Te Deum laudamus per il Padre che ora gode del Tuo volto

Di Pippo Corigliano
29 Dicembre 2016
Monsignor Echevarría era così in comunione con san Escrivá e con il beato Del Portillo che la Madonna di Guadalupe ha voluto chiamarlo a sé proprio nel giorno della sua festa

Questo articolo è tratto dal numero di Tempi in edicola a partire dal 29 dicembre (vai alla pagina degli abbonamenti) e secondo tradizione è dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso. Nel “Te Deum” 2016 Tempi ospita i contributi di Benedict Nivakoff, Alex Schwazer, Rone al-Sabty, Ilda Casati, Luigi Amicone, Siobhan Nash-Marshall, Tiziana Peritore, Therese Kang Mi-jin, Anba Macarius, Roberto Perrone, Pier Giacomo Ghirardini, Farhad Bitani, Maurizio Bezzi, Renato Farina, Pippo Corigliano, padre Aldo Trento, Mauro Grimoldi. Il prossimo numero di Tempi sarà in edicola da giovedì 12 gennaio 2017.

Quanti motivi di ringraziamento per quest’anno! Il primo è per il dono del Giubileo. Papa Francesco ci ha avviato verso una maggiore sensibilità per i bisogni altrui e ci ha segnato la strada per una maggiore attenzione per ciascuna persona che incontriamo, come Gesù.
Ci sono stati due distacchi dalla vita terrena che hanno segnato con dolore l’ultimo periodo dell’anno. Ettore Bernabei e monsignor Javier Echevarría sono andati a godere del volto di Dio così cercato su questa terra. Di Bernabei ho già scritto su Tempi, ora vorrei esprimere il mio Te Deum per il dono della vita di don Javier, che chiamavamo Padre dal 1994.

Un’occhiata alla sua biografia ci dice molte cose. Nato nel ’32, aderisce giovanissimo all’Opus Dei e diventa segretario di san Josemaría Escrivá dal 1953 fino alla sua morte nel 1975. Anni passati fin da giovane accanto a un santo, anzi a due santi perché l’altro “custode” del fondatore dell’Opus Dei era il beato Álvaro del Portillo. Dal 1975 in poi continua la sua vicinanza con don Álvaro fino al 1994 (quando don Álvaro muore), assumendo il titolo di vicario generale della Prelatura dell’Opus Dei. Dal 1994 viene confermato da Giovanni Paolo II come prelato dell’Opera. La stretta unità con il fondatore e il suo successore gli ha consentito di mantenere intatto, senza scosse, lo spirito fondazionale, fatto di fede, di amore alla Chiesa e al papa e di spirito di famiglia che ha caratterizzato la guida dell’Opus Dei fin dai primi anni.

Con il transito al Cielo di don Javier si conclude così un periodo storico per l’Opera che lascia in eredità il desiderio di conservarne e attualizzarne lo spirito. Gli stessi tratti del carattere di don Javier testimoniano la continuità con i tratti fondazionali, anche nei piccoli particolari. Per esempio il costante buon umore. Nell’ultima lettera che ci ha scritto il primo dicembre di quest’anno il Padre riportava un brano tratto da un appunto di san Josemaría: «Conosco un asinello – parlava di se stesso – così mal ridotto che, se fosse stato a Betlemme accanto al bue, invece di adorare devotamente il Creatore, si sarebbe mangiato la paglia del presepe». Un senso dell’umorismo che don Javier ha conservato fino alla fine scherzando con coloro che lo accudivano.
Un altro tratto comune è la devozione alla Madonna di Guadalupe. Quando san Josemaría Escrivá nel 1970 si recò in pellegrinaggio in Messico pregò a lungo davanti all’immagine della Guadalupana. Più tardi, davanti a un quadro che rappresentava la Vergine che porgeva un fiore all’indio Juan Diego, disse: «Mi piacerebbe morire così, con la Madonna che ti porge un fiore». San Josemaría morì improvvisamente davanti ad un quadro della Virgen de Guadalupe e la sua ultima frase fu rivolta a don Javier: «Javi, no me encuentro bien…».

Una fotografia carica di significato
È significativo che la Madonna abbia chiamato a sé don Javier il 12 dicembre, giorno della sua festa. Quasi a sigillo di questo ricordo, esiste una foto (pubblicata in questa pagina, ndr) che ritrae don Javier accanto a don Álvaro con una riproduzione della Guadalupana nello sfondo. Ero presente quando Edoardo Fornaciari scattò questa foto. Fu don Álvaro che volle don Javier accanto. Erano le necessarie fotografie ufficiali che si dovevano realizzare per uso interno ed esterno. Il sorriso dolce di don Álvaro esprime bene il clima che si viveva.

Un’altra caratteristica di don Javier era la memoria prodigiosa: un dono naturale alimentato dall’affetto reale verso le persone. Si ricordava di particolari dimenticati dallo stesso interessato. Nell’estate del ’72 mi toccò in sorte di pranzare col fondatore, don Álvaro e don Javier a Civenna. Abitavo a Milano da meno di due anni e san Josemaría mi chiese come mi trovassi in quella città. Sapevo che il Padre amava scherzare sui vari luoghi di provenienza e, siccome avevo apprezzato i dintorni di Milano dove i milanesi scappavano nel week-end (dalle montagne alla Brianza), dissi: «Padre, il vantaggio di Milano è che appena ti sposti vai in un luogo migliore». Il Padre sorrise e la cosa finì lì. Dopo quasi 40 anni portai da don Javier un giornalista del Corriere della Sera e si parlò di Milano. A un certo punto don Javier disse, lasciandomi sbalordito: «Come dice l’ingegner Corigliano, il vantaggio di Milano è che appena ti sposti vai in un luogo migliore».

Chiarisco che tutti e tre i personaggi descritti hanno avuto sempre una grande considerazione per Milano e la sua Madonnina. Era tale l’affetto che il Padre riversava sulle persone che, quando uscimmo, il giornalista mi disse: «Oggi ho capito in poco tempo tanti aspetti dello spirito dell’Opera più di quanto avessi inteso da quando ci conosciamo…».

Concludo ricordando l’impegno quasi sportivo e grintoso con cui don Javier si dedicava a tutto ciò che riguardasse Dio. Una volta un prestigioso personaggio considerò che durante la recita del Rosario è facile distrarsi, don Javier simpaticamente e con slancio disse: «No, se si vuole, si può stare attenti…».

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