
Superlaici cioè cristiani
Era l’incontro più atteso, certamente quello che più ha sollecitato le corde e il pathos del popolo di Rimini. Giuliano Ferrara e don Stefano Alberto (don Pino per gli amici di Cl) coordinati da Luigi Amicone, hanno dato vita a “Superlaici”. Una sorta di bagno di folla per il direttore del Foglio, come un atto di affettuoso ringraziamento per la battaglia culturale ingaggiata e vinta contro la modernità dell’idolo scientista. «Compagni di strada verso il destino» ha incalzato in apertura Luigi Amicone, ricordando il collante umano che ha caratterizzato questo strano sodalizio tra un ateo e il mondo cristiano. Una comunanza ispirata dall’ossessione per la ragione, dalla pretesa di non vivere inutilmente. Solo uno sguardo strumentale può avere confuso l’evento come l’atto di conversione di Giuliano Ferrara. Senza mai richiamare l’applauso emozionale, l’Elefantino ha rivendicato il suo pensiero laico senza per questo dover sconfessare la realtà della ragione che deve concederci il permesso di riconoscere che la Chiesa è «una grande Istituzione della storia umana, parte del modo di essere degli uomini». Ferrara, senza alcuna propensione pedagogica, è stato in grado di spiegare come oggi «incontrarsi affettuosamente con i cristiani è un po’ come ricostruirsi come uomini laici». Proprio la ragione e l’amore per la realtà lo hanno messo così nella condizione di affermare l’esigenza di «riconoscere diritti amministrativi alle coppie omosessuali» e di «regolamentare l’aborto», ma di non potersi esimere dal dovere razionalmente contestare la sufficienza con la quale questi “diritti” vengono eretti a bandierine ideologiche. Come non accorgersi allora che «la completa equiparaciòn del matrimonio omosessuale e del matrimonio tradizionale, non centrano niente con l’omosessualità». Senza mai citare Zapatero, l’affondo per tutti coloro che hanno subìto il fascino della via spagnola è stato chiaro e netto, «con l’equiparazione non hai dato un contributo al progresso della civiltà. Non hai fatto un gesto laico». E come non rendersi conto, in ugual maniera, ha tuonato Ferrara che «l’aborto è uno scandalo moderno, ed un conto è regolarlo dalla clandestinità, un altro negare l’esistenza del dramma». Chi fa quest’operazione «trasforma l’aborto in una variante della normalità moderna». Ma il tributo non è stato a senso unico, Ferrara rivolgendosi alla platea ha voluto testimoniare l’intensità dell’incontro, ricordando che quella sulla legge 40 è stata una delle più belle battaglie della sua vita. «Io sono felice tutte le volte che v’incontro», ha sottolineato Ferrara tra gli applausi, «perché ogni volta c’è ancora la possibilità di stupirsi vicendevolmente».
MEGLIO LIBERAZIONE DEL MESSAGGERO
Stefano Alberto, certamente non un superlaico, sulla scia delle parole del direttore del Foglio ha voluto sottolineare quanto questo stupore sia «la capacità di poter imparare e sorprendere nell’altro il dramma della propria umanità». Don Pino ha posto l’accento su quanto voglia dire oggi essere laici: «Riaffermare un ideale grande, per cui vale la pena vivere, e se occorre anche morire». Ancora una volta, soltanto un ascoltatore disattento avrebbe potuto bollare come “clericale” in senso demagogico l’intervento di quest’uomo di fede. Don Giussani ricordato a più riprese è stato citato quando il teologo ha affrontato il nodo del potere. «La pretesa del potere è di far derivare l’unità tra gli uomini dall’identità delle esigenze, ma l’unità desiderabile deve essere fatta sulle domande che esprimono le esigenze o non piuttosto sulle risposte a queste domande?». L’incontro si è concluso tra gli applausi del pubblico che ha voluto così testimoniare la volontà di «fare compagnia» con uomini che amano la ragione e che in comune hanno un «sogno matto»: il desiderio di libertà.
Tutti i quotidiani nazionali hanno fotografato il dibattito di Rimini. I commentatori hanno calcato la mano ora sulla prima di Giuliano al Meeting, ora sull’entusiasmo manifestato dal popolo ciellino. Tra i tanti resoconti, non possiamo esimerci dal sottolineare il bel servizio dell’inviato di Liberazione Fulvio Fania. Una fotografia realistica, genuina, lontana dall’interpretazione ideologica e partigiana di molti colleghi politicamente ben più “moderati” come il resoconto del Messaggero. Che la provvidenza rossa conservi questa luminosa passione per la ragione.
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