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Chissà come ha votato Kelly O’Connor, titolare del ristorante Kelly O’ di Pittsburgh, in Pennsylvania, che quasi due anni fa – intervistata da una troupe della Cbs – se la prendeva come molti con il costo crescente delle uova: «Non è giusto, davvero non è giusto», ripeteva giurando che nonostante la riduzione dei margini per il suo locale non avrebbe alzato i prezzi del menù. I fatti dicono che la guerra di nervi tra la ristoratrice e l’inflazione ha visto alla fine prevalere quest’ultima: nel 2019 un “Pittsburgh Platter” (due uova, salsiccia polacca Kielbasa, pierogi con cipolla e pane tostato più patatine fritte o purè) veniva servito alla ragionevole cifra di 11 dollari e 39 cent, oltre tasse. Cinque anni più tardi, la stessa identica colazione ha subìto un sovrapprezzo di ben cinque dollari.
È stato quando lo sfrigolio delle uova sulla piastra di prima mattina è diventato il rumore del malcontento per milioni di statunitensi che probabilmente Donald Trump ha vinto le elezioni...
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