
Taglio parlamentari. Più ideologico che utile

«Salvo sorprese, meno di 48 ore separano i 5 Stelle da una delle loro ultime, ma non meno rilevanti, battaglie anticasta», scrive oggi Il Fatto quotidiano con una certa euforia. Il virgolettato è importante perché rivela ciò che tutti sanno e cioè che l’intenzione di diminuire i parlamentari è per i grillini più una questione ideologica che di miglioramento delle procedure democratiche.
Tutti d’accordo
La riforma prevede infatti che si passi da 630 deputati e 315 senatori a, rispettivamente, 400 e 200 (600 parlamentari in tutto rispetto ai 945 attuali). Partito a febbraio, il testo della riforma è già stato votato due volte in Senato e una alla Camera: manca, appunto, l’ultimo voto e, a meno di sorprese, dovrebbe essere positivo. Anche perché sia i partiti di centrodestra – in maniera più tenue Fi – daranno il loro assenso, sia il Pd che si rimangerà la parola, avendo finora votato “no”, in nome della nuova alleanza di governo.
Cosa prevede la riforma
Il taglio, come spiega ancora Il Fatto, «aumenterà notevolmente il numero degli abitanti per deputato, che passerà da 96 mila a 151 mila. Il numero di abitanti per ciascun senatore crescerà da 188.424 a 302.420. Uno dei rapporti più alti in Europa». Da notare anche che occorrerà mettere mano alla legge elettorale per evitare di avere collegi enormi (fino a un milione di persone in Abruzzo) e tutto ciò spingerà verso un sistema proporzionale. Da ultimo, secondo i calcoli dei grillini, avremo un risparmio di 100 milioni di euro all’anno, mezzo miliardo a legislatura.
Anticasta o pro casta?
Tutto bene, dunque? Forse è il caso di fare qualche osservazione. Posto che un taglio del numero dei parlamentari è auspicabile (mille sono troppi), non bisogna farsi sfuggire gli effetti collaterali di una simile riforma. Il primo e più evidente è che l’ampliamento delle dimensioni dei collegi aumenterà inevitabilmente la distanza tra eletti e elettori. I primi saranno costretti a campagne elettorali economicamente più dispendiose. Se una campagna costa di più, significa che chi la intraprende o è molto ricco o è sostenuto da qualcuno molto ricco. In altri termini: i grillini che combattono la “casta” stanno consegnandoci (o, almeno, corrono il rischio di consegnarci) a altri tipi di “caste”. Certamente a delle élite – qualunque esse siano.
Eletti migliori? E chi lo dice?
Seconda osservazione. Intervistato oggi dal Fatto (“Addio Razzi & C. Ora solo candidati seri”), l’ex giudice della Corte costituzionale Guido Neppi Modona dice una cosa giusta e una molto discutibile. La cosa giusta è che l’argomento del risparmio economico è «demagogica. Rappresenta una quota infinitesimale del bilancio pubblico». La cosa discutibile è che, secondo Neppi Modona, i partiti saranno costretti a scegliere «persone con una credibilità o una preparazione a prescindere dal fatto che siano state piazzate dalle segreterie dei partiti o da supposte piattaforme online». Questo è un pio auspicio. Vale la pena fare una riforma a partire da un desiderata?
E se cade il governo?
Più razionale appaiono le argomentazioni messe oggi in campo dal costituzionalista Massimo Luciani, che oggi al Corriere spiega che «con le Camere ridotte il rapporto tra popolazione ed eletti sarebbe più basso rispetto alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Germania. Con il voto ai sedicenni di cui sorprendentemente si parla, poi, si ridurrebbe ancora». E poi, ragiona Luciani senza dirlo ma avendo certamente in mente le tensioni all’interno del governo giallorosso, «se per caso il governo dovesse cadere, esiste il rischio concreto di rimanere appesi a una riforma che, per ammissione dei suoi stessi sostenitori, sarebbe malfunzionante senza i correttivi. Per evitare sorprese, il “pacchetto” di riforme andrebbe varato in un’unica soluzione».
Democrazia digitale
Da ultimo, non si può non vedere nel taglio dei parlamentari, uno degli esempi più chiari dell’ideologia grillina, come nota oggi, ancora sul Corriere Angelo Panebianco (“A chi giova davvero la riduzione dei parlamentari”):
«Il loro progetto (certo non da realizzare immediatamente) è la democrazia diretta in versione digitale, è il depotenziamento massimo della democrazia rappresentativa / parlamentare. La riforma messa in cantiere (la riduzione dei parlamentari) nonché i penosi argomenti che la accompagnano (sui risparmi che deriveranno dal “taglio delle poltrone”) sono coerenti con una visione del mondo per la quale i Parlamenti, e quello italiano in particolare, sono potenziali luoghi di malaffare».
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!