
Terremoto. Per “Casa Italia” strada in salita tra rigidità europea e «crescita zero»

Sulla «flessibilità necessaria per “Casa Italia”» il governo Renzi «è pronto al braccio di ferro» con l’Unione Europea, «pur senza andare allo scontro». Così Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera descrive la nuova tensione creatasi ieri tra Roma e Bruxelles in merito a “Casa Italia”, il piano di bonus fiscali e investimenti pubblici promesso dal premier per «mettere in sicurezza l’Italia» rispetto al rischio sismico.
LE MANI AVANTI. In risposta all’annuncio da parte di Matteo Renzi del progetto “Casa Italia”, il capo dei portavoce dell’Unione Europea, Magaritis Schinas, ha detto infatti che «le attuali regole già prevedono l’esclusione delle misure di ricostruzione dalla contabilizzazione ai fini dei parametri europei come è già stato fatto per Abruzzo ed Emilia. Ma l’intervento è limitato a quanto è necessario per fronteggiare direttamente e immediatamente l’emergenza allo scopo di contenere i danni o evitare un impatto più grande». La replica di Renzi al Tgr: «All’Europa diciamo che quello che ci serve lo prendiamo. Punto».
«CASO PESANTISSIMO». E se il Corriere ha scelto di utilizzare termini “delicati” («braccio di ferro» ma niente «scontro» tra il governo italiano e l’Europa), su Repubblica Eugenio Occorsio parla apertamente di Unione Europea che «si mette di traverso nell’ambizioso piano per mettere definitivamente in sicurezza l’Italia», «pesantissimo caso politico» che «si apre sulla scia della tragedia». Secondo il quotidiano romano la «flessibilità limitata» ventilata da Bruxelles rappresenta una «posizione draconiana e inaspettata» la cui ragione «andrebbe cercata presso alcuni membri del gabinetto Juncker che già in passato hanno fatto a gara per essere più tedeschi dei tedeschi».
5 MILIARDI? In ogni caso, di sicuro per l’avvio del piano “Casa Italia” bisogna aspettarsi un percorso più tortuoso di quello immaginato dal governo. In quanto ai costi, continua il giornalista di Repubblica, «qualche report finanziario comincia a uscire». Per esempio quello dell’European Economics Notebook di Lorenzo Codogno, ex capo economista del Tesoro, che ipotizza 5 miliardi di euro, ovvero lo 0,3 per cento del Pil. Proprio a proposito del Pil, però, a quanto pare sono in arrivo altre brutte notizie: lunghi mesi di «crescita zero» che certo non faciliteranno il compito di reperire le risorse necessarie agli interventi antisismici.
SCENARIO «POSSIBILE». Sempre su Repubblica, in un articolo nella sezione economia, scrive Valentina Conte che è «possibile» che si verifichi lo scenario della «crescita zero fino alla fine dell’anno». I fattori che «rischiano di tenere l’Italia in stagnazione» sarebbero i seguenti: «Rallentamento della domanda internazionale, ribasso delle materie prime allo sgocciolo, investimenti fermi, incertezza dilagante tra banche, Brexit, terrorismo e ora anche il terremoto». E le prime conferme di questa previsione verrebbero da un dato Istat, e cioè la «fiducia declinante di imprese (per la prima volta sotto i 100 punti da febbraio 2015) e consumatori in agosto», e da un dato Eurostat, che «segnala l’Italia come il paese europeo con il più alto numero di senza lavoro scoraggiati»: il 37 per cento dei disoccupati infatti ha smesso di cercare un posto.
«NON FIDUCIA STRUTTURALE». Repubblica riporta anche le opinioni di diversi osservatori autorevoli, tutti inclini a descrivere uno scenario di crisi. Confesercenti parla «non fiducia quasi strutturale». Il presidente di Federmoda Renato Borghi dice che questa estate, nonostante i saldi, gli acquisti sono andati «giù di quasi un punto» (dopo il -5 per cento segnato in primavera). E se un po’ di ottimismo si conserva nel settore turismo (mancano le stime complete ma i pedaggi autostradali sono a +5-6 per cento), il centro di ricerca Ref smonta contraddice le avvisaglie di ripresa annunciate da Renzi. «La crescita nulla del secondo trimestre non appare un caso isolato. Le tendenze della seconda parte dell’anno dovrebbero confermare la stagnazione della nostra economia».
0,6 PER CENTO. Anche Confindustria secondo Repubblica si prepara a «incorporare» questo «scenario spiazzante» nella prossima analisi della congiuntura economica. Per Nomisma poi «pessimismo e nervosismo» sono destinati a crescere mano a mano che si avvicina une scadenza politica cruciale come il referendum. Se la crescita zero sarà confermata nel terzo e quarto trimestre del 2016, calcolano gli economisti, il dato della crescita annuale dovrebbe essere rivisto allo 0,6 per cento, in linea con le previsioni dell’Istat, metà di quelle del governo. Conseguenze? Un brutto inizio anche per il 2017 e soprattutto un debito più alto del previsto (133 per cento del Pil contro il programmato 132,4). Chissà se la manovra finanziaria in arrivo sarà davvero «espansiva» come promesso. E chissà se riusciremo davvero a prenderci «quello che ci serve» per “Casa Italia”.
Foto Ansa
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