Te deum laudamus perché Uno si prende in groppa il caos

Di Mauro Grimoldi
31 Dicembre 2016
Poesia di fine anno. «Maria che soccorri i cadenti, sostieni i pendenti rialzi i morenti quando non hanno più vino, non hanno più fiato, non hanno più vita»

te-deum

Questo articolo è tratto dal numero di Tempi in edicola a partire dal 29 dicembre (vai alla pagina degli abbonamenti) e secondo tradizione è dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso. Nel “Te Deum” 2016 Tempi ospita i contributi di Benedict Nivakoff, Alex Schwazer, Rone al-Sabty, Ilda Casati, Luigi Amicone, Siobhan Nash-Marshall, Therese Kang Mi-jin, Anba Macarius, Roberto Perrone, Pier Giacomo Ghirardini, Farhad Bitani, Maurizio Bezzi, Renato Farina, Pippo Corigliano, padre Aldo Trento, Mauro Grimoldi. Il prossimo numero di Tempi sarà in edicola da giovedì 12 gennaio 2017.

quanto volgere d’anni
per vivere
e poi dire
scrivere
quanto tempo di ore e minuti
per leggere
rifare la strada
e dare la propria voce
alla vita
prestarla al canto
che ciascuno è chiamato a cantare

e quanto spazio di tempo
per guardare
vedere
capire
abbreviare la parola
per regalarla

di che si narra qui dentro
di quale storia
in questa rimanenza di spazio
e di tempo
tra queste scorie precarie
di tane incerte deserte
anche noi
in mezzo a questa vita
che nullo omo vivente può
scampare

di cosa si parla
si dice di chi
di quando
di dove
se una storia c’è ancora
se non è tutto confusione
frammenti sparsi strappati dispersi
sopra un tavolo bianco
quando uno si perde
nello scuro
non c’è nessuno
soltanto cani
tutto è come perduto
finito
consumato
nel buio

nel buco
girano lupi affamati
leoni superbi e minacciosi
leopardi agili e veloci

d’improvviso
dal magma
dal niente
dal nonsisadove
nonsisacosa
che tutto sembra bruciato via
incarbonito
piante uomini e animali

vien fuori uno
uno vien su

bene trovato
nell’inferno del mondo

si prende in groppa il caos
e lo svolge in strada
via
verità
vita
che chiama che urge che ama

ce ne andremo via tristi
diremo che è troppo per noi
presuntuosamente asserragliati
nella gabbia minima
delle consuetudini

non siamo enea
non siamo paolo
siamo noi
pocaroba
pocacosa
tanto ricchi da aver paura

terribile il bene
terribile l’amore
più ancora del male
del buio
del buco

perché esiti perché ti fermi
perché temi
e tremi
se tanto amore ti ama
se tanta promessa ti promette

cedi infine alla grazia
madre amorevole della ragione

maria
che soccorri i cadenti
sostieni i pendenti
rialzi i morenti
quando
non hanno più vino
non hanno più fiato
non hanno più vita
tu porti il padrone della vigna
mandi il signore della vite
e della vita
l’ospite che abita l’adesso

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