Torna la violenza anni 70 in università. Ma un gesto gratuito può cambiare tutto

Di Renato Farina
07 Marzo 2016
Nella biblioteca della Statale, mentre gli studenti di sinistra si stavano gettando addosso a quel tizio di destra, un ragazzo di Cl l'ha difeso
Studenti manifestano per le vie del centro in un corteo non autorizzato composto da circa 300 studenti partiti dall'universit? Statale di Milano, mercoledi' 22 dicembre 2010. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

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Bologna, a Milano. In università sta tornando un mondo antico e pessimo. Boris lo conosce. Era in Università statale nei primi anni Settanta. Si radunavano squadre del Movimento studentesco di Capanna, Cafiero e Toscano e/o di Avanguardia operaia ad aggredire chi impediva il loro possesso totalitario dell’università. Erano gli studenti di Comunione e liberazione a incrinare la presa assoluta dell’ateneo da parte di costoro; non che facessero granché: erano semplicemente presenti, non isolati, ma in gruppo, dicendo le loro cose, aiutando chi cercava un alloggio, un’amicizia, un libro. In nome di qualcosa di diverso dall’ideologia marxista-leninista. Volevano sloggiarli, ma loro si ostinavano a non scappare, a stare lì, e a voler dialogare. A Boris è rimasta in mente una fotografia scattata a Parigi e appesa nella loro scalcinata sede in via Festa del Perdono: “Le Christ est ressuscité”.

Quando ho letto del professor Angelo Panebianco oggetto di aggressione in aula all’università di Bologna, Scienze politiche, due, tre volte, ho ricordato quando assistetti a una scena analoga in Statale, a Milano, via Festa del Perdono, contro il meraviglioso professore di Storia contemporanea Giorgio Rumi. Ovviamente nulla finì sui giornali (il Corriere e il Giorno simpatizzavano con i violenti, il Giornale non era ancora nato). Boris dovette cambiare università per le minacce. Tutto normale, allora.

Non solo Bologna, ma Milano, anche se l’aggressione è rimasta confinata nelle cronache locali. Quello che è accaduto martedì alla Statale ricorda il clima di quel tempo. Senza entrare nei dettagli controversi, Boris ha raccolto una testimonianza informata. Un collettivo studentesco di estrema sinistra si scontra con un gruppo di estrema destra che protestava per non aver potuto ottenere un’aula dove celebrare la giornata del ricordo e parlare di foibe. Chi ha cominciato? Alcuni di destra, avuta la peggio, si rifugiano in biblioteca centrale. Uno di loro, forse il leader o quello che stava sul gozzo più degli altri, è identificato da un manipolo di nemici che gli balzano addosso. Anzi, ci provano.

In quel momento – non so prima – ci sono aggressori e c’è un aggredito. C’è un terzo soggetto dello spettacolo: chi non c’entra, è seduto, studia. Ricordo molto bene identiche situazioni. Boris, con altri amici, era stato il bersaglio di un corteo, 1974, che ci urlava parole tra cui ne ricordo tre: fascisti-sangue-cimitero, fuori dal vicino liceo Berchet. Di solito si crea il vuoto intorno. Allora accadde così. Si percepisce in quei momenti l’indifferenza paurosa dei “neutrali”. Si è come in una stessa campana di vetro il boia e la vittima, e tutto il mondo fuori, oltre la campana di vetro.

Forse il medesimo fenomeno si è verificato anche nell’aula del professor Panebianco, altrimenti quei gaglioffi non sarebbero tornati. Si vede nelle foto che i mascalzoni comunisti scrivono idiozie sulla lavagna, gli puntano il dito a un centimetro dal naso, e scodinzolano senza oppositori visibili. La zona grigia… Il professor Panebianco ha invece detto di aver trovato sostegno negli studenti. Gli fa onore. Ma dalle immagini non si vede.

Un’altra possibilità rispetto al grigio
C’è un’altra possibilità rispetto al grigio. Una testimonianza diversa. Ed è una cosa che rincuora. Un punto di resistenza alla degenerazione violenta può esistere. E sono le persone cui importa qualcosa degli altri, qualunque idea abbiano, guai a chi li tocca, guai a chi cerca di zittire, di cacciare, di umiliare.

Nella biblioteca della Statale, mentre gli studenti di sinistra si stavano gettando addosso a quel tizio di destra, un ragazzo non si è rimpannucciato sopra i suoi libri di filosofia. Ma si è alzato, è molto alto, e ha coperto come uno scudo umano l’aggredito. Lo ha avvolto nella sua generosità. Lui non sa spiegare bene perché l’ha fatto. Questo ragazzo, P. L., non è propriamente uno di sinistra. Per dirla tutta, è di Comunione e liberazione. Non c’entra in nulla e per nulla coi due contendenti.

Boris gli ha chiesto che cosa fosse scattato in lui. Mi ha detto che non lo sa bene, in quel secondo della sua decisione non sapeva chi fosse il fascista e chi il comunista, ma è sicuro che a parti rovesciate avrebbe fatto lo stesso. L’istinto direbbe: sopravvivi, lascia fare, come nel branco degli gnu. Un incontro cambia il mondo. L’educazione dà un’altra forma all’istinto.

@RenatoFarina

Foto Ansa

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2 commenti

  1. ANGELO

    Questi nuovo sessantottini, mandiamoli tutti in libia !!!

  2. Aragorn

    Grazie dell’articolo Boris. Sè oggi seguo Gesù Cristo è grazie a delle persone affascinate dal carisma di don Giussani. Sono un figlio di un fascista di dieci figli che non c’è più;da lui ho imparato anche con le cattive-perchè ho la testa dura,come mè lo ricordano gli amici tutt’oggi- che bisogna lavorare per avere dignità nella
    vita. Alle elementari mi dirottarono perchè rompino, in una classe con un’insegnante ex ufficiale monarchico-reppublichino dal fronte russo. Risultato: a 12 anni aderii,scatenando la rabbia di mio padre,alla Giovine Italia
    di Giorgio Almirante. Oggi capisco,dopo 40 anni di sequela,l’urgenza educativa della fede di don Giussani; per “strappare” l’umano al potere ideologico e riconsequarci a Cristo. Tutt’oggi rimango nonnostante il mio e altrui limiti, perchè,come gli Apostoli per cercare la Verità dell’esistenza da Chi andremo?
    Liberanos dal male, Domine; veni Sancte Spiritus, veni per Mariam.

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