
Tentar (un giudizio) non nuoce
Tre lezioni dalle regionali in Sardegna

“La prima sconfitta di Giorgia Meloni”. Così, hanno, più o meno, raccontato le maggiori testate giornalistiche e gli opinionisti, la vittoria della pentastellata Alessandra Todde nelle elezioni regionali in Sardegna. Nell’affermazione c’è sicuramente del vero. Il cosiddetto “campo largo”, ossia la coalizione composta da Pd, 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra e altre forze della sinistra radicale, ma non da Azione e Italia Viva che si sono schierate con Soru, ha avuto la meglio sull’ipotizzata onda lunga di “Giorgia Presidente”. Benché, alla fine, il risultato sia stato più risicato di come sembrava dopo i primi scrutini, certamente questo esito è un risultato inatteso e in controtendenza rispetto ai pronostici della vigilia.
Che considerazione possiamo fare su questo fatto politico? Il primo elemento che voglio sottolineare è che il “candidato conta”, infatti, tutte le volte che i partiti si affannano per imporre un candidato di bandiera e ignorano la valutazione oggettiva e la qualità attrattiva della persona che stanno proponendo, si espongono al rischio di sonore e inattese sconfitte.
Un monito per il centrodestra
In Sardegna è avvenuto esattamente questo. La discussione avvenuta in fase di candidatura rispetto a riconfermare il presidente uscente Solinas o ad optare per il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzo, ha prodotto l’esito che stiamo commentando. Del resto, Solinas ha ottenuto uno dei consensi più bassi tra i presidenti di regione e Truzzo, non particolarmente amata a Cagliari, è stato surclassato dalla Todde nella sua città. Discorso opposto si può fare per la candidata presidente dei 5Stelle, figura certamente differente dallo stereotipo del movimento di Conte, con due lauree (una in ingegneria ed una in informatica), manager affermata, che prima di dedicarsi alla politica ha avuto ruoli apicali in Italia e all’estero, sino ad essere considerata una delle donne più influenti nel campo della tecnologia. Un profilo pertanto personalmente indiscutibile.
Mi auguro che questo possa rappresentare l’ennesimo monito, soprattutto per la coalizione di centrodestra che, in tante situazioni recenti, ha dimostrato di non considerare a sufficienza questo aspetto. Era già avvenuto con le elezioni comunali di Milano. Non basta essere persone stimate e per bene per essere buoni candidati politici, bisogna avere esperienza politica, competenza amministrativa e capacità di leadership, e questo non tutte le persone per bene possono vantarlo.
Voto disgiunto
La seconda considerazione che emerge da queste elezioni è l’ennesima dimostrazione della volubilità dell’elettorato. Tutti, infatti, si aspettavano un centro destra con il vento in poppa, in particolare Fratelli d’Italia, e anche qui ci sono state parecchie sorprese. È pur vero che nelle precedenti elezioni nazionali il centrodestra in Sardegna si era fermato poco al di sopra del 40 per cento mentre il “campo largo” aveva sfiorato il 49, ma se andiamo a vedere i voti dei partiti, Fratelli d’Italia al 13,6 per cento è un risultato sicuramente al di sotto delle aspettative, quando a livello nazionale è dato attorno al 30.
Questo induce a fare la terza considerazione, forse la meno sottolineata dai commenti e cioè, guardando i risultati delle liste, sorprende non solo il fatto che quelle del centrodestra hanno totalizzato il 48,8 per cento, risultato che testimonia che c’è stato, con tutta evidenza, un significativo voto disgiunto. A differenze di quelle collegate alla Todde che si sono fermate al 42,6.
Sorpresa al centro
Ciò che però colpisce con una certa sorpresa sono i voti ascrivibili all’area moderata. I numeri dicono questo: Sardegna al Centro, lista in cui si riconosceva anche Noi Moderati ha ottenuto il 5.5 per cento; l’Udc Sardegna il 2,8; Forza Italia il 6,3; Noi Democrazia Cristiana con Rotondi lo 0.3; se aggiungiamo poi Alleanza Sardegna Partito liberale italiano che è giunta 4,1 e Riformatori Sardi al 7,1 siamo abbonatemene sopra il 20 per cento.
Considerando la parte della sinistra moderata che si è schierata con Soru che ha raccolto complessivamente almeno un altro 5 per cento (tolta Rifondazione) si vede come l’area moderata ha intercettato un consenso molto vasto, significativamente più alto dei partiti principali. Non solo rispetto a Fratelli d’Italia, ma anche al Pd, primo partito con il 13.8 per cento, e non parliamo della Lega che si è fermata al 3,6 e il Movimento 5 stelle che si è attestato al 7,8.
Su questo fatto io credo che si debba riflettere perché, se da un lato è vero che le regionali sono elezioni a turno unico, senza ballottaggio e richiedono un’aggregazione delle coalizioni sin da subito che non danno spazio per tentativi per “Terze vie” come si è dimostrato per Soru, dall’altro non può non colpire come la polarizzazione sulle ali più estreme, che abbiamo potuto constatare nelle ultime elezioni politiche, perlomeno in questo caso, ha avuto un significativo colpo d’arresto.
Ci attendono adesso due puntate importanti per capire se questo è stato un episodio, o è il segno di una tendenza diversa. Vedremo tra una settimana le elezioni in Abruzzo e poi soprattutto le elezioni Europee e le Regionali in Basilicata e Piemonte, e le amministrative in 3.700 comuni, di cui 27 capoluoghi di provincia e sei capoluoghi di Regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Staremo a vedere…
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