Tunisia. Dopo la strage di Sousse, gli hotel sono vuoti: «Il turismo è completamente morto»

Di Leone Grotti
18 Luglio 2015
Nelle località turistiche, da Tunisi ad Hammamet, non si vedono più occidentali e 400 mila persone rischiano di perdere il lavoro. «Il quadro generale è fosco»
FILE - In this June 28, 2015 file photo, tourists and a baby camel walk on a beach in front of the Imperial Marhaba Hotel in Sousse, Tunisia. The blood on the sand has washed away, but the damage wreaked on Tunisia by a few terrifying minutes of gunfire at a beach resort will be deep and lasting. The tourist economy is likely to be gutted: Up to 2 million hotel nights per year are expected to be lost, hastened by warnings from Britain and other European governments last week that their citizens are no longer safe on . (AP Photo/Darko Vojinovic, File)

Mohamed Masmoudi fa la guida. Ogni giorno da 30 anni raccoglie turisti in giro per Tunisi e li porta a vedere le rovine di Cartagine. La grande città del Mediterraneo che sfidò Roma, e che venne rasa al suolo nel 146 a.C., oggi si trova in un sobborgo della capitale della Tunisia e in estate è sempre piena di turisti. O meglio, era.

«IL TURISMO È MORTO». «Sono davvero triste, perché ho perso il mio lavoro: non c’è più nessuno qui da portare a visitare Cartagine», spiega sconsolato Masmoudi alla Bbc. «Dall’attacco di Sousse, almeno per quello che vedo io, il turismo in Tunisia è morto. È completamente morto».

DUE MASSACRI IN TRE MESI. Il 26 giugno, 38 turisti sono stati massacrati a Sousse da un tunisino affiliato all’Isis, in uno dei luoghi di vacanza più ambiti del paese nord-africano. Tre mesi prima, il 18 marzo, lo Stato islamico aveva già assaltato il museo del Bardo, uccidendo 22 persone, tra cui 21 turisti.

FULCRO DELL’ECONOMIA. Il duplice attentato ha fatto crollare il turismo, che rappresenta il 14,5 per cento del Pil tunisino. Su una popolazione di 10 milioni di persone, in 400 mila lavorano nel settore. Per difendere l’affluenza degli stranieri, il ministro del Turismo ha chiesto e ottenuto il dispiegamento di 1.000 poliziotti armati a presidio di spiagge, strade e hotel. Ma non sembra essere servito a molto.

«E I GIOVANI?». «Se le cose vanno avanti così la gente si arrabbierà», afferma sconsolato alla Fawzi al-Arebi, mercante della città vecchia di Hammamet, principale località turistica della Tunisia. «Qui agricoltura e pesca valgono poco. La nostra principale fonte di guadagno è il turismo e ora siamo molto spaventati. Noi forse possiamo anche sopravvivere, ma che futuro avranno i giovani?».

HOTEL DESERTI. Secondo le stime dei tour operator, da qui all’anno prossimo gli hotel tunisini potrebbero perdere fino a due milioni di notti di prenotazioni. Radhouane Ben Salah, presidente della Federazione degli hotel tunisini, ha dichiarato che già 23 alberghi hanno chiuso i battenti in seguito alla strage di Sousse in neanche un mese. «Non ci sono più turisti europei, il quadro generale è fosco». Anche colossi come il Medina Belisaire Thalasso Hotel, tra gli alberghi più famosi di Hammamet, stanno soffrendo: il gioiello sulla costa, che può ospitare fino a 552 persone e che in questo periodo è sempre in overbooking, ha attualmente 15 turisti.

EVITATE TUTTO. Non c’è da stupirsi per la moria di visitatori, se tutte le ambasciate del mondo rilasciano ai turisti consigli simili a quelli offerti in Australia: «Evitate aree conosciute per essere frequentate dagli stranieri come (ma non solo) missioni diplomatiche occidentali, centrali petrolifere, aree residenziali, hotel, club, ristoranti, bar, scuole, mercati, luoghi di preghiera, eventi all’aperto e aree turistiche». Se bisogna rispettare un simile elenco, meglio stare a casa.

tunisia-turismo-pubblicita-facebook

PUBBLICITÀ DISPERATE. È per fronteggiare questi mali estremi, che un pubblicitario tunisino è ricorso a estremi rimedi. Selim Ben Hadj Yahia, che lavora per la società Ramdam.in, ha realizzato la campagna “Smetteresti di visitare…?”. Sui cartelloni pubblicitari diffusi su Facebook compaiono importanti città occidentali come Londra, New York o Parigi nel momento in cui vengono colpite da attentati (rispettivamente il 7 luglio, l’11 settembre e il 7 gennaio).

«ANNI PER RIPRENDERCI». Difficile che basti questa trovata di dubbia efficacia per cambiare le cose. La partita per la Tunisia però è davvero importante: se crolla il turismo, e quindi l’economia, è probabile che anche la fragile democrazia costruita dopo la “Primavera araba” capitoli. «Fino ad ora non c’è stata solidarietà», afferma preoccupato il ministro dei Trasporti tunisino, Mahmoud Ben Romdhane. «Ci sentiamo soli e ci vorranno anni per riprenderci».

@LeoneGrotti

Foto spiaggia Ansa/Ap

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5 commenti

  1. Antonio

    presto, con le dovute proporzioni, anche il nostro di turismo sarà devastato, questo dai continui afflussi di sbandati e scrocconi clandestini senz’arte nè parte ipocritamente e ambiguamente definiti “migranti”. Già c’è un degrado pazzesco nelle zone turistiche. Balordi e accattoni africani ad ogni angolo, a branchi, arroganti e strafottenti, rozzi e maleducati. Altro che “risorse”. Sporcano ovunque, urlano nei telefonini, pretendono dalle istituzioni e si lamentano sempre. Ovunque chiedono soldi, persino sulle spiagge (ma non sono mantenuti?) e importunano i turisti. Si azzuffano e creano disordini per piccolezze. Anche questo è un modo per devastare un settore in Italia importante come il turismo.

  2. Sebastiano

    Non ho capito quale potrebbe essere la solidarietà invocata dal ministro. Ha bisogno che qualche altro gruppetto di turisti vada lì per farsi accoppare?

  3. Antonio

    I giovani tunisini senza futuro si aggiungeranno alle centinaia di migliaia di immigrati già presenti nel nostro paese.

    1. Chiara

      Ho pensato la stessa cosa…

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