittatori del mondo arabo.
Oppositori agli arresti
Gli arresti sono stati condannati da Ennahda, secondo cui l’incarcerazione dell’esponente di Al Karama e di altri deputati mira a impedire il raggiungimento del quorum in occasione della riunione dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), impedendo al parlamento di esercitare il suo potere legislativo stabilito dalla Costituzione. Il 6 ottobre, il sindacato dei giornalisti tunisini (Snjt) ha divulgato una nota in cui ha condannato l’aumento di procedimenti giudiziari nei confronti di civili davanti a tribunali militari. Il sindacato ritiene il presidente tunisino, Kais Saied, «responsabile dell’eventuale declino delle libertà pubbliche e individuali» e lo ha invitato a onorare i suoi precedenti impegni a garantire i diritti previsti dalla Costituzione.
Foto Ansa
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