Su Tatarella e Altitonante aveva ragione Amicone

Di Emanuele Boffi
04 Ottobre 2023
I due esponenti di Forza Italia, coinvolti nell’inchiesta “Mensa dei poveri”, sono stati assolti. In pochi nel 2019 ebbero il coraggio di difenderli
Pietro Tatarella e Fabio Altitonante (Ansa)
Pietro Tatarella e Fabio Altitonante (Ansa)

Come al solito occorre andare oltre i titoli per scovare la notizia che non si vuole evidenziare. Così in apertura di pagina ci finisce la condanna in primo grado a 4 anni e 2 mesi dell’eurodeputata forzista Lara Comi, mentre nascosta nel corpo del testo dell’articolo ecco “l’altra notizia”: 51 assoluzioni.

Stiamo parlando dell’inchiesta “Mensa dei poveri” per cui nel maggio del 2019 ci fu un terremoto giudiziario che decapitò Forza Italia di figure note in città come il consigliere comunale Pietro Tatarella e il consigliere regionale Fabio Altitonante. Allora si parlò di tangenti, di politici “facilitatori”, di imprenditori corruttori e “piani criminosi”. Sui quotidiani uscirono titoli assertivi tipo questo: “Tangenti in Lombardia, pm: «Tatarella a libro paga con 5 mila euro al mese». Per Altitonante mazzetta da 20 mila euro”.

«Il fatto non sussiste»

Il consueto can can che si può immaginare. Carte della procura riportate sui giornali, intercettazioni a riprova che le tesi d’accusa non erano campate in aria, elenchi di nomi a dimostrare ragnatele di rapporti oscuri e paramafiosi e poi quel nome, “Mensa dei poveri”, che sembrava pensato apposta per fare un bel titolo di giornale trasudante fiele qualunquista. E per il resto? Quarantatré arresti a dar l’idea che “giustizia fosse stata fatta”, accuse pesanti che andavano dall’associazione a delinquere alla corruzione, dalla turbata libertà degli incanti al riciclaggio e all’immancabile abuso d’ufficio.

Tatarella finì in carcere per quattro mesi con 46 giorni di isolamento manco fosse Totò Riina e subì pure l’umiliazione di essere spostato come un pacco postale senza nemmeno un avviso ai familiari. Altitonante se la cavò, per così dire, coi domiciliari. Foto sui giornali, sdegno generalizzato, la città dipinta come un covo di criminali, carriere politiche distrutte.

Risultato dell’altro giorno: Tatarella e Altitonante assolti «perché il fatto non sussiste». Su 62 imputati, ne sono stati condannati 11.

Don Chisciotte delle cause perse

Non staremo a farvi la solita predica sul circo mediatico giudiziario, sull’indegno comportamento del Comune di Milano che non aspettò nemmeno cinque minuti e si costituì parte civile o sulle solite pilatesche dichiarazioni sulla “fiducia nel lavoro della magistratura” dietro cui si nascondono anime di pusillanimi.

Però qualcosa dobbiamo ricordarlo, almeno per rendere onore a quei consiglieri comunali che ebbero il coraggio di un giudizio controcorrente, come l’ex assessore arancione Franco D’Alfonso (che ha ha scritto un bel post sulla vicenda), Matteo Forte (unico a protestare per l’intervento in Comune del pm che diede avvio alle indagini, Alessandra Dolci) e il nostro Luigi Amicone.

Proprio il nostro caro Gigi aveva difeso Tatarella senza calcoli di sorta, lancia in resta come sempre. E anche per questo si era guadagnato un ritratto sfottò sul Corriere della Sera in cui veniva dipinto come un balordo don Chisciotte con lo scolapasta in testa, scemo del villaggio e scemo di guerra che s’impelagava in battaglie perse, come – appunto – l’endorsement per la corsa di Tatarella alle Europee. Di lì a poco Tatarella fu arrestato. L’altro giorno è stato assolto.

Ecco, visto che gli altri non lo faranno, ci pensiamo noi a farci il titolo: aveva ragione Gigi.

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