Terremoto. L’Occidente non può considerare le vittime siriane di serie B

Di Leone Grotti
08 Febbraio 2023
Già 45 Stati hanno promesso aiuti alla Turchia, mentre a causa delle sanzioni e dell'embargo nessuno si sta muovendo per la Siria. «Siamo lasciati soli»
Conseguenze del terremoto in Siria

Conseguenze del terremoto in Siria

Le istituzioni di 45 paesi in tutto il mondo si sono messe in contatto con il governo di Recep Tayyip Erdogan per offrire aiuti alla Turchia dopo il devastante terremoto di lunedì mattina. Lo stesso non è accaduto con la Siria, dove secondo stime parziali sono morte 2.530 persone. Nella suo comunicato di vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma, Joe Biden ha a malapena citato la Siria. Poiché gli Stati occidentali non riconoscono l’esecutivo di Bashar al Assad come legittimo, l’eventuale invio di aiuti potrà passare solo attraverso organizzazioni non governative. Rallentando inevitabilmente l’arrivo dei soccorsi.

In Siria il sisma si aggiunge a 12 anni di guerra

Nonostante il sisma abbia fatto più vittime in Turchia, l’impatto delle scosse è probabilmente ancora più grave in Siria, un paese provato da 12 anni di guerra, non ancora conclusa, e da un embargo occidentale che impedisce a Damasco di rimettere in sesto la propria economia e di ripartire.

A fare le spese di questa situazione è come sempre la popolazione, a prescindere dalla fazione politica cui appartiene. Come tutto l’Idlib, anche la parte della regione tuttora nelle mani dei terroristi, occupata militarmente dalla Turchia, è stata fortemente colpita dal terremoto. Gli aiuti amministrati dalle Nazioni Unite, di cui la gente ha disperatamente bisogno, possono arrivare da Ankara soltanto attraverso il passaggio di Bab al-Hawa. Questa strada, però, è al momento inagibile a causa dei danni causati dal sisma.

La diretta conseguenza è che gli aiuti arrivano con il contagocce, anche se nelle ultime ore il governo di Assad ha aperto alla possibilità di far arrivare i soccorsi attraverso i territori controllati da Damasco.

«La Turchia riceve aiuti, la Siria no»

Ugualmente in difficoltà è la popolazione colpita dal sisma nelle regioni sotto il controllo governativo di Idlib, Hama, Aleppo e Latakia. Già prima del terremoto ammontavano a 7 milioni gli sfollati interni in tutto il paese. Le sanzioni di Unione Europea e Stati Uniti al governo di Assad hanno finora impedito alle imprese occidentali di aiutare a ricostruire il paese dopo la guerra.

«Sia Turchia che Siria sono stati colpiti da una catastrofe. Ma la Turchia riceve moltissimi aiuti internazionali, mentre i siriani vengono lasciati soli a causa delle sanzioni e dell’embargo», dichiara a Tempi Roula Mistrih, che lavora per la parrocchia san Francesco D’Assisi di Aleppo, gestita dai frati della Custodia di Terra Santa.

«Distribuiamo cibo e coperte ma ci serve aiuto»

Nelle loro strutture ad Aleppo i francescani stanno ospitando migliaia di persone «che non vogliono tornare alle loro case perché le scosse non si fermano e hanno paura, ma anche paura mancano elettricità e riscaldamento». Qui, spiega ancora Mistrih, «distribuiamo cibo e coperte, ma abbiamo bisogno di aiuto» (per donare a Pro Terra Sancta cliccare qui).

Un aiuto che fatica ad arrivare sia da parte del governo di Damasco, «che ha pochissimi mezzi», sia dalla comunità internazionale «a causa delle sanzioni». È dunque urgente che i paesi occidentali, in particolare Usa e Unione Europea, riconsiderino la loro posizione nei confronti di Damasco, almeno per il tempo necessario ad aiutare il paese a gestire la catastrofe umanitaria e a ricostruire. Le vittime siriane del terremoto non possono essere considerate di serie B rispetto a quelle turche.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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