
Trattato europeo, Monti è compiaciuto di aver firmato un “do ut des” economico
I movimenti dei mercati finanziari degli ultimi due giorni registrano dei valori positivi su almeno due fronti. Il primo riguarda il comparto dei titoli bancari. Ieri, la maggioranza delle aziende di credito quotate in borsa ha segnato dei buoni guadagni. Mps è stata la migliore con un rialzo dell’8,01 per cento a 0,345 euro. Valori positivi anche per Banco Popolare (+5,24 per cento), Bpm (+4,75 per cento), Mediobanca (+3,03 per cento), Ubi Banca (+1,43 per cento). Pressoché invariato il titolo che nei giorni scorsi ha messo in cassa 7,5 miliardi di euro di ricapitalizzazione, Unicredit che ha chiuso la giornata con un +0,05 a 3,974 euro. Bene senza eccellere Intesa Sanpaolo che avanza di +0,39 per cento a 1,547 euro. Le borse europee hanno registrato all’unanimità un segno positivo. Il Dax tedesco è salito dello 0,59 per cento, il Cac francese dello 0,27 per cento e a Londra il Ftse100 ha chiuso con un sostanziale pareggio: +0,02 per cento.
L’altro fronte molto importante per le sorti delle economie europee riguarda la diminuzione degli spread nei confronti della Germania. In Italia il differenziale Bund-Btp decennale ha registrato un minimo intraday di 372 stabilizzandosi a 375 punti base. Medesimi risultati anche per gli altri titoli di Stato europei. Nonostante i dati positivi appena visti, ci sono molti aspetti poco chiari che meritano un approfondimento. Il punto cardine risiede nel meeting di Bruxelles avvenuto tre giorni fa, in preparazione della ratifica dell’accordo sulle regole dei bilanci di Stato denominato fiscal compact. Molti commentatori ed economisti hanno duramente criticato i contenuti esposti nell’accordo. Oltre al vincolo costituzionale del pareggio di bilancio, l’elemento più discusso riguarda il limite imposto nel rapporto debito/Pil al 60 per cento, con l’obbligo di rientro per la parte eccedente di una quota di 1/20 all’anno. Tradotto significa un miglioramento del debito pubblico di circa 50 miliardi di euro l’anno. Un vero e proprio sacrificio insostenibile per l’Italia.
Alberto Quadrio Curzio, nelle pagine Corriere della Sera di ieri ha duramente criticato queste scelte, così come l’outlook pubblicato da Unicredit sullo sviluppo del sistema economico nazionale. Secondo la banca di piazza Cordusio gli effetti del fiscal compact sul Pil saranno dannosi. Perché il premier Monti sorride compiaciuto all’accordo e i mercati hanno risposto positivamente il giorno successivo all’incontro di Bruxelles? Sono ancora molti i punti che non si conoscono. Uno fra tutti è il ruolo che avrà il fondo salva-stati (Efs) nella sua versione definitiva. Per ora si è a conoscenza di un radicale aumento dell’importo con cui i Paesi sottoscrittori garantiranno le nazioni in difficoltà in eurolandia: 700 miliardi di euro e una capacità di prestito per 500. Non si sa ancora come saranno suddivise le quote partecipative al fondo e non sono ancora chiari i criteri di distribuzione dei capitali raccolti.
La compiacenza di Mario Monti può associarsi, nell’immaginario collettivo ad un do ut des con la Germania: uno scambio dove da una parte alloggia il rigorismo tedesco, dall’altra una possibilità cospicua per l’Italia di poter attingere dall’Efs. Se così fosse il rigorismo imposto dalla Germania verrebbe attenuato e controbilanciato dagli aiuti dell’Efs. In sostanza viene tolto da una tasca ciò che viene messo nell’altra. Bisogna anche ricordare che il presidente Monti si è presentato a Bruxelles con un forte peso: l’appoggio dei mercati finanziari ottenuto durante la sua visita a Londra lo scorso gennaio. A questo punto viene da domandarsi: perché non semplificarsi la vita permettendo l’emissione di Eurobond o dare alla Bce la facoltà di essere prestatore d’ultima istanza? Molto rumore per nulla direbbero gli inglesi, ma vallo a spiegare ai tedeschi.
Twitter: @giardser
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